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L'arte era capace di unire anime, in quel un sua forma, era l'incarnazione delle intense emozioni che ogni uomo poteva provare.
Simona Shihoin sedeva sulla veranda, con occhi stanchi e saggi osservava il panorama di fronte a sé: il sole, distante ma meraviglioso, colorava di giallo e arancio il cielo, tramandando e dando spazio alla luna e le stelle, che con la loro luce delicata illuminavano l'oscurità della notte.

Con le mani tremolanti per l'età si portò una tazza di tè e ne bevve un sorso.
«Ah! Che conta questo tè verde. Tuo nonno è davvero bravo a prepararlo. Il migliore.» disse, mentre spostava lo sguardo verso la nipotina seduta ai suoi piedi.
La bambina, la piccola Laila, annuì timidamente. «Si, nonna.» concordò, sistemandosi una ciocca di capelli ricci dietro le orecchie.

La piccola era un miscuglio perfetto dei suoi genitori: Sakura Shihoin Kuchiki e Ares Dikaiosyni Hisagi. Il suo visino possedeva i tratti caratteristici del padre, i capelli ricci e la pelle bruna erano stati invece ereditati dalla madre.
Era una bimba timida e romantica, che amava raccogliere i fiori e farne ghirlande, amava indossare i vestitini cuciti da nonna Euridice e mangiare i biscotti preparati da nonna Simona.

Era una bimba amata, e gli occhi di Laila erano i più belli che qualcuno avesse mai avuto il piacere di vedere. Uno era grigio, con piccole chiazze verdi vicino la pupilla, l'altro invece era di un vivace color miele, che la rendeva irresistibile agli occhi del padre.

La porta di casa si aprì, rivelando la figura alta e magra di Byakuya Kuchiki.
I suoi capelli, un tempo neri come la notte, erano diventati grigi e la sua pelle presentava i segni del tempo, del passare dei giorni. L'anziano si mosse verso la sedia a dondolo, accanto alla moglie, e colpendosi leggermente la coscia, invito la nipotina ad accomodarsi  sulle sue gambe.
«Mia piccola regina, vieni qui.» le disse con un sorriso affettuoso e pieno d'amore.
Laila si alzò in piedi, inciampando sui suoi passi per la fretta. «Fa attenzione, tesoro.» le disse la nonna.

La bambina annuì, ridendo imbarazzata e si sedette comodamente sulle gambe del suo amato nonno.
«Mi racconti una storia, nonni?» domandò con tono dolce. «Di come ti sei innamorato della nonna.»
Byakuya rise, accarezzandole i capelli. «La storia di come mi sono innamorato della nonna? Tutto per te, mia Regina.» le rispose, baciandole sulla fronte.

Simona sorrise, osservando il marito e la nipote amarsi così tanto e in modo così puro e tenero. Le sue orecchie ascoltavo attente ogni parola della sua anima gemella, mentre i suoi occhi osservavano con nostalgia le prime stelle che spuntavano timide, la sua mente tornò indietro di anni.

6 settembre 2000, Karakura.
Byakuya camminava per le strade di una città ormai deserte, i suoi abitanti erano fuggiti dalla sua frenesia per godersi l'estate e, da un momento all'altro, sarebbero ritornati nelle loro dimore e nelle loro vite, grigie e noiosa. Prive di qualunque colore.

Byakuya Kuchiki, un ragazzo sulla ventina, misterioso e affascinante, era un giovane artista emergente; amante della pittura ad olio, sin dalla più tenera infanzia, aveva cercato più volte di farsi notare da piccoli e grandi musei ricevendo sempre un rifiuto.

Il suo cognome, così importante nella politica giapponese, non aveva alcun valore nei saloni intellettuali di quei artisti di arti visive. Solo il talento era rilevante.

Aumentando il passo, entrò in un piccolo museo e con gli occhi pieni di interesse ed emozione, osservò attentamente ogniuno di quei dipinti e di quelle sculture. Poteva vedere le emozioni dei loro creatori, poteva percepire le loro lotte interne e i loro desideri più intimi.

«Sono proprio belli, vero?» La voce dietro di lui lo fece sobbalzare, spaventato. Non si aspettava di incontrare nessuno, non in quel piccolo posto dimenticato dal mondo intero, in una generazione che non sembrava più amare l'arte.
«Si, è meraviglioso. Come l'arte tutta, in realtà.» rispose, cercando di controllare il battito irregolare del suo cuore.
La ragazza dalla pelle bruna e neri ricci ribelli, sorrise dolcemente. «L'arte ha sempre questo effetto su di lei?» domandò, evidentemente maliziosa, con l'intento di prendersi gioco di lui e della sua timidezza.
Byakuya arrossì e distogliendo lo sguardo, si schiarì la gola. «Non sono molto bravo a parlare con le persone.»
L'altra annuì, comprensiva. «Mi chiamo Simona Shihoin, piacere ti conoscerti.» si presentò, porgendogli la mano.
Lui la fissò per un breve momento, poi, facendosi coraggio, la strinse. «Byakuya Kuchiki.»

In passato si diceva che l'arte aveva il potere di unire anime. Ed era vero. Quel pomeriggio Simona e Byakuya passarono la giornata insieme, parlando, ridendo e litigando su quale opera di Repin fosse la migliore.
«"Sadko nel Regno Subacqueo" è il suo migliore dipinto! Il modo in cui usa i colori, con quel azzurro che ti dà una sensazione di leggerezza, e il mondo in cui il mondo subacqueo rappresenta l'inconscio! Si può avere di meglio?» disse eccitato Byakuya, gesticolando.
Simona rise, scuotendo la testa. «Sarà, ma secondo me, "Ivan il terribile e suo figlio Ivan" è il suo dipinto migliore. Lì, le emozioni sono rappresentate in una maniera tale, da farti venire i brividi su tutto il copro. Il panico, il dolore e il senso di colpa negli occhi di Ivan il terribile... Mi emozionano ogni volta.»

Lui la guardò, e avvcinadosi a lei, colpendole dolcemente il naso le disse. «Noi due non andremo d'accordo, signorina.»
«Tu dici? A me sembra di conoscerti da una vita.»
Byakuya si irrigidì leggermente, trovando una certa verità in quelle parole. Conosceva Simona da appena qualche ora, ma gli sembra di conoscerla da tutta la vita. Non sapeva nulla di lei, eppure aveva la sensazione di sapere tutto. La timidezza di lei, la sua passione per l'arte e la sua sensibilità...
«Si... Forse hai ragione.»

Passarono giorni, mesi e infine anni dal loro primo incontro. E i due erano diventati inseparabili, si amavano come amici e come amanti. Ma nulla era stato dichiarato, ne a loro stessi, ne al mondo.
Vievano fingendo di essere solo amici, semplici amici che amavano abbracciarsi e condividere dolci baci sulle guance. Ma gli amici non erano così tanto intimi.

Byakuya Kuchiki non aveva idea di come si fosse... Innamorato? Di lei, forse era stato amore a prima vista. Però era perfettamente consapevole di quando se ne rese conto.
«Simona,» disse lui, attirando la sua attenzione, «ho una notizia incredibile da darti. Le mie opere saranno finalmente esposta in un museo. È un museo piccolo, ma qualcuno le guarderà sicuramente.»
Lei sorrise dolcemente, abbracciandolo. «Sono così felice per te, te lo meriti.» la guancia premuta contro il suo petto.

Non lo sapeva, lo scoprì solo più tardi, ma quel piccolo museo in fondo alla strada in centro città, apparteneva alla stessa Simona, che negli ultimi tre anni aveva risparmiato per poter acquistare un piccolo locale dove poter esporre le opere del suo più caro amico.

Fu quando lo scoprì che si rese conto di amarla con tutti se stesso; certo, la delusione per non essere riconosciuto da un museo che non lo conosceva, c'era, ma l'atto di Simona era così puro da fargli dimenticare ogni amarezza.

E in quella calda notte di marzo, Byakuya la bacia per la prima volta, dichiarandole il suo amore eterno attraverso il corpo e l'anima, attraverso l'arte che li aveva uniti.
Le aveva dedicato il dipinto più bello che avesse mai prodotto: il suo ritratto, il suo bel viso con i suoi magnifici occhi color miele.

Quei stessi occhi che adesso si riaprivano, riportandola al presente, dove la sua amata Laila e il suo amato Byakuya giacevano addormentati sulla vecchia sedia a dondolo, cullati da un leggero vento che con dolcezza muoveva il loro giaciglio.

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