4. Occhi spenti

193 14 1
                                    




Decisamente quello non era Simone.

Manuel lo capì immediatamente, non appena il ragazzo davanti a lui aprì la porta di quella villa gigantesca. Non era solo per l'assenza dei lividi sul viso delicato, era lo sguardo che era completamente diverso.

Gli occhi di Simone erano spenti, c'era tanta paura in essi, nascondevano il timore di deludere le persone care; Manuel aveva avuto per diversi anni uno sguardo simile, aveva provato sulla sua pelle l'odio verso il diverso.

Cicatrici che aveva nascosto sotto l'inchiostro, ma che erano sempre presenti anche se non più visibili.
Il ragazzo davanti a lui non aveva quello sguardo, i suoi occhi erano vispi e vivaci e lo stava fissando perplesso, da ormai qualche minuto.

"Ciao, hai bisogno di qualcosa per caso?"

"Ciao, ehm... sono Manuel. Simone è in casa?", rispose torturandosi le dita e maledicendosi da solo per le sue idee del cavolo.

"Ci conosciamo per caso?", disse, senza alcun dubbio, il fratello gemello di Simone davanti a lui.

La voce di quest'ultimo proveniente dall'interno della casa interruppe il breve scambio di battute tra i due ragazzi e poco dopo Manuel se lo trovò davanti, con i capelli scompigliati, gli occhi arrossati, in pigiama e con ancora il segno del cuscino sulla faccia.
Era decisamente una bella visione, anche da appena sveglio.

Manuel vide Simone irrigidirsi non appena il suo sguardo si posò sul suo, gli occhi assonnati si aprirono in maniera istantanea e lo vide deglutire forte.

"Tolgo il disturbo, scusate", disse velocemente.

Che idea del cazzo Manuel, che idea del cazzo.

"Sono venuto qui solamente per ridare il portafoglio a Simone. L'ha dimenticato da me ieri sera."

Manuel aveva trovato il portafoglio per terra, vicino al divano dove aveva dormito Simone la notte prima. Lo aveva aperto, aveva trovato la sua carta d'identità e aveva cercato l'indirizzo di casa sua per riportarglielo.

Osservò il panico attraversare lo sguardo di Simone che era diventato improvvisamente bianco come un lenzuolo.

"Da te? Ma non eri al pub ieri sera?", s'intromise Jacopo distogliendo lo sguardo da Manuel posato, nel frattempo, sul volto di Simone intento a capire cosa passasse nella mente del ragazzo.

"Si Jacopo, io io do delle l-lezioni di matematica a..."

Deglutì violentemente Simone, uno sguardo supplichevole gli pitturò il viso mentre pronunciò il suo nome.

"A Manuel".

Silenzio, un silenzio innaturale calò sulla testa di tutti e tre i ragazzi.

"Ma Manuel, potevi dirmelo subito scusami! Ti ho fatto l'interrogatorio!", sbuffò Jacopo ridendo.

"Entra in casa, stavo facendo il caffè!"

Jacopo gli diede un'amichevole pacca sulla spalla esortandolo ad entrare, Manuel si ritrovò così ad annuire inconsapevolmente, le sue gambe si mossero da sole entrando in quella casa enorme. C'era tanta luce, quadri che raffiguravano Simone e Manuel con i loro genitori, felici e spensierati. Era una casa vissuta, l'amore lo si poteva scorgere da ogni angolo.

Una casa totalmente diversa dalla sua che aveva fatto da palcoscenico a momenti terribili, i ricordi c'erano ancora e ci sarebbero sempre stati, ma erano stati nascosti sotto centimetri di polvere. Odiava quella casa, odiava ogni singolo ricordo.

Si ritrovò seduto al tavolo della cucina, la luce filtrava dalla grande vetrata illuminando l'ambiente.

Jacopo aveva i lineamenti esposti al sole, i riccioli leggermente più lunghi rispetto a quelli del fratello, un orecchino al lobo sinistro, gli occhi incuriositi e spensierati. C'era luce, c'era bellezza.

Simone, d'altro canto, era seduto di fianco al fratello, la luce inondava solamente metà viso nascondendo i lividi e i graffi agli occhi di Manuel.
Si ritrovò ad osservare meglio il suo volto, gli occhi stanchi e arrossati, le labbra screpolate, il neo sotto l'occhio destro che Jacopo non aveva.

Le sue ferite erano nascoste dalla luce del sole, così come il suo dolore; celato in profondità negli occhi grandi che si ritrovava.

Bisognava prestare attenzione per accorgersene e Manuel era un ottimo osservatore.
C'era tanta bellezza, ma era quasi completamente offuscata dai suoi occhi spenti.

"Hai visto come l'hanno combinato quei quattro stronzi? , il silenzio venne interrotto dalla voce di Jacopo che era più squillante di quella del fratello.

"Solamente perché Simone si è messo in mezzo per difendere Laura poi."

Manuel si ridestò dai suoi pensieri non appena si accorse che Jacopo si stava riferendo proprio a lui.

Con la coda dell'occhio, vide Simone irrigidirsi, gli occhi che lo pregavano di raccontare la bugia che, evidentemente, aveva raccontato al fratello.

"Seh, Simone mi aveva accennato che doveva andare a fare serata. È venuto da me ieri pomeriggio."

Un sospiro di sollievo invase lo sterno di Simone che si rilassò per qualche minuto, sembrava in procinto di spezzarsi; una statua di marmo bianco con una piccola crepa al centro del petto.

Non sanno che è gay, ecco perché è terrorizzato.

"Manuel, ti posso parlare un secondo?", disse con fermezza Simone sorprendendolo, era la prima volta che gli rivolgeva direttamente la parola.

Uscirono dalla porta della cucina che dava sul giardino in assoluto silenzio, sentendosi poi strattonato da Simone che gli si parò davanti.

"Ma che cazzo ti ha detto il cervello?", per un attimo la tristezza si era dissolta lasciando emergere la rabbia che infuocava i suoi occhi color nocciola.

"Principì, t'ho portato il portafoglio, non me sono presentato a casa tua con un mazzo de fiori."

"Io n-non so cosa fare adesso. Jacopo lo capirà, non ti ha mai visto. Non sa chi cazzo sei."

"Io non so chi cazzo sei Manuel.", disse guardandolo fisso negli occhi.

Manuel poté vedere chiaramente l'ansia abbracciare Simone, una nuvola nera che lo stava stringendo troppo forte, togliendogli il fiato. Vide il suo petto fare su e giù troppo velocemente, gli occhi annebbiati, lo sguardo perso, il respiro affannato.

"Simò, guardame."

Dei fili invisibili alzarono le braccia di Manuel trascinandole all'altezza di quelle di Simone, prendendogli le mani tra le sue e incastrando i loro occhi; il tocco di quest'ultimo era diverso rispetto a quello del fratello e Manuel ne rimase scottato, lasciò subito la presa allontanandosi leggermente.

"N'è successo niente, Jacopo non lo sa se è questo quello che ti terrorizza tanto."

"Scusami, io n-non voglio che nessuno lo sappia."

"Non te preoccupà."

"Grazie per il portafoglio comunque", sussurrò Simone evitando di guardarlo negli occhi, grattandosi leggermente le orecchie. Manuel non poté non notare il rossore colorargli le guance e sorrise di rimando.

"Figurati, almeno ora sai che non me chiamo stronzo", si ritrovò a ridere Manuel facendo così alzare lo sguardo di Simone.

"Scusa anche per quello", sorrise questa volta quest'ultimo.

"Te scusi troppo spesso", rispose Manuel ridendo sotto i baffi, non sapendo come continuare il discorso.

"È meglio che io vada, ehm... salutami Jacopo."

Si sorrisero a vicenda, un cenno del capo e Simone ritornò dentro casa.

Manuel si ritrovò a sussurrare un se vedemo principì che si disperse nel silenzio che inondava quella gigantesca villa una Domenica di fine estate, una frase sussurrata al vento che la tenne stretta, tra le sue braccia, facendola diventare una promessa.

Crepe | Simuel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora