Capitolo 2: Roll the dice.

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Capitolo 2: Roll the dice.

-A's pov.-

L'auto fracassata del fratello di Gigi, che anche lui studiava in quel college ormai da tre anni, sobbalzava ogni venti metri, nonostante la strada fosse impressionantemente priva di qualsiasi difetto.
-Dio Louis, dovresti riparare questo rottame!- sbuffó la bionda seduta davanti a me. Lui quasi inchiodó e la fissó strabuzzando gli occhi.
-Che cosa ti sei fumata Gigi!-disse sembrandomi per la prima volta un ragazzo e non un santo.-Chiamare rottame una Pontiac del 77'! Pazza!-rise prendendo in giro la sorella. Louis, da quanto avevo capito e mi aveva raccontato Gigi, era un ragazzo molto, troppo, tranquillo. Non si cacciava mai nei guai, era fra i più intelligenti del suo corso, non aveva avuto i classici ormoni scatenati da adolescente: niente ragazze ubriache che si calavano giù dalla finestra di casa sua in piena notte, nessuna gravidanza reclamata è una condotta ineccepibile, quasi sempre. Era bassino, dimostrava appena i suoi ventidue anni, i capelli scompigliati gli andavano perennemente negli occhi, occhi azzurri, freddi e penetranti in una maniera che quasi mi metteva in soggezione.
-Per me resta un rottame.-rise sua sorella, stessa bellezza incontaminata. Gigi mi aveva da subito colpito, un anno più grande ma nel mio stesso corso essendosi presa un semestre di pausa, mi aveva accolto lei al mio arrivo al campus. Era bella, con quei capelli lunghi e biondi a incorniciare il viso dorato dall'abbronzatura, gli occhi azzurri come quelli del fratello, ma in altezza quasi lo doppiava. Quando mi aveva salutata, correndomi in contro come fossimo state amiche di vecchia data, mi aveva subito conquistata con il suo carattere solare e quella voglia di farmi sentire a mio agio. Era proprio il mio opposto: lei avrebbe passato le notti a ballare fra la gente in discoteca, io a seguire documentari nella mia stanza. Lei conosceva tutti ed era popolare a livelli estremi, io evitavo per quanto possibile di fare nuove conoscenze o socializzare più del dovuto; lei era pronta a conquistare il mondo, io cercavo di non averne troppa paura.
-Ci vediamo dentro.-scosse la testa Louis, aprendo la portiera alla sorella.
Il locale, questo Gardenia di cui Gigi aveva tanto parlato lavorandoci da un mesetto, sembrava spaventoso già da fuori: le ragazze in bikini e calzoncini corti ballavano già nel parcheggio, strusciandosi sui cofani delle numerose macchine, i ragazzi con le birre in mano iniziavano a incitarle quasi ubriachi. Feci una smorfia disgustata, ma mi sforzai di limitarmi a tenerla dentro di me.
-Coraggio Alex! Non ti mangia nessuno.-rise Gigi indietreggiando di alcuni passi e tirandomi per mano come una madre con la figlia il primo giorno di scuola.
-Devo proprio?-sbuffai sorridendo subito dopo per non farle credere di essere davvero così annoiata da quel posto.
-Su, su!-rise. Appena entrammo nel vero e proprio locale le luci stroboscopiche mi colpirono, accecandomi. Gigi era già a suo agio: perfettamente inserita in quel contesto, salutava praticamente chiunque.
-Vado un secondo in bagno, vieni anche tu?-mi chiese ad un certo punto, quasi come si fosse di nuovo ricordata della mia esistenza.
-No, grazie: sto bene qui.-le sorrisi. Lei sospirò e mi abbracciò.
-Beh? Tutto questo affetto?-risi ricambiando.
-Boh, ti voglio bene Alex. Vieni, ti faccio portare una birra.-nonostante non amassi la birra, la seguii al bancone e lei si avvicinò ad un tipo con i capelli verdi e il viso tatuato, ordinandogli la mia birra. Gigi sparì nella folla e il ragazzo sorrise, abbassandosi a prendermi un boccale decisamente troppo capiente. La musica da discoteca era insopportabile, mi stava venendo un gran mal di testa ed erano appena le dieci e venti. Gli shorts di jeans mi stavano salendo troppo, quello sgabello era dannatamente scomodo e alto e i capelli mi tenevano un caldo fastidioso. Ringraziai il ragazzo punk, presi svogliatamente la birra dal bancone e mi girai di scatto, scendendo dallo sgabello. Subito le mie gambe entrarono in collisione con qualcosa e buttai le mani in avanti, rovesciando inevitabilmente il boccale.
-Ma che cazzo!-sbuffó una voce maschile.-Merda!-imprecò di nuovo. Avevo le mani strette ai suoi bicipiti, lui mi sosteneva come poteva, nonostante fosse completamente lavato dalla mia birra.
-Oh mio Dio, scusami!-la mia voce quasi non si sentì seppure io avrei voluto poterlo urlare. Ero mortificata e, nonostante nessuno mi considerasse minimamente, mi sentivo tutti gli occhi puntati addosso. Finalmente presi coraggio e alzai lo sguardo dai jeans neri del ragazzo al suo viso e la sensazione di imbarazzo crebbe ancora di più se possibile. Era probabilmente una specie di fotomodello o qualcosa del genere. Sfoderò un sorriso sghembo che mi fece girare ulteriormente la testa e si prese fra le dita l'anello che aveva al labbro inferiore.
-Uhm, non importa. È okay.-commentò cambiando totalmente tono di voce. Mi aiutò ad alzarmi e schioccò le dita per chiamare un cameriere, così ne approfittai per guardarlo meglio: rimasi quasi scottata dalla semplicità della sua bellezza. Era così diverso da come mi aspettavo dal suo tono di voce rude e arrogante, in netto contrasto con gli occhi cupi ma dal taglio dolce. Il leggero strato di barba sfatta incorniciava le labbra carnose che proprio in quel momento si schiusero.
-Stai bene?-sospirò. Annuii, senza sapere bene cosa dire.-Okay...-aggiunse e semplicemente se ne andò. Rimasi leggermente scossa da quell'impatto, come quasi sempre mi capitava quando mi tuffavo nella società e spesso mi sentivo affogare.
-Che diavolo hai fatto Alexandra?-Gigi mi riportò bruscamente alla realtà. La guardai senza capire e lei mi indicò la maglietta grigia ancora bagnata.
-Oh.-commentai abbassando lo sguardo, poi scoppiai a ridere senza sapere nemmeno il motivo.
-Sei senza speranze, Alex!-scosse la testa senza trattenersi dal ridere anche lei, poi mi trascinò fuori.-Dai, dai che inizia!-
-Ma inizia cosa?-chiesi esasperata seguendola quasi di corsa. Attraversammo la statale che correva lì affianco, beccandoci i clacson di alcune auto che la percorrevano in direzione di Los Angeles, e arrivammo in uno spiazzo di terreno brullo che costeggiava una seconda strada alla quale non avevo mai fatto caso.
-Ma la gara, Alex, cosa sennò?-commentò Louis, il quale era appena ricomparso vicino a noi.
-Quale gara? Forse avete dimenticato che sono qui da tipo una settimana...-incrociai le braccia sotto il seno e i due fratelli scoppiarono a ridere.
-Ora vedrai.-mi assicurò Gigi con il sorriso di chi la sapeva lunga.-Guarda Lou! Arrivano i Bulls.-
-Tanto sai che tengo per i Wolfs.-commentò l'altro dandole di gomito. Sembravano parlare aramaico antico per quanto ne capivo, così mi appoggiai al cofano dell'auto del fratello di Gigi e decisi di smettere di farmi domande. All'improvviso una serie di altre macchine si posizionarono in fila davanti a noi e mi parve di iniziare a capire meglio cosa stessimo aspettando. La prima auto della fila più vicina a noi, una macchina sportiva nera, con il tettuccio alzato e la scritta "Wolfs" in vernice metallizzata sulla fiancata, accese i fanali sembrando effettivamente un vero lupo. Tutte le macchine dietro quella Corvette la imitarono e lei rombò facendo sgommare le ruote sul terreno arido. Osservai affascinata il procedimento ripetersi con la prima auto della fila opposta, una macchina simile a quella di Louis, ma rossa e con un paio di corna sul cofano: dovevano essere i Bulls. Pochi istanti dopo, una ragazza dai capelli nerissimi e la minigonna assai più simile ad un pareo sgambettò fino in mezzo alle due file di auto e iniziò a sventolare una bandiera a scacchi. Ad un certo punto mi fece sobbalzare fischiando dopo essersi messa due dita in bocca. A quel segnale le auto partirono lanciate alla massima velocità, superandola e inondando noi tutti con la polvere che le ruote provocavano sfrecciando sul selciato. La sfrenata corsa in cui i bolidi si erano lanciati mi sembrò da subito fin troppo pericolosa: non mancarono momenti in cui, nonostante la cosa non mi coinvolgesse quasi, mi sentii senza respiro, in preda all'ansia.
-Oddio!-esclamai quando la Corvette nera rischiò pericolosamente di essere tamponata da una macchina dei Bulls.-Questi sono pazzi.-mi coprii gli occhi con le mani.
Le auto ci passarono di nuovo davanti e mi mancò il fiato quando la stessa Corvette sgommò girandosi di centottanta gradi per tagliare la strada alla Trans Am con le corna e raggiungere per prima il traguardo. L'auto a capo della banda dei lupi sgommò ulteriormente nonostante avesse ormai tagliato il traguardo e si fermò fra gli applausi calorosi degli spettatori. Anche io, in un modo o nell'altro mi ritrovai ad applaudire, più per il fegato che questa gente aveva di rischiare così la vita che per la vittoria in se. La portiera dell'auto nera si spalancò e l'autista ne uscì, sommerso dalle incitazioni sempre più forti del suo pubblico. Riconobbi subito quei capelli neri legati in un codino, quelle braccia tatuate che spuntavano da una T-shirt di qualche taglia più grande: era senza dubbio il ragazzo contro cui ero andata a sbattere poco prima. Un'orda di ragazze dalle gambe lunghe e abbronzate che spuntavano da calzoncini troppo corti mi travolse dirigendosi in preda agli ormoni contro il ragazzo. Il moro venne subito raggiunto da un secondo ragazzo, uno ben piazzato, alto qualche centimetro in più di lui, con i capelli altrettanto lunghi e legati allo stesso modo e le braccia piene degli stessi innumerevoli tatuaggi.
-Sono bravi, non è vero?-strillò Gigi arrivandomi alle spalle.
-Pazzi piuttosto.-commentai a mezza voce, tanto lei non mi stava più ascoltando.
-Ora i Bulls sfidano i ragazzi di Rico, non vedo l'ora. Tu non hai visto che gran pezzo di figo è il Toro.-commentò battendo le mani come una bambina eccitata.
La guardai sconcertata:-Chi scusa?-chiesi ridendo del nomignolo con cui aveva chiamato questo tipo.
-È quello!-mi sussurrò indicando un tipo alto più o meno come i due ragazzi dei Lupi, con i capelli corti e un abbigliamento abbastanza inusuale.-Si chiama Liam, ma tutti lo chiamiamo il Toro. Non è uno strafigo pazzesco, Alex?-
Lo guardai meglio.
-Non è il mio genere ma è assolutamente un bel ragazzo.-ammisi sinceramente.
-Lo so, cazzo!-esclamò lei eccitata.-Dai, vieni che vado a congratularmi!-
-No, grazie Gigi.-lasciai la sua mano.-Andrò a prendere qualcosa da bere, piuttosto.-decisi dirigendomi verso il Gardenia.
-Okay, dì che ti mando io.-mi urlò correndo pericolosamente sui suoi tacchi.

-Z's pov.-

-Amico, sei stato grande: l'hai bruciato e quel testacoda è stato memorabile!-urlò praticamente Harry buttandomisi contro. Gli afferrai la mano, stringendola, poi lui mi battè sulla spalla come sempre, complimentandosi ancora. Non risposi: attendevo di vedere la faccia di Payne. Nella confusione che si era creata attorno alla mia bambina finalmente lo intravidi. Camminava fiero in quei suoi scarponcini, la testa alta nonostante lo avessi appena doppiato di brutto.
-Malik.-sibilò avvicinandosi.
-Payne.-risposi. Non potevo sopportare lui e tanto meno il suo ridicolo soprannome, "il Toro".
-Non male per una prima di stagione.-commentò allontanandosi dalla folla. Svogliatamente lo seguii.
-Non posso dire lo stesso dei tuoi.-ribattei schiettamente e la sua bocca si storse in una smorfia di disapprovazione.
-Vedremo.-sputò.-Voglio beccarti in finale, lo sai. Non pensare che lascerò a qualcun altro il piacere di stracciarti la notte di capodanno.-
-Io ho i miei dubbi che la cosa si concluderà così.-risi salutando con un gesto della mano Thomas.-Ora non hai una gara da perdere, Payne?-lo stuzzicai. Lui sputò per terra e mi diede le spalle, andandosene con la coda fra le gambe.
Liam Payne. Una volta era uno di noi, ma la Città degli Angeli lo aveva cambiato per sempre.
Ripensando al Liam di cinque anni prima, decisi che avevo bisogno di qualcosa di forte, così feci dietro front e mi incamminai verso il Gardenia.

N/A: ragazze che state seguendo la storia, vi adoro! Grazie mille, mi fa sempre piacere che i miei lavori siano apprezzati e voi siete dolcissime. Appena raggiungiamo di nuovo tre o quattro commenti a questo capitolo aggiorno! Io non vedo l'ora di sapere che ne pensate. Un bacio, Elisa xx.

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