1. Fill your void

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Let it hurt until It can't hurt anymore

-Liam Ryan

SUMMER

Tempo fa

Seduta sul davanzale vicino alla finestra aperta osservo fuori. L'aria fredda mi colpisce subito, facendomi raccogliere le gambe e appoggiare il mento sulle ginocchia. I lampioni illuminano la strada , ormai è sera. Sobbalzo. Diversi fulmini squarciano il cielo, accompagnati da quel suono che produce, che mi fa tremare.

Mi faccio piccola, restando a osservare e ascoltare, combattendo contro la paura che mi stringe il petto. Un altro rumore, questa volta più vicino, mi fa scattare in piedi. Sembra provenire dal piano di sotto. Torturo il mio labbro inferiore indecisa. vado a vedere o corro sotto le coperte? La soluzione migliore sarebbe la seconda ma...

"Sii coraggiosa" mi ripeto, ricordo a me stessa più e più volte.

Apro lentamente la porta e cammino sulle punte, nel mentre nella mia mente scorrono velocemente possibili scenari, ma non ne trovo una che riesca a spiegare quel rumore. Scendo le scale e mi nascondo dietro la porta socchiusa della cucina. sbircio e con mia sorpresa vedo il pavimento pieno di cocci di vetro,
ma che cosa sta succedendo?

Qualcuno parla a bassa voce. Una figura alta e snella con lo sguardo verso la vetrata mi da le spalle, risalta subito all'occhio una lunga chioma bionda perfettamente liscia, è mia madre. Fa avanti indietro con le mani tra i capelli,mugola e sussurra tra se. Spinta dalla curiosità faccio dei passi in avanti ma mi blocco.

«Come hai potuto!» urla d'un tratto mia madre girandosi di scatto e puntando il dito contro qualcuno.

«Non parlarmi in questo modo!.» La voce maschile roca e profondo, la riconosco subito, è mio padre. Sporgo il viso più avanti, mia madre senza pensarci prende il primo oggetto che trova e lo lancia contro il muro distruggendolo in mille pezzi. Il rumore del vetro che si infrange mi fa tremare. Mi ci vogliono un paio di minuti per rendermi conto dell'oggetto che ha lanciato con così tanto furore.
La mia palla di vetro , quella con all'interno una rosa rossa, è ormai in frantumi, come il mio cuore. Quella palla di vetro era l'unico legame che avevo con la mia infanzia,l' unico ricordo rimasto prima di perdere la memoria a 10 anni.

Il dolore mi attraversa come una lama affilata, torturo il labbro inferiore fino a farlo sanguinare.

"Non piangere, solo i deboli piangono." Mi ripeto , come papà mi ha insegnato.

Poso lo sguardo di nuovo sui miei genitori. Sono vicinissimi uno con l'altro, separati solo dalla rabbia e dalla frustrazione che riempiono la stanza. E poi...

uno schiaffo. Chiudo gli occhi. Qualcosa dentro di me inizia a bruciare, il sangue mi ribolle nelle vene. Ispiro.

Un altro schiaffo. Apro gli occhi. Non mi nascondo più, spalanco la porta,cammino a piedi nudi  in mezzo a tutti quei cocci di vetro attirando l'attenzione di entrambi.

—-

Ora

I muscoli si rilassano a contatto con l'acqua calda,il dolore è ovunque, vorrei addormentarmi dentro la vasca immersa nella vaniglia e con sottofondo la voce di Isabel LaRosa, ma non posso.
Indosso l'intimo e avvolgo il mio corpo in un asciugamano e mi dirigo in camera mia.

STORMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora