6. Adrenaline

2K 61 72
                                    



POV : SUMMER

Flashback

Fermo la musica. Mi guardo allo specchio, fatico a riconoscermi. I miei capelli biondi, perfettamente lisci, incorniciano il viso, eppure mi sembra che non appartengano a me. Il trucco è leggero, ma accentua i miei occhi, occhi che da sempre nascondono qualcosa. Il vestito bianco è un po' stretto, non è un vestito che sceglierei mai, ma è quello che mi viene detto di indossare. E lo indosso.

Poi arriva il suono familiare di un colpo alla porta, e una parte di me si stringe. Mi alzo lentamente, il cuore che accelera, come se qualcosa stesse per cambiare, come se mi stessi preparando a un'altra prova, e non a una che mi farà crescere, ma a una che mi segnerà. La porta la chiudo sempre, per un'inquietudine che non riesco a spiegare. Voglio che resti tutto sotto controllo, almeno nel mio spazio, almeno mentre sono sola con i miei pensieri. Ma non posso restare nascosta a lungo.

Mamma.
Mia madre entra. La sua presenza è come una forza che spinge tutto in un angolo. Il suo sorriso, di solito così luminoso, cade appena mi vede, e io lo sento come un giudizio. Senza dire nulla, mi fa sedere davanti allo specchio. Inizia a sistemarmi come vuole, con le mani che si muovono rapide, esperte, e non mi lascia neanche il tempo di respirare. La sua voce, sempre ferma, mi colpisce come un martello.

«Devi essere perfetta stasera. Ci saranno persone importanti. Tu devi brillare. Devi essere impeccabile, come non hai mai fatto prima.»

Le sue parole si fanno sempre più forti, come un'eco che rimbalza nella mia testa.

Brillare.
Impeccabile.
Perfetta.

Sono parole che mi hanno sempre perseguitato, ma che non riesco mai a tradurre in qualcosa che mi appartenga davvero. Io non sono questa ragazza che stravede per il palco, per i riflettori. Io non sono la violinista che tutti si aspettano che sia. Ma non posso deluderla, non posso abbattere l'immagine che mia madre ha costruito per me.

Annuisco, come faccio sempre. Non posso fare altrimenti. Se non le piaccio in questo momento, se non soddisfo le sue aspettative, cosa rimarrebbe di me? È sempre stato così. Da quando mi ha parlato di come ero, della vecchia me, nonostante mi sentissi completamente diversa ho voluto almeno soddisfarla  su qualcosa, sulla musica, sull'amore del violino.
Mi dice che devo essere perfetta, la verità è che non posso non esserlo. Non per me, ma per lei. Se non mi arrendo a questa visione che lei ha per me, se non mi conformo a quello che mi ha insegnato, che resterà di me?

È solo grazie alla mia famiglia se sono ancora viva, non si sono arresi con me, hanno sempre creduto che avrei riaperto gli occhi dal coma.

È soprattutto grazie a mia madre, che mi ha dato tutto l'amore possibile. Mi ama a modo suo, nonostante nella sua mente ci sia ancora un'immagine di me che non corrisponde a chi sono ora, o almeno a chi sono diventata. La persona che ero prima non esiste più, o forse non è mai esistita davvero, ma non posso attribuire colpe a chi mi circonda, a chi mi ha conosciuta in quel modo.

Mia madre mi sorride, finalmente soddisfatta del mio aspetto. «Ecco, così sei perfetta,» dice, con un entusiasmo che maschera l'ossessione che ha nel controllo ogni dettaglio. Su questo ho preso da lei.

Mi guarda, e io vedo negli occhi il riflesso di tutto ciò che si aspetta da me, e lo so, lo sento, che non posso deluderla. Mi ha dato tutto, è stato grazie a lei che sono rinata dopo il mio incidente, è sempre stata affianco a me e io non potrei mai non esserle grata di questo.

Scendiamo in salotto. Papà è lì, come sempre, con il suo sguardo concentrato sull'orologio. Mia, appena mi vede, spalanca la bocca, ma è una reazione che non mi fa sorridere come un tempo. La sua sorpresa è quasi una conferma: che tutto sia a posto, che io appaia come mi devo presentare. Eppure, dentro di me c'è solo un nodo di ansia, di fatica. Quella fatica che non so più se è fisica o mentale, ma che è sempre lì, nascosta sotto la superficie.

STORMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora