Capitolo 5 - Seconda casa

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Andrea stava sciacquando le palette del gelato, Matteo era appoggiato al vetro del bancone dei gelati guardando il soffitto, entrambi in silenzio, entrambi annoiati.

D'improvviso, qualcosa attirò l'attenzione di Matte, spostò lo sguardo oltre la vetrina.

Si sì, non sbagliava: dalla parte opposta della strada, quello che ormai era stato battezzato come il "Baby Stalker", li stava fissando.

Matteo scoppiò a ridere. - Ehi, Piergy, là fuori c'è il tuo ragazzo stalker che si vergogna ad entrare.-

Andrea sbuffò, continuando il suo lavoro senza dire nulla.
-Dài, dài, mandagli un bacino!- Matteo si era girato e stava con i gomiti sulla vetrina, sorreggendosi il volto con le mani; stava facendo espressioni molto sciocche che l'amico si sforzava di ignorare.

-Mandaglielo tu, non è il mio ragazzo. - rispose secco Andre. - Anzi, staccati dalla vetrina, che me la insozzi tutta.-

Matteo stava per rispondere per le rime, quando trillò la campanella della porta di ingresso: Lori era entrato.
Aveva sulle spalle lo zainetto di scuola e sul viso un sorriso dolcissimo.

-Ciaaao!- piegò la testa di lato.

I due ragazzi lo fissarono senza dire nulla.

-Che c'è?- Lorenzo spalancò gli occhi, interrogativo. Nessuno si mosse. -Avevo voglia di vederti, mi mancavi davvero tanto!- Un sorriso illuminò il suo volto, Andre sbuffò, portandosi una mano alla fronte.
Matteo stava mordendosi il labbro per non scoppiare a ridere.

-Ok, è giunto il momento di lasciarvi soli. Ciao Piergy, ciao Baby Stalker! - e uscì in tutta fretta.
- Ciao Matte!- Lorenzo lo salutò, allegro, Andrea non disse nulla.

-Che ci fai qui?- Il ragazzo più grande era imbarazzato e preoccupato.

- Secondo te, cosa si viene a fare in una gelateria?- rispose il ragazzo più giovane, con tono beffardo. Andrea si sentì preso in contropiede e non sapeva come rispondere.

Lori alzò gli occhi al cielo e scosse il capo. - Non vedi che ho lo zaino di scuola? Sono qui per fare i compiti. E anzi, lo vedi quel tavolino laggiù? - indicò un tavolo in fondo al negozio, vicino alla porta del bagno. - Da oggi quella è casa mia.-

Andre spalancò gli occhi. - Cosa?!-

Lori invece li socchiuse, minaccioso. -Hai capito benissimo.- detto ciò, si sistemò al tavolo e pian piano levava dallo zaino libri e quaderni.

-Ehm, guarda che i tavoli sono riservati ai clienti.- Andrea si trovava in difficoltà, non sapeva davvero come comportarsi.

-Allora portami un gelato! - urlò Lorenzo dalla sua postazione. - Mi raccomando, senza zucchero, senza latte, senza uova, senza carboidrati e senza glutine!.-

Andrea strinse fortissimo i denti e pugni, impedendo a se stesso di urlargli addosso un sonoro "vaffanculo", dal momento che sua zia era in laboratorio e poteva ascoltare ogni cosa. Dopo tutto, era sempre un cliente.

Fece un lungo sospiro, il suo viso si distese. Uscì da dietro al bancone e, con molta calma , prese da un piccolo frigo una bottiglietta. Lentamente e in silenzio, si diresse verso il ragazzino, il quale era concentrato su un libro di matematica, per poi sbattergli l'acqua con eccessiva forza sul tavolino.
Lorenzo trasalì, guardò Andrea, poi la bottiglietta e nuovamente Andrea.

-Io avrei chiesto un gelato, comunque.- puntualizzò, asciutto.
Il volto di Andrea avvampò di rabbia.
-Cosa sta succedendo?- la signora Marisa era uscita dal laboratorio e si stava asciugando le mani, camminando nella loro direzione. Guardò prima il nipote, poi spostò l'attenzione sul ragazzino e non potè trattenere un sorriso compassionevole: tra i due ragazzi, c'era una sostanziosa differenza e non si trattava semplicemente di una questione anagrafica.

-Questo bambino si prende gioco di me...- borbottò Andrea, guardandosi le scarpe imbronciato.

Lorenzo guardò la titolare della gelateria con gli occhioni da cucciolo abbandonato. -Ho solo chiesto un gelato...- mormorò, triste. Abbassò lo sguardo e sospirò.

A quel punto, Andre non seppe più trattenersi. - No, non sta chiedendo solo un gelato. Vuole una cosa senza questo, senza quello... Mi sta prendendo in giro, ecco!-

Incrociò le braccia e si chiuse tra le spalle.

Due uomini adulti che si stavano comportando come dei marmocchi. Marisa rise. -Fossero tutti così i problemi! Non ti preoccupare, ci penso io a te. - sorrise al giovane cliente come farebbe una madre.- Per oggi dovrò improvvisare, ma se torni domani posso farti trovare dei ghiaccioli. Proverò anche a combinare qualcosa con il latte di mandorla, se ti offrirai come assaggiatore!-
Lorenzo era entusiasta. - Certo, signora, tornerò sicuramente!-

Andrea produsse un brontolio sordo e gutturale.
-Allora, adesso manderò mio nipote a prendere lo sciroppo...-

-Senza zucchero, eh!-

-Certo, lo manderò a prendere lo sciroppo senza zucchero al negozio qui all'angolo... Che gusto?- domandò la donna, accogliente.

Lori fissò Andrea negli occhi e con tono beffardo rispose: -Chinotto.-

Andre si girò imbarazzato, Marisa sorrise. - Benissimo Andrea, hai sentito, eh? Vai, su.-

-Hai sentito, eh? Dài, su, vai, vai! - ripeté il ragazzino in tono canzonatorio.

-Si, si, vado, vado...- borbottò, visibilmente seccato.

Non se ne esce.

La donna e il ragazzo rimasero a fissare il giovane mentre usciva dal negozio, senza nemmeno togliersi il grembiule e prendere la giacca. Le spalle basse, aveva la stessa aria allegra di chi si stava recando al patibolo.

Tornò, dopo una decina di minuti, lo sguardo da assassino e le labbra ben serrate, fosse mai che gli fuggisse qualcosa di irripetibile.

Lorenzo lo accolse con un sorriso e lo abbracciò, cingendogli la vita.

Lo strinse a se, lo ringraziò, poi si staccò da lui in fretta e furia e tornò a concentrarsi sui libri, usandoli come nascondiglio. Le sue guance si erano arrossate, respiro accelerato. Pochi secondi, ma erano bastati per fargli desiderare di sbatterlo contro il muro, slacciargli i pantaloni e... No, no, doveva concentrarsi su altro, stava rischiando seriamente la bocciatura e non voleva ripetere l'anno, non di nuovo.

Andrea, dal canto suo, era rimasto impalato come un ebete. La bottiglia in mano, gli occhi sbarrati. Aveva la testa vuota. Sua zia lo chiamò con un urlo e si svegliò dal torpore. Non ricordava l'ultima volta che qualcuno l'avesse abbracciato con tale trasporto.

Quel bambinetto era davvero un grandissimo stronzo.

Era a disagio.

Non che gli avesse fatto qualcosa di male o di strano, ma quel suo atteggiamento, quel suo passare da un secondo all'altro dall'arrogante strafottenza alla smielata dolcezza lo mandava in confusione.

Emise nuovamente il suo disperato suono sordo e gutturale e sparì nel laboratorio.

Sarai il mio ragazzo [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora