Ada

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Camminavo nei corridoi del campo base, per qualche strano motivo l'aria mi pizzicava la pelle, ma non faceva freddo, tenni lo sguardo fisso sulle mie scarpe, che picchiavano contro il pavimento.
I soldati intorno a me squadrarono il mio corpo, parlottando fra di loro, lanciai un occhiata ad Alexander, che era al mio fianco, poco più avanti di me, che mi faceva strada verso il suo ufficio.
Qualche volta girava leggermente il capo verso di me, per assicurarsi che lo stessi seguendo, in quelle poche volte incrociai i suoi occhi, color oro sciolto, non posso negare che mi affascinano più di quanto pensasse.
Le scaglie miele affondano nelle mie, soffermandosi qualche secondo prima di distogliere di nuovo l'attenzione dalla mia.
Ci fermiamo davanti ad una porta, dove il suo nome era evidenziato su una targa 'Alexander Williams' un cognome inglese, deve essere nato in Inghilterra.
La aprì con un movimento del braccio, prima di massaggiarsi la spalla, dove dalla maglietta si intravedeva una fascia
'deve essersi fatto male.'
Varcò la soglia della porta, facendomi un cenno con la testa, indicandomi di entrare, eseguii, facendo il mio ingresso nella stanza.
Non era né grande né piccola, la vasta finestra affacciava sul campo d'allenamento, dove alcuni soldati esperti erano impegnati nella loro routine, alla mia sinistra una scrivania in legno, dove sopra erano sparse carte e cartine, principalmente di documenti.
Il pacchetto di sigarette Winston attira la mia attenzione, un accendino poco lontano "Fumi?" Chiesi curiosa.
Lui si gira verso di me incastrando i suoi occhi nei miei, fino a seguire la direzione della mia domanda, fino alle Wnston "ti interessa?"  chiese in una piccola scaglia di divertimento nel tono, annuii "Non può?" Ribattei.
"Non ti ho portata qui per questo" evitò la mia domanda, fa qualche passo in avanti verso di me, io indietreggio fino a scontrare la parte bassa della schiena alla scrivania.
Mi venne fino a pochi centimetri di distanza, allungando le mani hai lati del mio corpo per bloccarmi, l'odore di muschio mi invade le narici, ed io trattengo inconsciamente il respiro, mentre abbassa la testa fina alla mia altezza.
"Ti avevo detto di andartene" mormora, le sue labbra sono ad un centimetro dalle mie, sentii il suo alito caldo battere contro il viso, venni scossa da dei brividi, che seguivano la forma della mia colonna vertebrale, eppure non mi aveva nemmeno toccata.
"Non lo hai fatto..."  butta fuori quelle parole con una lentezza, che mi permette di cogliere ogni singola nota del suo tono.
Deglutisco, raccogliendo tutta la forza che possiedo per rispondere
"non rinuncio a tutto questo perché tu te la sei presa"
Mi rendo conto solo dopo delle mie parole, quando ormai lui le ha assimilate, una scintilla gli attraversa gli occhi, illuminandogli le iridi.
Sposta la sua mano sul mio fianco, in una presa salda, mi tiene ferma, senza permettermi alcuna frazione di movimento, mi spinge verso di se ed io mi scontro col suo petto duro come marmo.
Arrossisco inevitabilmente e vedo Alex sorridere compiaciuto "cosa c'è ragazzina? Agitata?" Il suo tono divertito mi diede sui nervi, e serrai i pugni spingendolo via "sei ridicolo"
Lui indietreggiò di qualche passo, se avesse voluto non si sarebbe mosso di un millimetro, stava solo giocando, me lo confermava il sorriso sul suo viso, ma che si spense subito alle mie parole, tornando di una serietà disarmante.
"attenta a come mi parli, non sono un tuo amico"
"E cose sei?"
"Un tuo superiore"
Disse diventando freddo
"E farai meglio a rispettarmi"
Sibilò.
Non risposi, i suoi occhi miele fissavano i miei, la vena che gli pulsava dal collo mi fece capire che forse era meglio non rispondere, lo avevo innervosito in qualche modo, e mi costrinsi a non influire ulteriormente.
"Vai ora" mi intimo indicandomi la porta, senza nemmeno guardarmi, mi allontanai da lui "non ho bisogno che tu me lo dica" risposi infastidita prima di superare la soglia della porta.
Percorsi qualche metro, e tornai a respirare, sentivo ancora la pelle bruciare nel punto della vita dove mi aveva afferrata, ricordandomi ogni dettaglio a memoria.

Rientrai nella mia stanza poco dopo, aprendo la porta di ingresso, ma non feci in tempo a fare un passo che Sam mi saltò addosso "preparati" disse con un sorriso eccitato, saltellando su se stessa, indossava un piccolo abito blu che fasciava il suo corpo in maniera perfetta, con degli stivali a tacco neri, con quel fisico così magro avrebbe fatto invida a tutti.
"Cosa scusa?" Chiesi confusa guardandola di sbieco, lei mi afferrò il braccio trascinandomi in camera mia "Il Tiger organizza una serata" specificò lei, ma senza rispondere a nessuno dei miei dubbi, così mi sedetti sul bordo del letto, incrociando le braccia in modo interrogativo.
"Il Tiger? Cosa sarebbe?"
Lei sospirò come se la risposta fosse ovvia "Un Pub a soli cinque minuti dal campo, e oggi è sabato, quindi andranno tutti" insistette, io scossi la testa "a fare cosa? Bere?" Rimarcai contrariata, il sapore amaro dell'alcol non mi piaceva affatto.
"A divertirci" si difese lei "stiamo una o due ore, e se sei stanca torniamo, potrebbe essere un occasione per conoscere qualcuno di nuovo" non risposi subito, ma nelle sue parole c'era verità, poteva essere un occasione per conoscere gente è magari allargare il mio status sociale, per ora ridotto a lei.
"Non lo so..."
Mormorai, si avvicino prendendomi le spalle nelle mani
"Ti prometto che se non ti diverti c'è ne andiamo"
Sbuffai.
"Va bene"
Accettai senza sapere quello che ancora mi aspettava.

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