𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝟑

155 35 52
                                    

La mattina seguente mi svegliai con un senso di disorientamento

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

La mattina seguente mi svegliai con un senso di disorientamento. Il letto era duro, la luce filtrava debolmente dalla finestra e mi ricordai immediatamente dove mi trovavo. Non era un sogno, o meglio un incubo. La Deadly Arts Academy era reale, così come il mio nuovo e assurdo destino.

Esme bussò leggermente alla porta e senza aspettare una risposta entrò nella nostra stanza, già vestita e pronta per le lezioni. «Divisa» disse secca, lanciandomi uno sguardo indifferente. «Seguimi. Prendila e indossala. La Direttrice non aspetta nessuno.» Sempre di buon umore eh. Mi alzai di malavoglia e la seguì.

Mi trascinò con sé fino a una stanza in fondo al corridoio, piena di abiti appesi, tutti ordinati per taglia e nome. Dopo aver preso la mia divisa, tornai nella stanza in fretta e furia. Il tempo sembrava correre contro di me.

Mi infilai la camicia di seta bianca e mi accorsi che era un po' troppo larga sul petto, lasciando uno spazio vuoto che mi faceva sentire come se fossi fuori posto anche nel mio stesso corpo. Fanculo! Legai la cravatta a scacchi blu notte e oro, le dita che tremavano leggermente mentre la sistemavo. La minigonna dello stesso pattern mi arrivava a metà coscia, completata dalle parigine bianche. Guardai le scarpe. Decisi di tenere le mie solite Dr. Martens platform, rovinate com'erano, perché non avevo voglia di sembrare completamente fuori dal mio elemento.

Mi guardai allo specchio e sbuffai, scuotendo la testa. Ma che cazzo ci faccio io qui? pensai, cercando di ignorare il nodo allo stomaco che mi stringeva sempre di più.

Non c'era tempo per farsi prendere dal panico. Dovevo trovare il salone principale prima che la Direttrice cominciasse il suo discorso, e l'ultima cosa che volevo era fare una brutta impressione... o meglio, un'impressione peggiore di quella che avevo già fatto.

Mi infilai fuori dalla stanza, i passi rapidi che risuonavano nel corridoio vuoto. Mi guardai intorno cercando di orientarmi, ma ogni svolta sembrava uguale alla precedente. Maledizione. Mi sentivo come un topo in trappola in questo labirinto di marmo freddo e senza anima.

Alla fine, quando le pareti cominciavano a soffocarmi con la loro monotonia, mi fermai, frustrata. Mi appoggiai a una colonna di marmo, lasciando cadere la testa all'indietro. «Dove diavolo si trova questo salone?»

Sbuffai. Non poteva essere così difficile, eppure mi sembrava di aver girato in cerchio per secoli. Non potevo fare altro che sperare che qualcuno, chiunque, arrivasse e mi indicasse la strada prima che facessi tardi.

Continuavo a borbottare tra me e me, sentendo crescere l'irritazione ad ogni passo. Provavo a fermare ogni studente che mi passava accanto, alzando una mano e cercando di chiedere informazioni, ma nessuno si degnava di rivolgermi uno sguardo, figuriamoci una parola.

«Scusami, sai dove...?» Niente, passavano oltre come se fossi invisibile.

Tutti educati qui dentro.

Deadly ArtsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora