5. Un compromesso perfetto

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Simone stava fissando quel biglietto trovato dentro al suo portafoglio da circa un'ora

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Simone stava fissando quel biglietto trovato dentro al suo portafoglio da circa un'ora.

Lo aveva subito accartocciato e gettato nel cestino sotto la scrivania, si era andato a farsi una doccia e aveva passato l'intera mattina occupato a fare altro per non pensare alle implicazioni di quel gesto.

Si era sdraiato sul letto, la finestra aperta faceva entrare una leggera brezza che segnava, finalmente, la fine dell'estate. Si addormentò guardando le stelle luminose attaccate sul soffitto di camera sua, presenti da quando aveva sei anni.

Amava guardare il cielo, le stelle osservavano, brillavano di luce propria e non giudicavano mai.
Forse era per questo che Simone le adorava così tanto, si sentiva cullato da quel bagliore in alto nel cielo. Non doveva indossare nessuna maschera quando era da solo con loro.

Il braccio di Jacopo che lo scuoteva leggermente lo fece svegliare di colpo, in camera si era ridotta notevolmente la luce che entrava dalla finestra.

"È tutto il pomeriggio che dormi oh! Io sto uscendo, vado a bermi qualcosa con gli altri. Vieni pure tu?", disse il fratello risvegliandolo dal tepore in cui era caduto.

"Rimango qua, non ti preoccupare. Papà e mamma sono tornati?"

"Hanno chiamato prima, tornano domani sera.

Sicuro Simò di non voler venire? Ci sono tutti quelli di scuola.", disse suo fratello svegliandolo completamente.

"Appunto Jaco, preferisco stare un po' da solo, mi prendo una pizza e mi guardo un film alla tv."

Jacopo si ritrovò ad annuire e lasciò la stanza, poco dopo Simone sentì la porta d'ingresso chiudersi, segno che era rimasto solo in casa.

Si alzò, scese dalle scale e si ritrovò seduto al tavolo della cucina con in mano il tagliandino della pizzeria d'asporto da cui ordinavano spesso.

Il suo stomaco era chiuso però.

C'erano così tanti pensieri che vorticavano nella sua mente, frasi impresse e molto vivide, come inchiostro su carta. Lo stesso inchiostro che macchiava la pelle di Manuel; Un pensiero fisso che lo stava martoriando da quando aveva posato lo sguardo su quel numero di telefono.

Si ritrovò a correre per le scale, gettandosi quasi a terra per recuperare quel misero pezzo di carta che lo aveva fatto impazzire per tutto il giorno. Se lo mise in tasca, indossò le scarpe e uscì di corsa.

Stava fissando la porta di quel garage da circa cinque minuti, con in mano due cartoni di pizza sentendosi un completo deficiente.

Cosa sto facendo, che cavolo mi è preso?

Aveva preso il motorino, percorso mezza Roma fermandosi in una pizzeria vicino a dove si trovava il garage di Manuel e aveva ordinato due pizze.

E ora si trovava lì, a fissare la porta di quel garage maledicendo le sue idee del cavolo.
Sobbalzò non appena riconobbe la sua voce alle spalle.

Crepe | Simuel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora