Mezzanotte e tre quarti.
Scendo dal letto cercando di fare meno rumore possibile.
Velocemente metto lo zaino sulle spalle e sistemo un fagotto di vestiti dentro al mio letto.
Tutto molto tipico.
Sembro la classica adolescente che sta scappando per andare ad una festa.
Beh, non tutti a quindici anni scappano per andare a vedere una tipografia fallita venti anni fa da soli in piena notte, sai com'è.
Controllo in camera dei miei per assicurarmi che dormano, e sento russare Den da qui.
Mia sorella ha il sonno molto leggero, ma immagino non venga a vedere se io sono a letto oppure no.
Esco dalla finestra del bagno di sopra ritrovandomi sul tetto, poi scendo giù fino a toccare con le punte dei piedi sul davanzale della finestrella del salotto, da cui salto tranquillamente sull'asfalto.
Mi metto a correre cercando di non fare rumore.
L'edificio che voglio vedere stanotte dovrebbe essere a un paio di km da qui, non ci sono mai stata, ma è da tempo che ho in programma questa uscita.
Cammino in silenzio nel buio, osservando la città ora che lei non può vedermi.
È bello essere qui, ora. La notte ti fa sentire potente. Tutti possono vedermi in questo momento, ma nessuno mi vede, perché non c'è nessuno in giro, perché tutti dormono e quelli che sono svegli e sono fuori di certo non badano a me, perché non mi conoscono e non gliene frega niente.
Tutto ciò mi fa sentire come se non esistessi. Come se fossi solo un bug, perché il fatto che io ci sia o meno in questo momento non cambia niente. A quel tassista là in fondo, non cambierebbe niente. A quella coppia che è appena uscita da quel bar, non cambierebbe niente. A quell'uomo in giacca e cravatta dentro la BMW grigia metallizzata, non cambierebbe niente. Per loro sono una variabile senza conseguenze. Ciò secondo il mio modo di pensare è una figata.
Ecco la fabbrica!
La porta è chiusa con una catena e un lucchetto che non credo di poter forzare, quindi faccio due passi sul perimetro dell'edificio in cerca di un passaggio.
Bingo! Qualcuno ha rubato le ante di una finestra a circa un metro e mezzo da terra, quindi mi isso e la scavalco.
L'interno sembra essere congelato, solo lo spesso strato di povere che ricopre tutto mostra che ne è passato di tempo dall'ultima volta che qualcuno è entrato qui.
È un enorme magazzino, in cui troneggiano grandi macchinari arrugginiti.
Da qualche parte, ho letto che il bello di un'esplorazione non è viverla, essere lì, quanto progettarla e immaginarla.
Beh, non è affatto così. Ma proprio no.
Io mi sento meglio quando esploro. Mi sento meno oppressa dalla gabbia, come se stessi scavando per uscire.
In un angolo ci sono alcune copie dell' Oakland News. Che nome originale!
Un giornale è aperto, appoggiato per terra. Sento il mio sangue gelarsi: non c'è traccia di polvere. Qualcuno è stato qui negli ultimi giorni. Guardo per terra e quasi mi cadono gli occhi quando vedo una serie di impronte fresche nella polvere. Correggo: qualcuno è stato qui da pochi giorni. Ma come cavolo ho fatto a non notarle?
Il quotidiano reca la data 22 Maggio 1972 e la foto in prima pagina è un pò inquietante: un quadro che rappresenta un bambino e una bambola,  e sembra che la bambola stia puntando una pistola contro il bambino. Lo sfondo è una porta dietro cui si vedono tante piccole mani.
"The Hands Resist Him, il nuovo quadro dell'artista di Oakland" recita il titolo.
Ok. Calma. Sarà stato un barbone che cercava un posto per dormire e si è messo a guardare il giornale.
Continuo a camminare, finché sento dei passi provenienti dall'entrata. Sono convinta che sia meglio non farmi vedere, quindi mi nascondo dietro una delle macchine.
I passi si avvicinano. Sento una voce imprecare e sussurrare "c'è stato qualcuno!".

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