Capitolo 25

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Claire----

"Ciao bambola, come sta andando?" chiedo a Wi.

"Diciamo, mi fa malissimo tutto il corpo e sono molto confusa" dice grattandosi la fronte.

E' passata una settimana da quell'incidente; appena la macchina dei due si è accapottata, abbiamo inchiodato, facendo molta attenzione alla piccolina che si trovava dietro nel suo seggiolone che ha iniziato subito a piangere mentre io chiamavo l'ambulanza. Appena Sophie ha visto sua madre e quello che considera suo padre su una barella incosciente con una maschera d'ossigeno sulla faccia ha iniziato a urlare e a disperarsi, proprio come me che ho iniziato a piangere così forte da cadere in ginocchio, dopo di che ho chiamato Will disperata di raggiungermi perché non riuscivo a guidare. Una volta arrivato sono scoppiata di nuovo e per tutto il tragitto verso l'ospedale ho pianto tantissimo insieme a mia nipote. Siamo rimasti là tutta la notte aspettando delle notizie dal dottore, che, sinceramente, avrei preferito non sapere.

"Tesoro è normale, sei stata in come per una settimana e hai due costole incrinate in più hai entrambe le caviglie fratturate" le dico mentre mi avvicino al letto. Mentre mi avvicino mi fa una domanda che mi fa arrestare sul posto.

"James come sta?" chiede con voce preoccupata e io evito il suo sguardo sennò potrei iniziare a piangere.

"Sta bene tesoro, è nella stanza accanto" dico con voce tranquilla per fare in modo che non si preoccupi ancora di più, lo dovrà scoprire a tempo debito.

"Menomale, sono sollevata" dice e io mi giro di scatto, perché entra il dottore, giusto in tempo, perché mi stava scendendo una lacrima. 

James---

Mi sveglio lentamente, come se fossi emerso da un sogno profondo e denso. C'è un leggero ronzio intorno a me, un suono monotono che sembra seguire il ritmo del mio cuore. Apro gli occhi, ma la luce è accecante, e devo abituarmi.

Il mio corpo è pesante, ogni movimento richiede uno sforzo che non ricordo di aver mai fatto. Faccio un respiro profondo e sento l'odore del disinfettante. Dove sono? Le immagini si accavallano nella mia mente, vaghe e confuse. Poi, come un'onda che si ritira, arriva il ricordo di volti familiari.

Cerco di muovere le labbra, ma il suono che esce è appena un sussurro. "Dove... sono?" Il mio cuore batte forte, e l'ansia cresce. Ma poi la vedo: Claire, con il volto rigato di lacrime, ma con un sorriso che esplode di gioia. "Sei sveglio!" esclama, e la sua voce è come una melodia che risuona nel mio cuore.

Cerco di parlare, ma le parole si bloccano in gola. Il mio corpo sembra dimentico di come funzionano le cose. Mi giro, guardo la stanza. È sterile, bianca, ma ci sono fiori appassiti sul comodino, un segno che qualcuno è stato qui, che qualcuno si è preso cura di me. In un angolo, un monitor emette un beep regolare. Mentre osservavo quei fiori viola sul comodino iniziano ad apparire dei ricordi confusi, finché non mi appare un volto. Winter.

"Dov'è Winter? Coma sta? Devo andare da lei" dico e mentre provo ad alzarmi non mi sento più le gambe.

"Calmati James, sta bene è nella stanza accanto, ha solo le costole incrinate e le caviglie rotte" dice ma sento che c'è qualcosa che mi deve dire, non sta dicendo tutto e mentre mi guardo capisco che sono io quello che avrà qualche problema in più di semplici costole incrinate.

Mentre Claire apre la bocca per parlare entra nella stanza un'infermiera che fa cenno alla ragazza vicino a me di uscire e lei annuisce a testa bassa come se sapesse già cosa mi deve dire quella ragazza.

"Posso sapere che cazzo succede?" chiedo con tono brusco.

 La dottoressa parla con un tono gentile, ma le sue parole mi colpirono come un pugno nello stomaco.

"Dovrai adattarti a una nuova vita," disse. Quelle parole risuonavano nella mia mente come un eco inarrestabile. 

"Che cosa vuol dire scusatemi?" chiedo provando ad alzarmi una seconda volta, per lo stesso motivo e così capisco che cosa sta succedendo.

