"Si chiama bipolarismo."
Il dottore fissa il foglio sulla scrivania con quei suoi inespressivi occhi grigi e stanchi."Cosa comporta?" Mia madre cerca di tenere la voce ferma, ma trasuda ansia. Lo si può notare anche dal modo il cui si stringe le mani in grembo, incrociando le dita.
Odio quando lo fa.
"Be, le persone bipolari tendono a..."
Le parole del medico sfociano nell'oblio. Non ho voglia di ascoltarlo. Mi volto a guardare fuori dalla grande finestra, continua a piovere. Ormai è qualche giorno che va avanti così.
Odio la pioggia.
Ho sempre saputo di essere strana, non ho bisogno di ascoltare un vecchio che me ne dia la conferma e doverlo pure pagare.
Alla fine, c'è gente che soffre molto più di me. Non mi piace il modo in cui gli altri mi guardano e provano compassione per me.Non ho bisogno della compassione di nessuno.
"Costanza."
Il richiamo di mia madre mi riporta alla realtà. Sbatto più volte le palpebre, per mettere a fuoco la scena che mi si presenta dinanzi.
La stanza è bianca e spoglia. Solo alcuni poster con immagini del cervello e dettagliate spiegazioni del subconscio e dei problemi mentali.
Mia madre e il dottore mi guardano con un profondo cipiglio in fronte, una ruga che si aggiunge ai loro volti non più molto giovani.
Ormai mi succede sempre più spesso. Mi estraneo dal mondo esterno e mi perdo nei miei pensieri senza seguire più ciò che mi succede attorno. A volte mi succede anche in stanze piene di gente.
Mi concentro in cose semplici e di poco interesse per gli altri, ma che io trovo affascinanti. Ad esempio le gocce di pioggia sul vetro della finestra. A come scivolano sulla superficie trasparente e a come si aggregano le une alle altre, in un modo magico e... Puro.
"Costanza."
Questa volta è il dottore a richiamarmi.
"Ti senti bene?"
"Si."
"Hai sentito quello che ha detto il dottor. Marconi?" Mia mamma si sforza di sorridere.
"Ho trovato più interessante lo scorrere della pioggia."
Mia madre contrae la mascella e vedo un luccichio nei suoi occhi mentre guarda Marconi in segno di scuse.
Non è che sono cattiva, solo sono fatta così. Ma non lo dico con irrispetto, solo con estrema ovvietà.
"Il dottore ci stava spiegando il tuo problema, tesoro." Dice con voce morbida.
"Non lo chiamerei problema" interviene lo psicologo "direi piuttosto... Una diversità." Sorride sotto la barba bianca.
"Non sono una bambina, dottore. Mi dica quello che mi deve dire, senza giri di parole." Ribatto con decisione.
Marconi si irrigidisce un momento, scrutandomi con attenzione, come cercando le parole giuste da dire.
"Come stavo spiegando a tua madre, il bipolarismo è un problema psicologico. Si manifesta nell'adolescenza e può durare tutta la vita." Fa una pausa.Andiamo bene.
"Chi soffre di disturbo bipolare presenta gravi alterazioni dell'umore, delle emozioni, dei pensieri e del comportamento, presentano nell'arco della vita episodi di grande euforia, energia e buon umore, che di solito durano pochi giorni, altri, che arrivano appena dopo questi, nei quale il soggetto è in profonda depressione. Nel tuo caso, però, questo disturbo non è molto accentuato."
Corruga la fronte e mi fissa. Poi riprende.
"Tua madre mi ha detto che spesso sei molto giù, e che altre volte è impossibile farti stare ferma. È così?"
È ovvio che è così, idiota. Sennò non mi staresti spiegando cos'è il bipolarismo, no? Dio, la gente a volte è così fottutamente ottusa.
"Si."
Mia madre si muove a disagio sulla sedia.
"Si, dottore. Molte volte ha anche delle crisi pesanti... Quello di cui le ho parlato prima. Ma... Cosa si può fare? Si può cercare di stabilizzare il suo umore o...?"
Marconi si toglie gli occhiali e sospira passandosi una mano sul viso.
"Bisogna che la ragazza assuma adeguati farmaci." Prende una penna e scrive su un block-notes. "Ecco. Sono degli antidepressivi e degli stabilizzanti dell'umore. Qui ci sono le dosi che deve assumere."
Mia madre prende il foglio e legge.
"Si potrebbe fare qualcosa al livello... Psicologico? Delle attività che la potrebbero far svagare o che la farebbero sentire meglio."
Il dottore sorride e guarda nella mia direzione. "Questo glielo può dire sua figlia. Cosa ti piace fare, Costanza?"
Cosa mi piace fare? Non lo so nemmeno io. Mi piace il sole, e l'odore della pioggia che cade sull'asfalto caldo, stare a letto e scrivere quello che mi passa per la testa. Ascoltare la musica. Viaggiare.
"Viaggiare." Lanciò uno sguardo a mia madre.
"Dove vorresti andare?" Continua lo psicologo.
"In America. A Los Angeles." Dico sicura.
"Be signora, qui mi sembra chiaro cosa fare, in più le vostre disponibilità economiche mi sembrano molto buone. In ogni caso le servirà a non ricadere nei momenti di depressione."
Mia mamma non sembra per niente convinta.
"Dai mamma cazzo fammi andare! Io non ci voglio stare qui." Mi alzo dalla poltrona sulla quale ero seduta e mi sento pervadere dall'irritazione, la sento come un formicolio sotto pelle che si espande nelle vene.
"Non sarà pericoloso per lei? E se dovesse avere delle ricadute? Non possiamo mollare tutto e andare da lei..."
"Venite anche tu e papà con me. In ogni caso la sua ditta ha sede anche a Los Angeles, non ci sarebbero problemi. Poi, andremmo da un medico in America, oppure potremmo fare delle video conferenza con il dottor Marconi!" Parlo talmente veloce che la mia lingua inciampa su se stessa nell'ultimo tratto della frase. Da quello che ha detto il dottore, una caratteristica dei bipolari.
Mia madre e Marconi si scambiano uno sguardo preoccupato a causa del mio eccesso di gioia. Poi mia madre, dopo un cenno del dottore, sospira.
"Dobbiamo parlarne anche con tuo padre."
Sbuffo.
Ovviamente non è lui il problema, mi adora. Farebbe di tutto per me, e visto che il mio problema si è rivelato più grave di quanto i miei si aspettassero, credo non sarà difficile farli venire in America con me.
Dopo qualche accertamento e raccomandazione, lasciamo il centro psichiatrico. Continua a piovere.
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Ciao ragazze
Questo è il primo capitolo della fan fiction, spero vi sia piaciuto!
Seguitemi per i giornalieri aggiornamenti che farò!
XX Costanza
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Bipolar.
Fanfiction"Mi dispiace ma non posso andare avanti, non ci riesco. Perché vorrebbe dire che è tutto finito. Ed io non sono ancora pronta a lasciarti andare. È il problema è che, nonostante tutti i miei e i tuoi problemi, mi innamorerei altre mille volte di te...