𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝟏𝟑

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Cercai di seguire le urla, il cuore che batteva all'impazzata, spingendo i piedi a muoversi più in fretta

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Cercai di seguire le urla, il cuore che batteva all'impazzata, spingendo i piedi a muoversi più in fretta. Uscì in fretta e furia dal balcone, il vento freddo che mi sferzava il viso, ma non me ne importava. Attraversai i lunghi corridoi senza pensare, concentrata solo sul suono della sirena che riecheggiava ovunque.

Fortuna vuole che proprio in quel momento vidi Malachi camminare verso di me dalla parte opposta.

Sembrava calmo, troppo calmo per quello che stava succedendo.

«Cos'è stata quella sirena?» chiesi, il respiro affannato.

Fu Owen, che non avevo notato prima, a rispondere. «Vuol dire che è morto qualcuno, Ether.» La sua voce era gelida, priva di emozioni, come se fosse una cosa normale.

Mi fermai di colpo. Morto qualcuno. La mia mente vacillò mentre cercavo di dare un senso a quelle parole. Chi? Chi era morto? E chi poteva essere stato?

«Andiamo, La Rue» disse Malachi, il suo tono era tagliente come il ghiaccio. Da dove veniva tutta quella freddezza? Non riuscivo a capirlo, eppure sentivo un peso crescere nel petto, un presagio che mi stringeva lo stomaco.

Senza pensarci troppo, come una scema, lo seguii.
Owen camminava dietro di me, i suoi passi quasi inudibili, ma la sua presenza era soffocante.

L'atmosfera era tesa, quasi elettrica, come se il corridoio stesso sapesse cosa stava per accadere.

Arrivammo in una stanza che non avevo mai visto prima. Era una biblioteca enorme, con scaffali pieni di libri fino al soffitto e lampadari di cristallo che pendevano come gioielli dal soffitto altissimo. La luce riflessa dalle gocce di cristallo creava un'atmosfera surreale, quasi onirica. Ma il mio sguardo si fermò subito al centro della stanza.

Appesa per i piedi, con delle catene che tintinnavano lievemente, c'era una ragazza. Il sangue le gocciolava dalle caviglie, scivolava lungo le braccia e si raccoglieva
in una pozza densa sul pavimento.

L'odore ferroso riempiva l'aria, pungente e
nauseante.

Non riuscivo a vederle bene il viso, era coperto dai capelli, ma c'era qualcosa che mi colpì. Il tatuaggio sul dorso della mano, un piccolo chiodo storto.

Era inconfondibile.

Mi si gelò il sangue nelle vene.

Era la ragazza che avevo visto nel bagno con
Malachi.

«Mal...» provai a chiamarlo, ma la mia voce si spezzò nell'aria, un sussurro che sembrava evaporare nel nulla.

«Non dire una parola, Ether,» mi interruppe bruscamente Malachi, senza nemmeno voltarsi a guardarmi. Il suo tono era un ordine, implacabile, che mi lasciò immobile sul posto. Sentii le parole bloccarsi in gola, soffocate dalla tensione che mi opprimeva il petto.

Lo osservai avvicinarsi al corpo della ragazza, con una calma agghiacciante, mentre Owen lo seguiva come un'ombra silenziosa. Mi sembrava di non riuscire a respirare, il cuore martellava nelle orecchie, eppure tutto intorno a me era stranamente calmo, come se la stanza fosse sospesa in un limbo irreale.

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