Manuel si svegliò la mattina successiva con un mal di schiena terribile causato dalla posizione in cui si era, probabilmente, appisolato dopo quello che era con successo con Simone.Simone, Simone, Simone
Si ridestò immediatamente alzandosi dal divano notando l'assenza del ragazzo sotto di sé.
Avevano messo in chiaro che si sarebbe trattato solo di puro e semplice divertimento, ma non pensava che il ragazzo lo avrebbe lasciato nel bel mezzo della notte. Si stropicciò gli occhi e si rimise in piedi notando, solo dopo, un post-it appiccicato sulla porta del garage.
E' stato divertente,
3216255847
Simone
Hai capito il ragazzo confuso.
Staccò il biglietto e se lo mise in tasca, uscendo da quel garage con un sorriso compiaciuto a pitturargli il viso, dirigendosi verso casa."Mà! Sono tornato", urlò a voce alta appena entrò in quelle quattro mura che nell'ultimo anno aveva imparato ad apprezzare nuovamente. Le urla, le botte, le litigate erano ancora impresse nei muri di quella casa, ma Manuel aveva ancora sua madre e questo gli bastava, nonostante le cicatrici e le ferite che non si sarebbero mai del tutto rimarginate.
Manuel vide, per prima cosa, le ruote di quella maledetta carrozzina e poi il sorriso caloroso di sua madre, un velo di farina che le sporcava la guancia.
"Mà, che stai a fa?", la seguì in cucina sporgendosi per darle un bacio sui capelli scompigliandoglieli leggermente.
"Ho preparato le girelle con la nutella, mi stavo annoiando", disse Anita cercando di aprire il forno con una mano, mentre con l'altra manteneva in equilibrio precario la teglia con sopra i dolci, muovendosi su quell'aggeggio infernale in una cucina praticamente in miniatura.
Manuel corse in suo soccorso, ma senza farle notare la sua prontezza nell'aiutarla perché sapeva che sua madre lo odiava come atteggiamento.
Non voleva essere aiutata, non voleva che le persone la compatissero per quello che era successo. Manuel era così simile ad Anita in questo; erano entrambi testardi ed orgogliosi."Mà, non ti devi affaticare, lo sai. Non farmi preoccupare, te prego."
"Manuel, sono seduta tutto il tempo! Dove cazzo potrei andare secondo te?", disse a voce un po' troppo alta Anita che si ammutolì subito dopo.
"Mi devono aiutare a lavarmi, a scendere le scale..."
La sua voce scese di un'ottava, fino a mangiarsi completamente le parole zittendosi.Manuel venne travolto dal senso di colpa, vide del rimorso negli occhi di sua madre che si erano fatti improvvisamente lucidi, velati da una tristezza che ormai le si era dipinta sul volto anche se cercava sempre di non darla a vedere, soprattutto a lui.
"Manuel, io non – "
Si sporse in avanti Anita, cercando di afferrare la mano del figlio, invano. Manuel si era chiuso in bagno, facendo scattare la serratura e lasciandosi cadere dietro la porta con le braccia strette intorno al petto, in un misero tentativo di abbracciarsi da solo.
"Manuel, apri questa porta! N-non volevo risponderti così."
"Manuel, ti prego!"
Un silenzio totalizzante riempì quella casa, Anita seduta su quella carrozzina, con una mano alzata appoggiata alla porta del bagno che era l'unico ostacolo che li separava. Un rumore sordo percorreva quella porta di legno, lo stesso suono che si ripercuoteva nella cassa toracica di Manuel.
Bum Bum Bum
Seduto per terra, con le lacrime che gli rigavano il viso e che scorrevano piano fino a toccare il pavimento segnando un corpo già stremato dai sensi di colpa.
Si alzò da terra solo quando sentì sua madre allontanarsi da quella porta, rinchiudendosi in camera e barricandosi sotto le coperte. Le lacrime erano rimaste sulle sue guance che si erano, nel frattempo, asciugate a causa dell'aria viziata di quelle mura che assomigliavano ad una gabbia.
