Capitolo 6

48 5 0
                                    

A volte la vita ti riserva cose che non osavamo immaginare.

Carmen Mola


Li vidi entrare, uno alla volta, e tutto ad un tratto mi ritrovai in quella stanzetta con quel gruppo di sconosciuti che guardavano con desolata tristezza il mio corpo dormiente.
Individui di diverse età possedevano anime di diverse sfumature.
Si ponevano domande, arrampicavano risposte.
Condividevano silenziosamete occhi lucidi, cuore tremante e anima piangente.

I miei occhi li osservava incuriositi, stupiti da quella miscelazione di sentimenti diversi che aleggiavano vorticosi nello spazio della stanza rimbalzando tra un corpo e l'altro, attorcigliandosi gli uni negli altri.
La mia mente non li riconosceva, ma sentivo nelle profondità del mio essere una certa somiglianza con quelle persone così diverse tra di loro.

Così uno ad uno provai a riconoscerli scrutandoli attentamente.

Un'anziano signore, dall'aria trascurata si stringeva il petto dal cuore debole ormai, massacrato dalle sue stesse mani, dal suo stesso cervello, dalla sua stessa bocca. Poggiava la vecchia schiena dolorante sul muro della parete, le sue ossa scricchiolavano, lo sguardo fisso verso la mia figura, gli occhi davano un senso di smarrimento e svuotati dagli avvenimenti del suo vissuto, mi guardavano.
Aveva un cuore stanco, il quale sembrava voler soccombere da un momento all'altro per la mancanza di sangue e ossigeno i quali parevano arrivare con estrema fatica a quell'organo ormai prosciugato.
Chiedeva pietà e pace.

Una signora mi teneva una mano, una presa leggera, tremante, fredda, leggermente sudata.
Le ciglia parevano imperlate di lacrime, il cuore urlava angosciato.
All'interno dello sterno risiedevano polmoni anneriti da mancate accortezze prolungate e trascuratezza portata avanti inesorabile da decenni.
Faticava a guardare la mia sagoma, distoglieva continuamente lo sguardo, negando alla sua anima sanguinante la verità evidente come se magicamente, bastasse non guardare per annullare automaticamente il destino ormai segnato con inchiostro indelebile.

Dietro di lei una donna teneva sotto braccio una signora molto anziana. Il cuore rattristato.
Si tenevano a leggera distanza dal dolore che arrivava comunque alle loro anime.
L'anziana signora sembrava ancora in forze, possedeva un corpo mantenuto in buono stato con lottate accortezze.
Batteva un cuore gentile nel suo petto.
Forse con la vecchiaia aveva dimenticato parecchie cose perdonandosi e imparando ad amarsi.
Pareva una guerriera, tutti in quella stanza sembrava avessero vissuto una guerra più che una vita.

Una ragazza stava dritta ai piedi del letto, anche lei guardava il mio esile corpo martoriato. Teneva dritta la schiena secca come se le imponesse di non farsi spezzare da niente e nessuno. Nei suoi occhi vigeva uno sguardo tristemente severo, sembrava non scuotersi, anche se dentro di lei vigeva il caos.
Il suo corpo vigile emanava un forte profumo di concretezza. E anche se esternamente faceva vedere la scrupolosa e rigida attenzione verso se stessa, interiormente il disordine si prendeva gioco della sua caotica mente e del suo cuore distrutto. Pensieri scarabocchiati correvano impazziti dentro di lei.

E poi c'era anche un bambino nella stanzetta, con una mano teneva la mia e con l'altra mi regalava dolcemente lievi carezze sul viso.
Passava con le sue dita calde da una guancia all'altra, passando poi alla fronte e ai capelli. Cercava di non dimenticare neanche un pezzetto del mio viso. Gli occhi pieni di vita e di amore, manteneva una certa compostezza anche se avrebbe voluto far scappare via il suo dolore e correre. Più veloce che poteva. Nella sua mente correva talmente veloce da poter vincere quella stupida gara a cui non avrebbe voluto partecipare.

Dietro di lui, un ragazzo. Stava in piedi con le braccia incrociate. Occhi sofferenti facevano parte del suo sguardo. Lui non parlava, pregava silenzioso nella sua mente.
Mi parlava animatamente, mi raccontava un sacco di cose.
Il cuore stava esplodendo, lacerando ogni organo, tessuto e cellula dentro di lui. Fuori dava l'impressione di essere fatto della stessa sostanza delle rocce, ma dentro come un cristallo era spaccato in diecimila pezzi che scoppiati, tagliavano lentamente tutto ciò in cui andavano incontro.

Più li guardavo più mi sembrava di essere legata con loro.
Forse se la mia anima avesse sfiorato la loro si sarebbe aperto un varco nei miei ricordi e la mia mente avrebbe cominciato a ricordare.
Come al solito seguì l'istinto e decisi di fare una prova.
Quindi mi alzai e mi avvicinai, ero indecisa su chi avrei messo la mano per prima.
Ad un certo punto la signora che mi stringeva la mano smise di tenersi alla mia immobile presa e allontanandosi scuoteva la testa debolmente in segno di negazione. Stava per uscire stremata da tutto lo scuro sentimento che rimbalzava momentaneamente nei loro cuori, come se ne avesse avuto già abbastanza e arrivata al limite quel dolore avrebbe potuto anche ucciderla.

Quindi mi avviai, nel profondo sentivo che non volevo far terminate il contatto con lei.

Mi misi dietro la sua schiena, e lentamente, appoggiai una mano sulla sua spalla.
Il suo corpo si riempì di brividi provocandogli uno scatto della durata di un millesimo di secondo.

La visuale si oscurò completamente e circondata dal buio entrai nel mondo dei nostri ricordi.

FENICE | Storia Di Un'animaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora