Capitolo 1. Nadine

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Era una mattina come tante altre. Stavo preparando la colazione per la mia sorellina, Lily, di appena otto anni.
Non avevamo molto da mangiare in casa, mio padre spendeva i suoi soldi per l'alcol, quindi dovevo badare io alle spese. Avevo appena diciannove anni, nella mia città difficilmente assumevano persone giovani, perciò avevo poche possibilità di far mangiare bene Lily, mi importava più che lei stesse bene rispetto a me. Era più piccola e volevo darle il meglio che potevo.
Lei non è cresciuta come sono cresciuta io tra l'amore puro di una famiglia. Mia madre è morta quando lei aveva solo quattro anni, io al tempo ne avevo quindici e avevo avuto già una nell'infanzia, mentre la sua per colpa di mio padre che invece che affrontare la morte di sua moglie ha deciso di darsi all'alcol ed essere violento con le sue figlie.

« Sorellona », richiamò la mia attenzione Lily, appena svegliata, che si stropicciava gli occhi con la manina.
« Dimmi scimmietta », le dissi gentilmente abbassandomi alla sua altezza per accarezzarle i capelli rossi, come i miei.
« Papà è già uscito? », mi chiese con tono di voce basso, preoccupata.
« Non preoccuparti, è già andato al bar e tornerà sta sera. », la rassicurai, scomibandole i capelli con la mano.
« Ti ha fatto male prima di uscire? », mi chiese mentre cercava di vedere se avevo segni di violenza.
« No, tranquilla. Ora mettiti sulla sedia, il latte è pronto. » le ordinai.
Purtroppo a causa della situazione, potevo darle solo il latte per colazione, senza cereali o qualcos'altro che lo potesse accompagnare. Ma a lei sembrava andare bene.
« Nemmeno oggi fai colazione sorellona? » mi chiese guardandomi negli occhi con la faccina dolce.
« No, così tu potrai bere il latte per più giorni. Non preoccuparti per me, so badare a me stessa, scimmietta. » La rassicurai nuovamente, ma dandole un bacino sulla guancia quella volta.
Dopo che lei ebbe finito di bere il latte e prepararsi, la accompagnai a scuola, e come ogni giorno, lei, prima di entrare nel cortile, mi abbracciava e si lamentava di non volersi allontanare da me.
« Scimmietta, dammi una penna. » le ordinai gentilmente. Lei, confusa, aprì la cartella e mi diede il suo astuccio, dove presi la penna e le disegnai un cuoricino sulla manina.
« Quando ti mancherò, guardalo, così mi sentirai lì con te. », le dissi, rimettendo dentro la cartella l'astuccio con la penna.
« Grazie sorellona, sei la migliore. », mi disse dandomi un bacino sulla guancia, per poi andare dai suoi compagni di classe.

Nel mentre che lei era a scuola, io ero andata a lavorare, avevo il turno dalle 08:00 di mattina alle 14:00 di pomeriggio in un negozio di prodotti di bellezza.
Quel giorno, il mio datore di lavoro, una donna sulla trentina molto simpatica, mi fece un regalo.
« Nady, tu non ti trucchi mai? », mi chiese mentre sistemavo dei prodotti su uno scaffale.
« Non posso permettermi un lusso del genere. », le risposi sorridendo.
« Ti regalo questo eyeliner, lo avevo comprato per mia figlia ma non lo voleva, perciò ho pensato di portartelo. », mi disse, lasciandomelo dentro la borsa prima che io potessi obbiettare. Mi conosceva, sapeva che le avrei detto che non potevo accettare, ma ne rimasi felice del gesto.

Nel pomeriggio, quando ero tornata a casa con Lily, le cucinai il pranzo, pasta con burro.
« Non mangi nemmeno a pranzo? », mi chiese preoccupata.
« Ho mangiato al lavoro. », le mentii.
Non potevo mangiare con lei, avrei voluto, avevo molta fame, ma volevo che lei avesse cibo per più giorni, potevo resistere.

Mentre lei finiva di mangiare, io ero andata davanti allo specchio per provare a mettermi l'eyeliner. Me lo aveva messo una volta mia madre, quando avevo ancora quattordici anni, quindi sapevo come usarlo. Devo ammettere che, non era male come prima volta che me lo mettevo da sola.
« Wow, sei bellissima sorellona. », si complimentò con me urlando per la gioia.
« Grazie scimmietta. Ora però, metti nel lavandino le cose, che poi le lavo, e vai a prendere i compiti che devi fare per domani. », le ordinai con autorità.

Dopo aver finito, di averle fatto fare i compiti, mi chiese se poteva prendere un foglio per colorare. Non potevo negarglielo, era giusto che vivesse come le altre bambine e disegnasse e colorasse i fogli finché l'infanzia non finisse.

Ma in quel momento, rientrò mio padre, contro la mia previsione. Era ubriaco come al solito, e sembrava in vena di farci del male.

« LILY! DOVE SEI?! », urlò dal salotto.

« Sorellona, ho paura. », disse lei impaurita.
« Non preoccuparti, andrà bene, ci sono io. », cercai di rassicurarla.

« Lasciala in pace! », dissi per proteggerla. E quando mi ero avvicinai per calmarlo, lui mi colpí in pieno volto con un pugno.
« Levati dalle palle disgraziata! », disse dopo avermi spinta per terra.
Stava andando verso Lily.

« TU! SEI UNA STRONZA! PER COLPA TUA LEI È MORTA! », le urlò.

Anni prima, mentre nostra madre era andata a portare Lily al parco, si distrasse un'attimo, e la piccola andò in strada. Riuscì ad evitare che sua figlia morisse, ma morì lei, investita da una macchina che andava ad alta velocità.
È per quel motivo che, da allora, lui colpevolezza la sua stessa bambina, di aver ucciso sua moglie.

Lui si avvicinò sempre di più a Lily, ma essendo in cucina, c'era il coltello che avevo usato per tagliere il burro poco prima sul davanzale della cucina.

« IO TI UCCIDO! », la minacciò.
Non era la prima volta che la minacciava di ucciderla. Era già la terza volta, la prima ha cercato di affogarla nella vasca, l'ho salvata per pochissimo spingendo via mio padre conntutta la forza che avevo. La seconda volta, aveva una pistola, ha sparato, ma io mi ero messa in mezzo e ha colpito in una coscia. Non potevo permettere ricapitasse.
Era il momento di reagire per me, non potevo vederla soffrire un'altra volta o addirittura morire.

« LILY! SCAPPA! », le ordinai urlando disperata.

Se ne andò appena in tempo che io potessi fermarlo.

Presi la forchetta che mia sorella aveva appena usato per mangiare, e gliela conficcai nel collo da dietro.
Non bastò a fermarlo, ma basto abbastanza da farmi prendere il coltello che aveva in mano e conficcarglielo della schiena più volte.

Solo una volta che lui fu deceduto, capii quello che avevo fatto. Era successo tutto così in fretta che non capivo se fosse reale.
Ma non me ne pentivo affatto, era uno stronzo e stava per ucciderla, era difesa.
Non ero un mostro. Lui lo era. Io l'avevo fermato.


...

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Questo link è per la cartella di pintarest della storia, in caso volete vedere i personaggi:)

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