Parte 12

12 4 2
                                    

Bea sentì il cuore stringersi nel petto, vedendo la figlia entrare nella sua stanza. Sapeva già cosa Rianna si accingeva a comunicarle; contava i giorni da quando l'Oracolo l'aveva portata con sé per intraprendere il noviziato. Aveva ancora bene impresso nella memoria il ricordo di quando molti anni prima sua sorella maggiore, Ermengarda, era stata portata via dall'Oracolo. Bea aveva pianto tutte le lacrime che una bambina potesse piangere. Durante la sua infanzia si era affezionata e legata alla sorella che le aveva fatto da seconda madre. La mamma le aveva spiegato che quello era un onore per la famiglia; il loro destino era di servire la Dea da secoli e secoli, avrebbe dovuto essere forte; un giorno sarebbe arrivato anche il suo turno di lasciare andare la prima figlia. La consolava, affermando che con il tempo avrebbe capito l'importanza di quella tradizione e l'avrebbe vissuta come una gioia, un dono per la Dea. Ma il giorno in cui l'Oracolo si era allontanata con Rianna, il cuore di Bea si era spezzato.

Fin dalla nascita di Marianna, Bea si era abituata all'idea che prima o poi l'avrebbe persa; aveva tentato di assecondare il destino non attaccandosi troppo alla bambina; forse non era riuscita a trasmetterle tutto l'amore materno necessario, considerando la donna che Marianna era diventata oggi, e Bea si incolpava per aver trascurato la sua primogenita. Aveva agito così, convinta che, crescendola in quel modo distaccato, la separazione sarebbe stata meno traumatica per entrambe; la bambina sarebbe stata più forte per sopportare la vita che la aspettava. Invece aveva allevato una donna viziata, arrogante e avida, che si era sentita eliminata dall'affetto della madre e non si faceva scrupoli a eliminare gli altri.

Al contrario aveva riversato su Rianna tutto l'amore che poteva. Era la sua piccolina; anche il marito, dopo la delusione iniziale di non aver generato un maschio, si era sciolto e con Rianna era stato meno severo che con le altre figlie; forse l'età che avanzava l'aveva reso più permissivo. Rianna era cresciuta buona, altruista, amava la natura, camminava scalza nei giardini, correva con i cani su e giù per i monti, cavalcava, rincorrendo cavalli selvatici nei boschi; tutti al castello la adoravano e lei con la sua generosità ricambiava l'affetto, concedendo sempre un pensiero gentile a ciascuno, dal Conte suo padre all'ultimo dei garzoni. Quando l'Oracolo aveva proposto il matrimonio di Marianna, Bea si era stupita, ma il vero trauma lo aveva vissuto quando ella, in sostituzione della primogenita aveva rifiutato di portare con se Arianna e aveva preferito Rianna.

Il cuore di Bea, già indebolito dalla perdita del marito e dai fatti che ne erano conseguiti, aveva ceduto definitivamente. Cercava di non darlo a vedere alle figlie, di non mostrare debolezza di fronte alla nuova contessa, ma sentiva che il dolore cresceva sempre di più; la fiamma che una volta ardeva impetuosa si stava pian piano affievolendo.

Vedendo Rianna entrare, sentì le lacrime salirle agli occhi.

«Mamma, come ti senti? Mi hanno detto che non stai bene».

«Mi sento solo un po' debole, mia cara, nulla che non possa guarire presto con un po' di riposo».

Rianna era andata al caminetto, aveva aggiunto legna alla brace e riattizzato il fuoco.

«Oggi c'è molta umidità, non capisco perché insisti a voler restare in questa stanza. Spostati nella mia, io non ne ho più bisogno».

«Dormire lì mi ricorderebbe ogni istante che ti ho persa, più di quanto non faccia già».

«Madre, non devi soffrire per me, non mi hai persa, né abbandonata. Ho trovato la mia strada nell'amore per la Dea e le sue creature. Sono molto più felice lì di quanto sarei mai stata vivendo nel lusso, senza far nulla, in attesa di diventare la moglie di qualcuno, generare figli e gestirgli la casa».