"Devo stare in una cazzo di sedia a rotelle vero?" chiedo e vedo che la ragazza annuisce a testa bassa.

 Una fitta di rabbia mi attraversò come un fulmine. La stanza sembrava chiudersi attorno a me, e il viso della dottoressa divenne un blur sfocato. Le sue parole, pronunciate con quel tono compassionevole, rimbombavano nella mia testa, ma io non riuscivo a sentirle. 

"Non è possibile," pensai, mentre la frustrazione si accumulava dentro di me come un uragano in arrivo. Ero stanco di tutto: di sentirti dire cosa potevo e non potevo fare, di questa nuova realtà che si stava costruendo attorno a me. Avevo sempre amato correre con le moto, guidare, sentirsi libero. E adesso? Adesso avrei dovuto dipendere da quattro ruote e da qualcun altro per muovermi.

"Devi stare tranquillo ragazzo, ringrazia il cielo che la tua ragazza sta bene proprio come tu figlia, non è una cosa definitiva, devi ancora fare tanta fisioterapia e solo impegnandoti riuscirai a sconfiggere questa cosa" disse con tono calmo quella ragazza.

"Sì ok va bene, però per favore fatemela vedere, voglio vedere con i miei occhi che sta bene" dico con gli occhi pieni di lacrime mentre la dottoressa lasciava la stanza, ma le cacciai via nel momento in cui la ragazza che più amo al mondo entra in questa stanza. Mi scappa un sussulto quando noto anche lei in una sedia a rotelle, ma ovviamente la sua motivazione non è uguale alla mia e dal grande sorriso che mi sta rivolgendo capisco che lei non sa nulla. Quando alzo lo sguardo da quella meraviglia noto dietro di lei Claire che la sta spingendo che mi fa un cenno del capo confermando così i miei pensieri. Lei non sa nulla e dovrò essere io a dirglielo. Come giusto che sia penserete voi, beh non proprio visto che devo ancora metabolizzarlo anche io, ma devo farmi forza, così potremmo sostenerci a vicenda e sarà più semplice e meno doloroso.

"Ciao piccola" dico e lei mi fa un gran sorriso.

"Ciao tesoro" dice e fa cenno a Claire di metterla sul letto vicino a me e la sua migliore amica così fa, la prende in braccio e la fa sedere vicino a me. Io le prendo la mano e la stringo forte.

"Tesoro c'è una cosa che devo dirti" 

"Ho ricevuto delle notizie... sulla mia condizione," dissi, cercando di fissare il suo sguardo. "Non camminerò più." Le parole uscirono a fatica, come se un grosso masso mi schiacciasse il petto.

Un attimo di silenzio. Winter sembrò congelarsi. "Cosa intendi dire?" chiese, la voce tremante. "Non capisco..."

"Dovrò stare su una sedia a rotelle... forse sarà per sempre," continuai, la voce che tradiva la mia emozione. "Non posso credere che sia successo a me. Non voglio che tu ti senta obbligata a starmi vicino... non so come sarà la mia vita ora."

Winter scosse la testa, incredula. "Ma... non puoi dire così. Io... voglio stare con te, non importa. La sedia a rotelle non cambia chi sei."

"Ma cambia tutto!" esclamai, l'ira e la frustrazione ribollivano in me. "Non sarà più come prima! Non posso portarti in giro, non possiamo fare le stesse cose, e non voglio che tu ti senta bloccata anche tu!"

"Non mi sento bloccata," disse, avvicinandosi. "Siamo insieme in questo. Non sei solo." La sua voce era calma, ma i suoi occhi brillavano di lacrime. "Lo affrontiamo insieme. Questo non ti definisce."

Mi sentii vulnerabile, ma anche un po' sollevato. "Non so come farò. Non so se sarò in grado di affrontare tutto questo," confessai, la voce rotta.

"Lo scopriremo insieme," rispose Winter, stringendo la mia mano. "Tu sei ancora tu. Non ho paura di quello che ci aspetta. Ho paura di perderti, ma non per quello che è successo al tuo corpo."

In quel momento, la sua forza mi colpì come una luce nella oscurità. Sapevo che la strada sarebbe stata difficile, ma avere Winter al mio fianco dava un senso di speranza. Non sarebbe stato facile, ma non sarei stato solo.


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