Capitolo 8

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Quando crollano i tuoi sogni campione,
vai cercando un di forza nel cuore,
quando il mondo che volevi migliore,
ti sorrise col suo ghigno peggiore...

Articolo 31



Scattò di colpo emettendo un gridolino acuto.
Il nonno si mise a ridere.
Con un furbo sorrisetto che incorniciava la sua bocca le diede ancora un pizzicotto, e di nuovo la bambina urlò.
-Ahi, smettila!- e svicolando come un vermetto dalle dita del nonno si mise a ridere anche lei.
Era così tutte le volte; le pizzicava braccia e gambe finché non si svegliava ed esausta da quel suo modo assurdo di svegliare una persona scappava dal letto, correndo dalla nonna.
Quella mattina però si voltò dalla sua parte e lo guardò con occhi grandi e pensanti; lui a sua volta guardò fisso la sua coccinella osservando quelle sue pupille nere dilatarsi.
Un paio di secondi e poi schiantò nell'aria un verso acuto, da uccellaccio. L'eco fece volare il suono tra le mura della camera sbattendo per un attimo tra le pareti.
Seguì un brevissimo silenzio poi entrambi scoppiarono nuovamente a ridere.
Il nonno si premeva la pancia, schiacciandola con il palmo della mano per la paura di pisciarsi addosso. Era vecchio ormai e la sua vescica non funzionava più come un tempo. Giocava sporco quella lurida sacca, tradendolo e prendendosi gioco del suo corpo.
Qualche volta cedeva e si trovava con le mutande bagnate.
La bambina rideva animatamente, gli occhi le divennero luminosi.
Goccioline di gioia brillavano luminose, rendendo lucidi i suoi occhi.
Quando il nonno tentò di lanciargli un altro pizzicotto, lei se ne accorse in tempo e svelta come un felino, gli scaraventò la coperta addosso, la quale morbidamente finì sulla sua faccia e scattante scese giù dal letto correndo scalza dalla nonna.
Le calze erano consumate e strette, un piccolo buco faceva prendere aria all'alluce del piede, mentre la parte del tallone veniva arieggiata dai fili mancanti, mancava poco che i fili del calzino cedessero completamente.
La colazione era già pronta, la stava aspettando.
-Monella!- le disse la nonna ridendo e tirò giù una scoreggia epocale.
Rise più forte.
Anche la bambina scoppiò a ridere, nuovamente.
Dall'altra stanza sentì il nonno urlare -el cul fece trombetta- e gracchiò nuovamente nell'aria.
Ridevano tutti come pazzi al mattatoio, ma la mia anima sentiva che quella risata risanava di un poco le ferite nel cuore della piccola.
La bambina osservò con piacevole gusto di apprezzamento tutto il ben di dio che vedeva sopra il tavolo, apparecchiato con minuziosa attenzione.
Brioches, biscotti, fette biscottate, nutella, una crostata alla marmellata.
E davanti alla sua tazza fumante iniziò a mangiare soddisfatta.
-Mangia che sei uno scheletro, non vorrai mica diventare trasparente- disse la nonna, guardandola rincuorata.
Non si immaginava quanta verità risiedeva in quelle parole.
Spesso desiderava il dono dell'invisibilità e chiudeva forte gli occhi pregando che nessuno la potesse vedere. Spesso succedeva.
Un pò a casa, un pò a scuola, un pò in giro.
In quel momento però lascio da parte i suoi pensieri e approfittò di quella benedizione riempiendosi lo stomaco brontolante.
Fece però presto a riempirsi, data la sua ristretta forma.
Non mangiava mai troppo, non che non le andasse, ma i pasti di solito non erano mai troppo abbondanti, la povertà e la tristezza regnavano abitudinari.
Finita la colazione la bambina stava già con lo zaino sulle spalle e il nonno la guardò divertito -ti si annidano gli uccelli in quel garbuglio, vuoi per caso essere un nido e riempirti di cacca di piccione?-
La bambina si toccò i capelli e sentì un caos fatto di paglia su quella testa.
Corse nel bagno e cercò un modo per districare quel casino.
Iniziò a tirare, non sapeva il modo corretto per pettinare i capelli. Quindi si mise a far correre la spazzola verso il basso. Tirava con forza, cercando di eliminare quell'orrore.
E tirava, e strappava.
Lacrime di dolore salirono sui suoi occhi, le quali scesero lente, solleticandole le guancie.
E mentre le goccie piovevano dai suoi occhi, lei continuava incessante con quella sadica pratica.
Ciocche di capelli scendevano svolazzanti nel lavandino, goccioline chiare si mischiavano con esse. La cute della testa era dolorante, sembrava si fosse staccato anche parte del cuoio capelluto insieme ai suoi nodi.
-E lavati anche i denti- sentì la nonna gridare dall'altra stanza.
Prese lo spazzolino che i nonni avevano comprato apposta per lei e ci mise sopra una porzione di dentifricio, forse un pò troppo abbondante, non gliene importava.
Iniziò a spazzolare, forte, veloce, furiosa.
Sfregava le gengiva con decisione e quando fu uscito abbastanza sangue decise che l'interno della sua bocca fosse abbastanza pulito.
Sputò con rabbia il sangue e sorrise con soddisfazione.
Assaporò un sapore misto di ferro e menta, le piaceva.
Osservò poi il mischiotto che aveva creato e i lineamenti della sua fronte si aggrottarono in un'espressione di pensiero e preoccupazione.
Un mix di capelli, lacrime, sangue e dentifricio verde al mentolo ricoprivano sparsi il lavandino dei nonni.
Non era sicura di voler cancellare quell'opera d'arte che sembrava raffigurarla così bene, ma non voleva neanche che i nonni la sgridassero.
Quindi pulì tutto con la carta igienica e la buttò nel gabinetto. Fece una pipì breve, data la scarsa quantità di liquidi che possedeva in corpo e tirò lo sciacquone che tuonò nei suoi timpani.
Pensante si mise ad osservare come l'acqua eliminava furiosamente parte di lei e per un momento parve pensare che in quella cascata eliminatoria ci volesse entrare anche lei.
Scosse la testa, gli occhi le si erano appannati per un istante, imbambolandola.
Si asciugò con la manica del felpone il viso bagnato dalle lacrime e tornò dalla nonna.
Uscirono insieme per andare a scuola.
La accompagnò fino alle strisce pedonali che affacciavano sulla scuola, le strinse il viso con entrambe le mani e le diede un grosso bacio.
Le piaceva quel regalo.
Poi la salutò.
La poliziotta aiutò la bambina ad attraversare le zebrature bianche, bloccando il traffico con la sua paletta bianco rossa.
Giunta all'altro lato, ai piedi della scuola, la bambina si voltò, rimase un breve attimo ad osservare il bizzarro giubbotto della poliziotta grassottella, poi spostò lo sguardo.
La nonna era ancora lì, la stava guardando.
Sorrise e le regalò un saluto con le mani, sbracciandosi con timore che la bambina non riuscisse a vedere.
Ma lei vedeva, la sua anima osservava e il suo cuore intanto si scaldava.
Poi si voltò, abbassò la testa e a spalle chine entrò nella sua scuola.

FENICE | Storia Di Un'animaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora