Capitolo 5

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Quei suoi occhi.

Così profondi, così enigmatici.

Sembrava che contenessero tutti i dubbi dell'universo, come un pozzo senza fine in una landa desolata.

In quelle sue iridi del più banale castano, avevo visto uragani, tempeste e diluvi.

Vi avevo visto l'acqua e il fuoco.

Ho sempre passato la mia vita a guardare gli occhi della gente.
È lì l'unico luogo del corpo in cui, forse, esiste ancora un'anima.

E dentro a quegli occhi avevo visto un'anima tormentata.

"Signorina Castini."

Il preside mi richiama. D'un tratto la realtà mi piomba addosso come un macigno.

Quanto tempo è passato?
Secondi?
Minuti?
Ore?

Ho perso la cognizione del tempo, pensando a quel ragazzo che ho visto prima.

Sto avendo come un dejavu.

"Si scusi... Stava dicendo?" Cerco di mantenere la voce ferma, per non far trapelare il mio profondo turbamento.

"Le stavo dicendo che spero che lo spiacente episodio di questa mattina non si ripeta più. Lei che dice?" Mi lancia uno sguardo d'intesa.

Conosco gli uomini come lui: sono quei tipi che non vogliono problemi. Dá loro una via d'uscita, e loro coglieranno l'occasione al volo.

Non dovrei avere problemi.

"Certo, signor preside. Non succederà più." Dico con convinzione.

Dopo cinque minuti sono fuori dall'aula.

È stato facile, come da copione.

Cammino lentamente per il corridoio, allungo una mano verso la parete e sento la parete ruvida sotto i polpastrelli.

Assaporo la solitudine che mi attanaglia il cuore, ascoltando il rimbombare dei miei passi sulle piastrelle di terracotta bianca.

Chiudo gli occhi e inspiro profondamente, cercando di scacciare quei occhi dalla mente.

Cosa mi sta succedendo?

Suona la campanella e sobbalzo.
È già passata un'ora.

Un'oda di ragazzi si riversa dalle aule in corridoio e il rumore cancella i miei pensieri.

In lontananza vedo una chioma bionda e affrettò il passo per andare in contro ad Alex.

"Ehi! Dov'eri sparita?" Le chiedo.

Lei sembra un attimo confusa, poi si riprende.

"Connie! Scusa per prima, non ho potuto aspettarti fuori dall'aula" mi guarda complice "piccole perdite lì in basso"

Oh.

"Ah, capisco, comunque non preoccuparti." Sorrido comprensiva.

"Be, allora come sta andando la prima giornata di Inferno?" Ridacchia e mi prende a braccetto, trascinandomi per il corridoio.

"Potrebbe andare meglio." Le racconto dei ragazzi che ho conosciuto, e del disguido con il professore.

"Mm... Brutta merda." Sembra pensierosa. "Adesso cos'hai?"

Controllo velocemente l'orario.
"Matematica." Dico con disgusto.

Ho sempre odiato matematica.

"Anche io! Dai, andiamo."

Mi porta nell'aula di matematica, dove non ci sono facce conosciute.

A quanto pare, Alex è molto popolare: tutti la salutano e sembrano davvero felici di vederla. Lei mi ha già presentato metà classe prima che nemmeno me ne accorga.

Le lezioni passano relativamente in fretta, tra chiacchiere e riflessioni.

Sento un languorino allo stomaco e mi rendo conto che è ora di pranzo.

Mi dirigo in mensa con Alex, prendiamo il pranzo e cerchiamo un tavolo dove sederci.

Individuo Jack, Nash, Matt e Madison dall'altra parte della sala.

"Alex, ti dispiace se andiamo là con i miei amici?" In fondo, sono gli unici con cui abbia parlato oggi, a parte lei.

"Nessun problema!" Sorride e ci incamminiamo.

Non pensavo avrebbe accettato. Essendo un anno più grande di noi, pensavo che le ragazze popolari non stessero con quelli più piccoli. Ma a quanto pare mi sbagliavo.

Camminiamo velocemente tra i tavoli, è noto che tutti ci fissano.

O, meglio, fissano Alex.

In fondo, è davvero stupenda, sarebbe strano se i ragazzi non la guardassero come se fosse un dolce.

Solo uno sguardo è puntato su di me.

È seduto da solo, in un tavolo nell'angolo.

Il ragazzo di stamattina.

I suoi occhi incontrano i miei: ha un espressione vuota e imperscrutabile, e mi guarda finché non riesco più a sostenere il suo sguardo.

Abbasso la testa e accelero il passo, fino a raggiungere gli altri, che ridono e scherzano. Non riesco a sedermi, perché una mano afferra il mio polso.

Il mio cuore si ferma.

E se fosse... Lui?

Mi voltò lentamente e riprendo a respirare: è Alex.

"Che diavolo t'è preso? Ti sei messa a correre per la mensa!" Ha un'espressione preoccupata sul volto.

Il mio sguardo vaga involontariamente per la sala, fino ad andare ad incontrare Lui.

Alex segue il mio sguardo con incredulità.
"Dallas? Davvero?" Sbuffa e mi fa sedere al tavolo, prendendomi una mano tra le sue.
"Tesoro, tu a quel tipo non ti ci devi nemmeno avvicinare, capito?" Dice con dolcezza e convinzione allo stesso tempo.

"Perché?" Cosa potrà mai aver fatto di male quel ragazzo?

"È un idiota, ecco perché. Ma che dico idiota, è un essere spregevole!"
Fa una pausa e respira profondamente, come se stesse cercando di placare uno scatto d'ira.

La guardo perplessa.

"Lo conosci?"

"Ovvio che lo conosco. Quel coglione è stato sia con me che con mia sorella. Allo stesso tempo. Non è proprio una personcina per bene, no?"

Rimango di stucco, e sgrano gli occhi.

Allo stesso tempo? Caspita, non pensavo che i ragazzi fossero così insensibili.

"Fidati, Connie cara" mi guarda, quasi con compassione. "Stagli alla larga. Tu sei come un coniglietto, piccolo e indifeso, lui è una fottuta donnola assassina. Non ci penserà due volte prima di fotterti. E con fotterti, intendo davvero fotterti."
Alza un sopracciglio per essere sicura Di aver espresso il concetto.

Annuisco lentamente, ma il mio sguardo si posa nuovamente su di Lui, come attratto da un magnete.

Lui mi sta fissando, con uno strano ghigno sul volto serio.

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Ehii ragazze! Innanzitutto vorrei scusarmi per aver aggiornato così in ritardo, ma sono stata al mare e non ho avuto il tempo di scrivere.
Spero che vi sia piaciuto il capitolo e di essere riuscita a farmi perdonare!
Se vi ho intrigate, schiacciate la stellina o lasciate un commento!
Amo leggere quello che scrivete, mi fa un sacco piacere!
Be, al prossimo aggiornamento!

XX Costanza

Bipolar.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora