Capitolo XII/1 - Solidarietà

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Leonardo

Non ho più alcun motivo per restare qui.

Ho raccolto tutto quello che potevo. Ho osservato Daniel, colto nuove sfumature che potrebbero rivelarsi punti deboli, e ho acquisito dettagli inaspettati sui demoni, che davano per scontato sapessi.

Devo restare ottimista, o finirò per affondare come un relitto nel cuore del mare.

"Sembra che la serata stia per concludersi," commento, mantenendo un tono neutro. Mi illudo che così la tensione possa allentarsi.

Il silenzio che segue, però è pesante. Tutti sembrano d'accordo, almeno per ora.

Daniel mi osserva con sguardo cupo, poi si alza per farmi passare. Sembra calmo, ma so che dentro sta fremendo tanto quanto me. Gli rivolgo un cenno con il capo, un muto ringraziamento, e provo a sollevarmi dal divano.

Ma qualcosa mi trattiene. Mi assale una sensazione innaturale.

Compare uno strano fastidio nel fianco destro, mai provato prima. Abbasso lo sguardo e lo vedo. Un pugnale. La lama mi ha perforato la pelle, ed è affondata fin quasi a sfiorare gli organi. La mano che lo impugna appartiene a Renzo.

Resto sorpreso e lui immobile, con la presa sicura.

Riesco a percepire... il freddo del metallo che si espande nella ferita e si mescola al calore del mio corpo. È una sensazione aliena, quasi surreale. Sento la lama come se fosse parte di me, una parte estranea, ma in qualche modo viva.

Non posso percepire la temperatura degli oggetti, nemmeno quella del mio corpo, quindi mi sembra così impossibile.

"Dai, ero solo curioso. Mi hanno detto che dovevo fare esperienza sul campo, e quando mi ricapiterà di avere uno come te davanti?" Renzo sorride con una tranquillità inquietante, un ghigno sadico segna il suo volto.

"Non dovresti sentire nulla, da quello che ho capito."

La sua mano si muove prima che io possa reagire, e la lama viene estratta con una velocità impressionante.

Rimango sospeso tra l'incredulità e... il dolore? Non lo capisco subito, finché il freddo si trasforma in una fiamma che brucia sotto la pelle.

Adamo non dice nulla per un lungo istante, ma i suoi occhi verdi diventano furiosi. "Non intendevo questo, prima."

"Sei incommentabile. Dopo farò un bel discorsetto a ognuno di voi irresponsabili," conclude il rimprovero massaggiando il volto.

Daniel si limita ad alzare le spalle, indifferente, e si sposta verso l'altro divanetto, attirato dalla donna che ora mi osserva in modo diverso. Non più litigiosa, ma quasi incuriosita.

"Non... non ho sentito nulla..." cerco di spiegare, ma le parole mi scivolano via, spezzate dal respiro che comincia a farsi corto.

Una pressione insopportabile si fa strada nel fianco, e poi sento come se la pelle stesse per lacerarsi da sola.

"Meglio che... vada," tento di alzarmi. Ma le gambe non rispondono.

D'istinto poggio una mano sulla ferita. Sento un liquido caldo filtrare tra le dita.

Sangue. Il mio sangue. E allora arriva lei, la paura. Quella vera, quella che ti immobilizza, quella sconosciuta che mi cerca inspiegabilmente.

Mi attraversa come un lampo, e capisco, con spietata chiarezza, quanto sono diventato vulnerabile.

Sono ferito, circondato dai nemici, troppo lontano dall'uscita. Loro potrebbero finire il lavoro in un istante, uccidermi.

Daniel potrebbe finalmente eliminare il suo problema. Io.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 5 days ago ⏰

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