Violet Bloodrose ha lasciato alle spalle un passato avvelenato-- letteralmente.
Cresciuta sotto l'opprimente dominio di genitori spietati, ha sopportato anni di tossine che hanno corroso corpo e mente. E anima. Eppure, malgrado tutto, è una forza de...
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
“Trovai i miei limiti ma non i miei confini.”
- Taras Mithrandir
☆
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Violet
«Adrien Salazar?»
La voce di Julian riecheggiò dal mio cellulare, posato sul cruscotto dell'auto. Il rumore del traffico in sottofondo rendeva le sue parole distorte, quasi un sibilo sommesso. Il taccuino, aperto e appoggiato goffamente sul volante, era un disastro di appunti disordinati, scarabocchi, e annotazioni confuse. Una macchia d'inchiostro violacea segnava la pagina, accanto a una lista di nomi che si stava riducendo sempre di più.
Il sole calava all'orizzonte, gettando ombre lunghe e malinconiche sugli edifici circostanti. Il crepuscolo avvolgeva l'auto in una penombra inquietante, e l'aria stantia della sera si insinuava attraverso i finestrini semiaperti, portando con sé l'odore acre di benzina e ruggine.
Sentivo il motore ronzare debolmente sotto di me, come una bestia addormentata. Mentre il cielo si tingeva di un arancio spento, un brivido di inquietudine mi percorse la schiena.
«Ho parlato con lui due settimane fa, durante una delle sue convention» mormorai a me stessa, tamburellando il tappo della penna contro il bordo del taccuino. Un movimento nervoso, quasi ipnotico. «Non ha detto nulla di utile.» Le mie parole erano cariche di frustrazione.
Anche ora, ripensando a quel breve incontro, il viso di Adrien mi appariva chiaro: un sorriso liscio come seta, uno sguardo che non lasciava trapelare nulla, occhi che sembravano schermati da un muro di ghiaccio.