Cercò di zittire i pensieri che stavano facendo a lotta tra di loro, chiudendo gli occhi per trovare un po' di pace, fino a quando divenne tutto nero.
Un rumore assordante lo svegliò di colpo, un corpo che cadeva dalle scale, un corpo che era stato spinto al culmine di una lite, l'ennesima. Sua madre per terra, con gli occhi chiusi, in una posizione innaturale.
Il battito del cuore accelerato, il petto colto dagli spasmi, sudore freddo gli imperlava la fronte.
Un incubo, era solo un incubo.
Si alzò dal letto, dirigendosi in cucina per prendersi un bicchiere d'acqua cercando di calmare il respiro accelerato. Dopo minuti interminabili, si avvicinò alla stanza di sua madre, appoggiandosi allo stipite della porta osservandola stesa a letto, con la carrozzina al suo fianco, coperta da un leggero lenzuolo che le copriva le gambe che non funzionavano più.
Lui, spettatore inerme, proprio come quella notte.
Non era un incubo, era la realtà.Manuel si svegliò quella mattina con il profumo di caffè e girelle alla nutella riscaldate in forno; Si alzò a malincuore, consapevole di dover rifare il quarto anno di liceo in una nuova classe, con nuovi compagni.
Non aveva nessuna voglia, non aveva chiuso occhio e le occhiaie violacee sotto gli occhi non gli regalavano di certo un bell'aspetto.
Sentì sua mamma borbottare a bassa voce, girata di spalle mentre cercava di raggiungere la sua tazza preferita, quella che gli aveva regalato quando aveva otto anni. Intercettò le sue intenzioni prendendo la tazza che si trovava in una mensola leggermente più alta, nascondendo il viso nei suoi capelli castani profumati di cocco.
"Giorno mà", sussurrò a bassa voce incapace di guardarla negli occhi.
"Ciao amore, ti ho preparato la colazione."
"Siediti che mangiamo insieme."Si sedettero uno di fronte l'altro, attorno a quel tavolo di legno consumato dagli anni con un silenzio che gravava su entrambi.
"Manuel, quello che ho detto ieri.. io h-ho reagito male, ma lo sai che non è colpa tua amore."
"Non ne voglio parlare mà, lo sai.", disse con voce poco ferma.
"Amore, guardami negli occhi," disse sua madre con fermezza incastrando il suo sguardo, così simile al suo.
"Non è colpa tua Manuel, non devi pensarlo neanche."Il ticchettio dell'orologio a muro segnava lo scorrere del tempo, tempo che Manuel avrebbe voluto plasmare per tornare indietro fino a quella sera.
"Hai ragione, è colpa di quel bastardo che ha contribuito a mettermi al mondo. Il suo sangue scorre nelle mie vene ed è anche colpa mia se non puoi usare più le gambe."
"Se lui n-non mi avesse visto, se fossi stato più attento... tu non saresti su quella cazzo di sedia."
Le parole gli morirono in bocca, sentì una stretta invisibile alla gola, si alzò da quel tavolo, prese lo zaino per terra vicino all'entrata e uscì di fretta e furia da quella casa.
"Vado a scuola, grazie per la colazione", sussurrò alla figura di sua madre che aveva un cipiglio deluso sul viso.
Tornò a respirare solo quando vide sopra di sé il cielo azzurro, lontano da quella prigione che era costretto a chiamare casa.
Sono sparita e mi dispiace, ma tengo a questa storia e spero di riuscire ad aggiornarla presto.
Non vi dimenticate di me.
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Crepe | Simuel.
Hayran KurguDa ogni crepa si intrufola un po' di luce. Questa è una storia di rinascita, amore, speranza. Di come Simone e Manuel riescano a raccogliere i cocci dei loro cuori frantumati.