4. Edge of fear

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SUMMER

Flashback

Qualche anno fa...

Qualcuno bussa alla porta. «Aspetta, arrivo» dico a gran voce. Chiudo a chiave la mia camera, la privacy prima di tutto. Apro la porta ed è Beck, con il cappello girato all'indietro. Non capisco il suo modo di vestirsi, a me sembra solo uno di strada, ma lui si giustifica dicendo che questa è la moda di questi tempi.

«Entra, Beck» dico mentre richiudo la porta. Si siede sul mio letto, ma prima gli faccio togliere le scarpe, sporco e disordine non li tollero, e lui, come mia sorella, è il caos incarnato. Mi accomodo sulla sedia vicino alla scrivania e continuo a fare i compiti. Ho appena iniziato il penultimo anno di superiori, e voglio impegnarmi al massimo, soprattutto perché desidero entrare all'università dei miei sogni, la più prestigiosa di New York, la Columbia University. So bene che, con il nome della mia famiglia e l'influenza di mio padre, avrei un accesso facilitato, ma voglio farcela da sola. Voglio dimostrare a tutti che posso farcela e che non sono solo "la figlia di mio padre".

Beck non parla, e la cosa mi sembra strana. Di solito non smette mai di chiacchierare, in poche parole è una macchinetta parlante. Mi giro e lo guardo attentamente. «Che succede?» Mi concentro sulle sue mani che porta alla bocca, un gesto che fa sempre quando è nervoso. Mi alzo e vado a sedermi vicino a lui. «Beck,» prendo la sua mano, «che succede?»

«Mi devi fare un favore enorme, gigantesco. Posso fidarmi solo di te,» dice, esitante.

«Qualsiasi cosa, lo sai. Sei il mio migliore amico, farei di tutto per te. Cosa vuoi che faccia?»

Ci mette qualche minuto a rispondere. «Mi devi accompagnare in un posto.»

Annuisco senza fare altre domande. Saliamo in macchina e partiamo. Il breve tragitto scorre nel silenzio totale, né io né lui diciamo una parola. Beck spegne la macchina e scendiamo. Mi prende per mano, e io guardo l'ambiente circostante: siamo nel nulla. Camminiamo per qualche minuto, e piano piano inizio a vedere sempre più persone. Beck mi tiene stretta a sé, mentre tra la folla vengo spintonata qua e là. Sussurro all'orecchio di Beck: «Dove cavolo mi hai portata?» Non fa in tempo a rispondermi che la risposta mi si para davanti agli occhi, quattro macchine allineate, circondate da persone che urlano e incitano.

«Quando cazzo inizia?» grida un ragazzo dai capelli rossi, appoggiato a una Lamborghini verde. Una ragazza con pantaloncini cortissimi e un semplice reggiseno si avvinghia a lui e gli sussurra qualcosa all'orecchio. Il rosso incrocia il mio sguardo e mi fa l'occhiolino. Alzo gli occhi al cielo e seguo Beck. Ci fermiamo davanti a una macchina, la sua macchina. La riconosco: è la Bugatti Chiron Super Sport che suo padre gli ha regalato per il compleanno, qualche settimana fa.

«Cosa ci fa la tua macchina qui, Beck?» Gli stacco la mano dalla mia e lo fisso, aspettando una risposta.

«Gareggio,» risponde secco. Poi aggiunge: «E ti chiedo di salire con me. Mi serve una copilota.»

Scuoto la testa incredula. «Non puoi gareggiare. Capisco che ti manchi il mondo delle macchine, ma questo è illegale! È troppo pericoloso e non ti permetterò di farlo! Non lo farai, Beck!»

«Summer... devo farlo. Non posso tirarmi indietro, ho già accettato.»

«Non mi interessa! Ti tirerai indietro, a qualunque costo!»

Beck si avvicina e appoggia le mani sulle mie spalle. «Anche se il prezzo è la mia vita?»

«Cosa?» sussurro, confusa.

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