«Detta così, mi fai sentire di aver buttato tutta la mia vita, poiché l'ho vissuta esattamente a quel modo».

«Ma tu non l'hai sprecata, adoravi quella vita, nostro padre. L'amministrazione del castello era ineccepibile, sei stata una perfetta contessa, hai consigliato tuo marito in molte occasioni, gli sei stata accanto nei moment difficili e vi siete amati in maniera profonda. Hai avuto la fortuna di essere promessa a un uomo del quale ti sei innamorata. Hai amato noi e ci hai cresciute al meglio. Non avrei potuto desiderare una madre migliore».

«Mi piacerebbe che anche tua sorella Marianna potesse pensarlo. Sono stata egoista con lei; per non soffrire della sua inevitabile perdita sono stata distante, e ora guardala: insensibile e anaffettiva. Ed è solo mia la colpa».

«Non giudicarti e non sentirti in colpa, hai agito come meglio hai potuto. Eri giovane, convinta di fare il meglio per entrambi. Non si può negare che Marianna sia diventata una donna forte, come speravi. Ma non addolorarti per me, non dubitare della mia felicità di trovarmi dove sono. Libera dagli obblighi della corte, posso vivere profondamente il contatto con la natura; celebro la vita ogni giorno attraverso i rituali per la Dea. Ero destinata a questo, il futuro ha qualcosa in serbo per me, lo sento. E non vedo l'ora di scoprire cosa sia, guidata dal volere della Dea».

Quelle parole diedero un po' di pace al cuore spezzato di Bea, la figlia sembrava sincera ed entusiasta.

«Domani affronterò le prove, sono sicura che tutto procederà senza ostacoli. La prossima volte che ci incontreremo indosserò il bianco delle sacerdotesse di Ishtar».

Bea sapeva esattamente in cosa consistessero le prove. Anche se l'iniziazione era segreta a tutti all'infuori delle religiose, quando la sorella Ermengarda aveva preso il bianco, le aveva raccontato ogni dettaglio delle tre prove. Bea era terrorizzata all'idea che il giorno successivo Rianna avrebbe affrontato i medesimi pericoli. Ma era fiduciosa, come la sorella e molte altre donne prima di lei erano riuscite nell'impresa, Rianna non sarebbe stata da meno. Era più magra e muscolosa di quando era partita con l'Oracolo nove mesi prima, il corpo si era temprato con la preparazione fisica quotidiana col bastone. La pelle candida era abbronzata, i lunghi capelli neri sempre sciolti al vento, erano ordinati e raccolti in una crocca, come in uso tra le novizie. Da piccola la vestivamo con le stoffe più pregiate e colorate provenienti dall'ovest e dal sud, frutto dei commerci navali di colui che adesso sedeva al posto del marito defunto. Oggi invece la figlia indossava una lunga veste di cotone azzurra, senza decorazioni, senza fronzoli; le sorelle non l'avrebbero indossata nemmeno per andare a dormire.

«Sono sicura che andrà tutto per il meglio. Sii forte figlia mia, ma ricorda che la concentrazione e la consapevolezza sono il segreto per affrontare tutti i pericoli della vita. Nell'indecisione, chiudi gli occhi e ascolta il tuo respiro».

«Grazie mamma. Ora devo scappare. Mi spiace non potermi prendere cura di te e andare via mentre sei malata, ma non ho avvisato nessuno del mio allontanamento per venire a salutarvi e devo essere a Tamuli per metà mattina per iniziare la meditazione. Ti voglio bene, guarisci presto. Domani conquisterò il mio brandistocco».

Dicendo questo la abbracciò, le diede un bacio sulla guancia e se ne andò senza voltarsi.

«Buona fortuna figlia mia. Benevola sia la Dea con te». Lo aveva sussurrato in maniera automatica, era il modo in cui l'aveva spesso salutata la sorella Ermengarda e ci si aspettava la medesima frase in cambio; ma non sapeva perché avesse pronunciato quelle parole. Come le sue figlie maggiori, anche Bea credeva che la religione fosse solo una superstizione da ignoranti; in questa dea non ci aveva mai creduto.

Il Cimitero degli Dei - 1. Il Principe PastoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora