𝟕.

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𝐑𝐘𝐀𝐍

Dopo ciò che mi ha detto mio padre, non posso fare altro che torturarmi mentalmente.
Ciò che mi impone dall'età di 7 anni è davvero ciò che voglio?
Cazzo assolutamente no, non lo è mai stato, eppure, non ho la forza per ribellarmi, cioè si, c'è l'ho, ma qualcosa mi blocca, non me ne faccio problemi a fare il bastardo con gli altri, ad oppormi, a incutere timore, ma il mio regime del terrore non vale con mio padre.
Quando si tratta di lui, non riesco a fare altro se non ascoltarlo, anche perché, l'ultima volta che ho provato ad oppormi, all'età di 10 anni, non è finita bene.
Da questo deriva il mio tatuaggio al centro del collo con su scritto "devil doesn't sleep"

Questo tatuaggio esprime due cose, anzi, due persone.
Me e mio padre.
Due diavoli.
Solo che, la differenza tra me e lui, è che io sono Lucifero, il classico angelo caduto dal paradiso, solo che, a rimettermi in piedi dopo la caduta, non c'era un altro angelo, c'era il vero e proprio male, che si è insediato dentro di me, nonostante i tentavi di respingerlo.

                                                                                                                   𝐇𝐀𝐙𝐄𝐋

«Allora?Qualche idea su cosa fare domani?» domanda Lis

«Si, mettiamo le puntine sulla sedia del vice-preside!» esclama Roman soddisfatto della sua idea

«Qualche proposta intelligente?» dice Lis

«Qualsiasi cosa voi abbiate in mente, io passo, devo studiare» dico posando il bicchiere ripenso di succo all'ace

«Ma tu studi sempre!?» esclama Roman

«Roman, io studio per ottenere qualcosa dalla vita» spiego

«Cosa vorresti insinuare?Anche io ho studiato per arrivare qui a Stanford!» esclama fingendosi offeso

«Roman non lo sai neanche tu come hai fatto ad entrare a Stanford, data la tua stupidità» lo prende in giro mio fratello.

Rientro nella mia stanza, la luce soffusa del lampadario proietta ombre danzanti sulle pareti.
La giornata è stata lunga e faticosa, ma un senso di curiosità mi pervade mentre mi avvicino alla mia finestra.
Qualcosa attira la mia attenzione: una piccola scatolina di legno, elegantemente chiusa, poggiata al centro del piano.

Il mio cuore accelera mentre la prendo in mano.
Non ricordo di averla mai vista prima.
È ricoperta da una patina lucida, e la sua superficie è finemente lavorata.
Sento un brivido di eccitazione mescolato a un'ombra di trepidazione.
Apro il coperchio con delicatezza e rimango senza parole.

All'interno, un anello scintillante si erge come un piccolo faro.
La luce si riflette sulle pietre preziose incastonate, creando un gioco di colori che mi ipnotizza.
Non è solo un gioiello: è un simbolo di qualcosa di più profondo, la mezzaluna rossa, simbolo della protezione.
Accanto all'anello, un biglietto anonimo giace piegato, la calligrafia elegante si distingue nettamente sul cartoncino bianco.

Lo prendo in mano e, con un gesto di trepidazione, lo apro.
Le parole scritte sono semplici, ma cariche di significato:

"Per te, che meriti la mezzaluna rossa"

Chi può averlo lasciato?
La mia mente inizia a correre, a formulare teorie su chi possa essere il mittente.
Ricordo i volti dei miei amici, ognuno di loro ha una personalità unica, eppure nessuno sembra corrispondere a questo gesto così intimo. La curiosità si mescola a una sottile inquietudine.

𝐁𝐥𝐚𝐜𝐤 𝐅𝐥𝐚𝐦𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora