"Questa vita"
ha detto mia madre,
"Figlio mio, va vissuta
Questa vita non guarda in faccia,
in faccia al massimo sputa"
Io mi pulisco e basta
con la manica della mia giacca
E quando qualcuno ti schiaccia
devi essere il primo
che attaccaNesli
-Ma cosa è successo!-
Esclamò sua madre.
Un lieve accenno di preoccupazione le comparse sui lineamenti del volto, piccoli occhi stanchi parevano interrogarla dallo specchietto retrovisore.
La bambina guardò attraverso il vetro e finalmente li vide.
Quei magici occhi tanto attesi la stavano guardando e lei sembrò volersi buttare in picchiata dentro di essi.
Mentre guardavano l'emozione la travolse.
Finalmente provò a connettere insieme i loro cuori, attraverso l'unione di quello sguardo.
L'intesa però durò troppo poco poichè la madre virò subito la traiettoria dello sguardo posandolo sulla strada, dando priorità al nero dell'asfalto anziché al nero dei suoi occhi.-Sono caduta-.
Rispose lei, guardando fisso nel vetro dello specchio, speranzosa di incontrare ancora quegli occhi color miele che al suo cuore parevano essere tanto desiderati.
Quel miele che sembrava così gelido in superficie, ma lei sapeva che sotto lo strato di freddezza negli occhi della madre il miele era morbidamente caldo.
La sua attenzione li bramava, il cuore le batteva forte, il corpo tremava di desiderio.
Le era mancata quella donna, sempre troppa occupata a tutto.
Tutto quello che non era lei e che toglieva tempo prezioso ai loro attimi.-Ma hai la bocca piena di sangue!-
-Mi sono morsa le labbra nella caduta-.
Ci fu un attimo di silenzio, lei sentiva solo il suo cuore battere forte, sembrava quasi volesse uscirle dal petto ed entrare nello nello sterno della madre, così da poter rimanere insieme per sempre.
Il suo cuore urlava in cerca di quello sguardo.
Le sarebbe bastato ancora un solo attimo di connessione.-Devi stare più attenta! Dobbiamo andare in ospedale?-
Le chiese la madre con voce sottile.
Nel suo animo sperava di non dover percorrere la lunga strada che portava all'ospedale, le attese duravano troppe ore, il suo corpo era troppo stanco e doveva ancora finire di lavorare.
La bambina sentendo percepire la preoccupazione della madre le disse che stava bene e il taglio sulla mano sarebbe passato in fretta.
La stato d'animo della madre sembrò sollevarsi e lei fu contenta di non essere risultata un peso nei confronti della donna del suo cuore.
-Ti porto con me al lavoro- le aveva detto con un breve accenno di triste sorriso ed il cuore della piccola scoppiò di gioia.Il dolore alla testa non si decideva a passare, il palmo della mano bruciava di dolore, la sete le seccava la gola avanzando fredda fino agli occhi, i quali arrossati le prudevano e bruciavano secchi.
Inoltre lo stomaco emetteva ruggiti profondi.
A lei non importava. Ora, era con la sua donna.
E voleva godersi quella loro intimità, perché la consapevolezza le punzecchiava il pensiero che quel loro tempo sarebbe presto finito.La bambina sdraiata nei sedili posteriori ormai aveva smesso di cercare gli occhi della madre.
Stava raggomitolata su stessa stringendo la pancia con entrambe le mani. Le ginocchia schiacciavano l'addome in modo da ripararsi dal freddo e dalla fame.
L'ansia le stava rosicchiando le viscere, sapeva che presto sarebbe arrivata la sera e l'angoscia strisciava lenta dentro il suo corpicino.
Ma non voleva ancora pensarci troppo, voleva solo godersi quei sottili attimi con sua madre.
Alla sera ci avrebbe pensato poi.
Quindi cercò di scacciare lontano da lei quell'insidiosa sensazione.
Si strinse forte nel suo felpone, nascondendo le mani all'interno delle lunghe maniche sfilacciate.
E lentamente, cullata dalla vibrazione delle ruote sull'asfalto e dal soffio del motore, le palpebre si abbassarono e lei si addormentò.Quando la macchina spense il motore lei si svegliò di soprassalto, come se qualcuno le avesse dato una botta in testa.
Si toccò svelta con una mano dietro la nuca e sentì duro il bernoccolo che le si era creato nella caduta a scuola.
Si rassicurò quando capì che non c'era nessuno a parte lei e sua madre.-Te la senti di aiutarmi o vuoi stare in macchina?-
La bambina non voleva abbandonare sua madre e decise quindi di scendere nonostante l'intenso malessere che la ricopriva.
Strisciando i piedi avanzò lentamente.
Il suo corpo procedeva sbandando, così in cerca di sostegno sfiorò la mano di sua madre, stando attenta ad usare la mano senza taglio.
Non voleva sporcare sua madre.
Lei sembrò sfuggire dalla presa e ritrasse leggermente la mano, come se avesse paura che quel contatto potesse riaccendere dell'emozione in lei.
Stanca delle pugnalate della vita aveva ancorato una corazza alle sue emozioni in modo da non poterle provare qualsiasi cosa le succedesse.
E sapeva bene che l'amore era una debolezza.
Quello che non sapeva però, era che la vita di sua figlia dipendeva proprio da quello.La bambina strisciò all'interno dello stabile e un colpo di svenimento la travolse.
E come se un fantasma le avesse fatto uno sgambetto, inciampò, andando a sbattere con la spalla contro il vaso di porcellana che saliva alto su uno scaffale.
Esso piombò al suolo rompendosi in tantissimi pezzi.Rimase un attimo scioccata, poi si piegò di colpo per raccogliere i cocci, già sentiva il rimprovero di delusione della madre.
Minuscoli pallini luccicosi le comparvero davanti agli occhi, si bloccò e aspettò impaziente la loro scomparsa.
Non voleva svenire ancora.
Non voleva che la preoccupazione invadesse la donna del suo cuore, poi lei sarebbe risultata un peso.
E la paura di non ricongiungere più i loro occhi si fece tagliente.-Cos'hai combinato! Vai in macchina e sdraiati che è meglio!-
Una ferita comparve sul cuore della piccola, la quale rimase gelata da quella sua affermazione.
Non voleva andarsene, ma non voleva deludere ancora la donna dell'amore e disubbiderle.
Quindi si girò e con occhi bassi camminò lentamente fino alla macchina.
Abbassò di poco il sedile passeggero in modo da riuscire a vedere all'esterno della macchina.
Fissava ossessivamente l'edificio, cercando di trafiggere le mura con lo sguardo in modo da poterci guardare attraverso e continuare il contatto con sua madre.
Si guardò le mani brucianti, accorgendosi che dell'altro sangue usciva attraverso piccole ferite, le si erano create quando aveva provato a raccogliere i cocci del vaso.
Strinse i pugni, avrebbe voluto schiacciare la rabbia della sua distrazione, la delusione dalla voce di sua madre, la tristezza che tagliava il suo cuore, la disperazione e il dolore che macchiavano la sua anima.
E mentre le voci nella sua testa le ricordavano della sua nullità, ricordandole ansiosamente l'arrivo della sera; gli occhi le si chiusero e lievemente si addormentò.Dall'alto osservavo con dispiacere quel suo sonno così movimentato.
Uomini neri senza volto vivevano nei suoi sogni.
Lei sola scappava con disperazione dalle loro enormi mani callose.
Avrei voluto baciarle la fronte, ma dall'alto non potevo avvicinarmi.
Dal mio volto scese una lacrima e notai che la stessa, precipitò silenziosa anche dall'occhio della piccola.
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FENICE | Storia Di Un'anima
PoesiaUn anima distrutta. Un viaggio disturbante. Fino a che punto può resistere un'anima?