Parte 10

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Il giardino era sopravvissuto quasi immutato da quando i nuovi conti si erano insediati. La servitù al completo di contro era stata allontanata , per timore che qualcuno fosse rimasto fedele a Don Predu Fiore, Bella Bea e le loro figlie. Soltanto Cicinni, il giardiniere era stato risparmiato da quella purga, perché Donna Murichessa, la nuova contessa, era rimasta estasiata quando per la prima volta aveva messo piede nel giardino nel giorno del suo arrivo al castello dalla città di Montresta, sulla penisola al di là del fiordo del Tirso. Era l'unica sezione del castello che non aveva snobbato, storcendo il naso; ne aveva tessuto le lodi di fronte a Bella Bea e a tutti gli astanti, sottolineando la sua certezza che il giardino fosse così ben tenuto, perché della gestione se ne occupava il compianto conte Don Predu e non la moglie. La madre si era risentita molto, Rianna lo sapeva, soprattutto perché la nuova contessa aveva fatto quel commento a voce alta, facendosi udire da tutti, per screditare il suo lavoro di conduzione del castello, ma aveva dovuto fare buon viso. Donna Murichessa aveva proseguito ad aumentarne le sofferenze di Bella Bea elencando tutti i cambiamenti che avrebbe presto apportato, per rimodernare e raffinare questa sala o l'altra. Quando la sorella di Rianna, Marianna aveva detto alla futura suocera che il merito per lo splendore del giardino fosse del giardiniere e non del padre, Donna Murichessa aveva fatto richiamare il povero Cicinni all'istante; da allora era rimasto l'unico lavoratore all'interno del castello che Rianna ricordasse della sua infanzia.

La conosceva fin da quando era nata. Curava il giardino per conto del padre coltivando solo fiori bianchi. Al centro del giardino si trovavano le due grandi vasche gemelle con le fontane. In quella con la statua della Dea Madre crescevano ninfee. Fiori di loto galleggiavano invece in quella con la statua del soldato Lussorio che in epoca passata aveva dato il nome al borgo. Dopo l'Inondazione, quando le popolazioni limitrofe si erano rifugiate sul monte Ferro, il borgo non aveva tardato a trasformarsi in una fiorente cittadina. Ora Lussoria era la città più grande della contea del Marghine, si sviluppava su entrambi i versanti della montagna. La posizione strategica ne aveva segnato la fortuna. Da lì si osservava ogni angolo della contea, si era in grado di avvistare nemici o invasori sia da terra che da mare con largo anticipo. Il castello Betzu sul versante ovest della catena montuosa, in tempi remoti era stato abbandonato; come ricompensa del bene fatto dalla famiglia di Don Predu dopo l'Inondazione, gli abitanti avevano eletto un suo avo come Conte. Per la sua famiglia avevano restaurato il diroccato castello. Riportato ad antichi splendori era divenuto la residenza dei conti, guidato da allora dagli eredi maschi della dinastia.

Intorno alle fontane del giardino, separati in aiuole ben curate crescevano mughetto, iris, pervinca, gelsomino, narcisi, ibisco, gerbere, garofani, camelie, calle, giacinti, peonie e dalie; a un lato del giardino un grande albero di magnolia creava una piacevole zona d'ombra per meriggiare. In qualsiasi periodo dell'anno suo padre, Don Predu poteva avere un fiore bianco da indossare.

Quella sua usanza era stata considerata da tutti uno vezzo femmineo riservato solo al conte. Grazie alla sua carica nessuno si sarebbe arrischiato ad accusarlo di poca mascolinità. In realtà rappresentava tutt'altro e Rianna ormai ne conosceva bene il significato. Prima di accettare la proposta di matrimonio di Don Predu, Bella Bea lo aveva avvisato che, come la carica di conte era ereditaria, passando al primogenito maschio, la famiglia di lei era altrettanto legata a una tradizione persino più antica: le madri avevano l'obbligo di concedere la prima figlia femmina alle sacerdotesse della dea Ishtar. Don Predu, incurante del voto della moglie, convinto di generare un maschio che ereditasse il suo titolo, aveva sposato Bella Bea. Quando ella era rimasta incinta, aveva reso Don Predu il più felice degli uomini, ma alla nascita di Marianna, la loro primogenita era caduto in un lutto profondo; aveva compreso che presto avrebbe perso quella bambina, destinata al noviziato e a prendere il bianco delle sacerdotesse. Da allora ogni giorno della sua vita aveva indossato un fiore bianco, a simbolo del virgulto che presto sarebbe stato reciso dal suo albero genealogico.

Tutti presero a chiamarlo Don Predu Fiore, ma se qualcuno ne avesse domandato il motivo, avrebbe ricevuto in risposta che la contessa essendo la donna più affascinante del Marghine, tanto da essere chiamata Bella Bea, aveva come marito un uomo attraente come un fiore. Quando il giardiniere aveva manifestato la difficoltà di reperire i fiori, lui aveva dato istruzioni di abbattere un uliveto e aveva progettato il giardino, per non rischiare di rimanere senza, in nessuna stagione dell'anno. Spesso Rianna lo aveva osservato passeggiare lì, quando da piccolina le dicevano "non disturbare tuo padre, sta prendendo delle decisioni importanti". Camminava lungo i vialetti, tra le aiuole, con le mani incrociate dietro la schiena, accarezzandosi ogni tanto il pizzo di barba bianca.

Il giardino era rimasto invariato, tranne che per la presenza invadente di piante di rovo. Donna Murichessa, quando aveva fatto richiamare Cicinni, gli aveva ordinato di coltivare anche quei cespugli, in onore del suo nome: "mora nera". Quando il giardiniere aveva provato a lamentarsi, spiegando che i rovi non fossero adatti a un giardino, che facilmente avrebbero infestato il resto delle aiuole, la contessa stizzita aveva risposto che il motivo per cui lui non era stato cacciato, come tutti gli altri domestici, fosse la sua abilità di svolgere il proprio lavoro e che quindi doveva impegnarsi a far crescere i rovi al meglio. Non avrebbero dovuto deturpare il giardino, ma diventare il suo segno distintivo. Non vedeva l'ora di vederne la prima fioritura bianca. Rianna sorrise pensando che anche la contessa era infestante; inoltre, così come la pianta faceva frutti dolci e neri, anche il frutto del suo grembo aderiva a quell'accostamento. Antine, lo sposo di sua sorella era il più bel giovane della contea, la chioma nera, folta e lunga era invidiata perfino dalle fanciulle. Gli occhi verdi color dello smeraldo risaltavano, contornati da sopracciglia e ciglia lunghe. Con uno sguardo seduceva qualunque damigella e si diceva ammaliasse anche qualche cavaliere. Rianna però intuiva che il suo cuore era nero come la mora. Si meritava di essere infilzato da Marianna, pungente e spietata come una spina.

Era così strano doversi introdurre nel giardino della sua infanzia come una ladra; era da poco passata l'alba, il castello era ancora avvolto dalla nebbia dell'aurora, ma se Cicinni l'avesse sorpresa lì, non ne avrebbe fatto parola con anima viva. Rianna voleva rendere omaggio al genitore prima di farsi annunciare e ammettere alla presenza delle sorelle. Così si era infiltrata nel parco, aveva raccolto un fiore di mughetto e ora si stava dirigendo verso la cripta in cui riposavano i feretri dei conti del Marghine. L'usanza del popolo era quella di bruciare i corpi dei morti per restituire le ceneri alla terra, ma esisteva una cripta in cui erano raffigurati i busti dei conti del passato. Le statue venivano conservate, affiancate da una stele con scritta la storia del defunto, per essere di ispirazione ai loro successori. Don Predu era stato il primo della stirpe a non generare un maschio; la contea alla sua morte si era spaccata in due: tra quelli che amavano sua moglie, Bella Bea e volevano con convinzione che continuasse a governare in vece del marito, c'era l'intera popolazione della città, appoggiata anche dall'Oracolo della Dea e le sacerdotesse. Nella fazione opposta invece gli abitanti di città lontane, alla periferia della contea; perseguivano la via del ereditarietà tramite il ramo maschile della famiglia; vedevano debolezza nel governo in mano a una donna e avevano eletto come nuovo conte Don Quirico. Egli era duca di Montresta, proprietario di gran parte della flotta navale del Marghine, un cugino di terzo grado di Don Predu, marito di Donna Murichessa e padre di Antine, lo sposo di sua sorella Marianna. Il padre sul letto di morte aveva chiesto che la sua statua fosse esposta alla luce del sole nel giardino, ma quando Don Quirico si era insediato, come primo atto autoritario per sottomettere Bella Bea e le figlie alla sua volontà, aveva fatto spostare la statua e la stele nella cripta, insieme alle altre.

Giunta di fronte alla statua, Rianna aveva imposto a se stessa di essere forte, ma ogni volta che ritrovava nella pietra i tratti del padre, le lacrime scendevano copiose sulle guance e lei non poteva nulla. Depose il fiore tra le mani della scultura, poi avvicinò il capo alle labbra fredde, per farsi dare un bacio sulla fronte, come lui faceva sempre quando era piccola.

«Mi manchi» gli disse, asciugandosi il naso e guardandolo negli occhi «sei andato via troppo presto, perdonami, perdonami se non sono nata maschio. Per tutta la vita sei stato triste, in attesa di perdere Marianna, ma presto lei siederà al posto che in passato è stato della mamma. La nostra famiglia attraverso i suoi figli proseguirà la tua eredità. Tuo nipote un giorno sarà conte. Sono io quel fiore, lo sono sempre stata. Domani affronterò le prove iniziatiche e prenderò il bianco. Volevo che fossi il primo a saperlo. Mi manchi così tanto». Poi abbassò lo sguardo, fece un profondo respiro per riprendersi, si rinfrescò il viso da una delle fontane e si avviò verso il castello. Non voleva dare soddisfazione alle sorelle e far vedere loro che aveva pianto.

Il Cimitero degli Dei - 1. Il Principe PastoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora