Esco dal bagno con il rasoio stretto in mano. La lama scintilla nella luce fioca, il manico è scivoloso sotto le mie dita umide. Il cuore mi martella nel petto, così forte che quasi mi manca il respiro. Ogni passo mi sembra un'agonia, il pavimento freddo sotto i piedi nudi manda brividi che salgono lungo le gambe. Il silenzio della casa è irreale, quasi opprimente, interrotto solo dal ticchettio distante della pioggia che tamburella sui vetri. Mi sento come una preda, braccata in un labirinto di ombre, e ogni ombra mi osserva, mi soffoca.
[Uccidilo prima che ti faccia del male. Se non vuoi essere la preda, devi diventare la predatrice.]
La voce s'insinua nella mia mente come un veleno. Ogni parola è un sussurro tagliente che mi trafigge i pensieri, mi fa irrigidire, paralizzata in cima alle scale. Il corrimano freddo sotto la mia mano mi dà l'illusione di stabilità, ma ogni fibra del mio corpo è tesa. Faccio un passo, solo uno. La luce calda della lampada all'ingresso illumina appena il primo gradino, mentre il resto del piano inferiore è avvolto da un'oscurità densa e inquietante. Sembra che il buio stesso mi osservi.
[Se non ha cattive intenzioni, perché se ne sta al buio?]
Sento il rasoio pulsare nella mia mano, come se avesse una volontà propria, come se fosse vivo. Mi fermo, il respiro si fa più corto, e un pensiero mi attraversa: non voglio farlo. Non voglio diventare quella persona. Ma non so cosa fare. Il confine tra la paura e la realtà sembra dissolversi.
[Lo sai cosa devi fare. Ma se vuoi, te lo mostro.]
Un lampo nella mia mente, ed è come se tutto cambiasse in un istante. Sono in salotto, e George è lì, seduto su quel divano, quel divano. Le ombre danzano attorno a lui, la luce fioca scolpisce i contorni del suo volto. Sembra tranquillo, rilassato, le spalle abbassate e gli occhi socchiusi, come se nulla potesse toccarlo. Il suo respiro è lento, ritmico. Mi avvicino silenziosamente, i piedi accarezzano il tappeto, ma dentro di me il terrore cresce. Sento ogni battito del mio cuore come un colpo di martello.
Quando si accorge di me, solleva lo sguardo. C'è un sorriso sul suo volto, ma si spegne subito. I suoi occhi incontrano la lama del rasoio, aperta e scintillante nella penombra. Il terrore gli si dipinge sul volto. Lo vedo congelarsi, il tempo sembra fermarsi.
Non fa in tempo a reagire.
Con un ringhio animalesco, gli balzo addosso, come una bestia affamata. Digrigno i denti, il viso contratto in un orribile sorriso. La lama affonda nella sua carne con un suono morbido e spaventoso, tagliando la gola in un colpo solo. La lama del rasoio affonda nella sua carne, recide la gola. Il sangue esplode, caldo e vischioso, inzuppando le mie mani, imbrattando il mio vestito e il divano, scorrendo a fiotti. Il sapore ferroso mi riempie la bocca, denso, nauseante, delizioso. George emette un gorgoglio soffocato, il suo petto si solleva per l'ultima volta. Gli occhi, spalancati e terrorizzati, mi fissano, cercando disperatamente qualcosa, forse perdono.
Scuoto la testa violentemente. L'immagine si spezza, frantumata come uno specchio caduto a terra, come la vetrina del salone di Linda. Sono ancora ferma sulle scale, aggrappata al corrimano, il fiato corto, tremante. Il rasoio è ancora nella mia mano, ma ora sembra pesare il doppio, come se stesse risucchiando tutta la mia forza. Non lo voglio fare. Non voglio ferirlo. Non voglio ucciderlo. Mi sento nauseata. Le mie gambe tremano mentre un'ondata di adrenalina mi sommerge. Scappare. Potrei solo correre fuori da qui, fuggire da tutto questo.
[E a cosa servirebbe? Hai visto com'è fuori. Sei sola. Nessuno ti aiuterà. Loro ti odiano. Vogliono farti del male o ti ignorano. E se succedesse qualcosa di brutto? Al massimo, starebbero solo a guardare.]
No, non è vero. Ci sono persone gentili là fuori. Non tutti mi odiano.
[Chi? Linda? Quella morta?]
Linda... il dolore mi trafigge come una lama. Linda non c'è più. Ma John... John è stato gentile. Lui mi ha ascoltata. Non mi odia.
[Sei sicura che fosse reale? O te lo sei solo immaginata?]
No, no, non me lo sono immaginata. John era reale, era lì con me sull'autobus.
[Come non hai immaginato di uccidere George proprio adesso? Forse hai riso e parlato da sola su quell'autobus, e tutti ti hanno guardato come una pazza. Di cosa avete parlato, davvero?]
Abbiamo parlato della radio, di quello che ci piace ascoltare...
[Oh, di me, allora! Sono lusingato! Vedi? Sono sempre con te.]
Non è vero. John era con me, era reale, l'ho visto. John era lì. Era reale. Io lo so.
[Un galante veterano, ex soldato che ha combattuto contro i giapponesi, gentile proprio con te? A me sembra decisamente un'allucinazione. Oh, Niffty, non sai più cosa è reale e cosa non lo è, vero?]
Mi manca l'aria, il mondo sembra vacillare. Il pavimento sotto di me diventa un mare di ombre ondeggianti. Le pareti sembrano stringersi, avvicinarsi, soffocarmi.
[Tranquilla. Io sono reale.]
La voce mi sussurra con dolcezza maligna, avvolgendomi come un abbraccio, una coperta pesante. Sento il panico che cresce, una pressione insostenibile sul petto. George potrebbe essere al buio, in agguato. Potrebbe volermi fare del male. La mia mente mi sta tradendo. Cosa è reale? Cosa no?
Ogni parola si insinua nella mia mente come una lama sottile, tagliando via ogni certezza, ogni barlume di lucidità. Sento il panico che cresce dentro di me, una pressione insostenibile sul petto. Non riesco a respirare.
[Se non puoi fidarti di me, di chi ti fiderai?]
La voce si fa più dolce, più rassicurante, ma c'è qualcosa di freddo, di crudele, nascosto sotto la superficie. Ho paura. Non riesco più a capire cosa è reale. George potrebbe essere lì, al buio, pronto a farmi del male. Oppure no. Oppure sono io a essere il pericolo, una minaccia che si muove nell'ombra. La mia mente mi sta tradendo. Ma non posso fidarmi della voce. Non posso.
Cerco di respirare, ma ogni respiro è un sibilo strozzato. La paura mi stringe la gola, mi blocca i polmoni. Il rasoio è ancora lì, nella mia mano, freddo, tagliente. Lo guardo, terrorizzata dal potere che ha su di me, e in quel momento capisco. Non è George che devo temere. Sono io.
[Brava, hai capito. Tu sei il vero pericolo. Uccidere può darti il controllo, darti forza, farti sentire... il piacere. Puoi scegliere di smettere di subire e avere paura, o lasciare che un mondo che ti odia ti faccia ancora del male, cosa farai?]
Devo solo scappare. Il pensiero mi attraversa come un fulmine, improvviso e vitale. Scappare. Devo andarmene da qui, lontano da questa casa, lontano da tutto questo. Prima che sia troppo tardi. Prima che io faccia qualcosa di irreparabile. Mi aggrappo al corrimano, le dita tremano mentre stringo il legno freddo, e faccio un passo indietro, lontano dalle scale. Mi volto verso la porta.
[Scappare? Da cosa stai fuggendo, Niffty? Dal mondo? O da te stessa? Sai che non puoi farlo, in nessuno dei due casi.]
La voce ride, una risata soffocata, sibilante, che rimbalza contro le pareti della mia mente. Cerco di ignorarla, ma ogni fibra del mio corpo sembra invasa dal suo veleno. Devo uscire da qui. Ma il pavimento è come incollato ai miei piedi, le mie gambe pesanti come piombo. Faccio fatica a muovermi.
[Non puoi scappare, sai? Sei intrappolata qui. In questa casa, in questo mondo. Qui, nella tua mente. Ovunque andrai, io sarò sempre con te. Sono e sarò il tuo migliore amico.]
Chiudo gli occhi con forza, stringendo il rasoio fino a sentire il dolore nei polpastrelli. Il dolore è reale. È la sola cosa reale in questo momento. Faccio un altro passo verso la porta, il suono del mio respiro affannato mi rimbomba nelle orecchie.
Mi sento in trappola, in balia di qualcosa di più grande di me. Mi tremano le mani, e il rasoio scivola per un attimo. Ma poi lo stringo di nuovo, decisa. Non posso scappare. Non posso più permettermi di essere debole. George è giù, al buio, ed è pronto a colpire. Lo sento.
Devo proteggermi.
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I Used to Love Him (But I Had to Kill Him)
FanfictionE se Niffty e Vox fossero stati sposati in vita? [📺🪲Staticbug] ⚠️ ATTENZIONE: Questa fanfic potrebbe contenere linguaggio scurrile, violenza, problemi mentali, sesso, scene violente, abusi e dipendenze. ⚠️ 🍸🎲Anche Husk afferma che è meglio non e...