Cap. IV

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Una piccola goccia giunta dal cielo cadde sulla mia guancia sinistra.
Pochi istanti dopo, ne seguirono altre, e poi altre ancora. Migliaia di piccole gocce d'argento adesso stavano cascando dal cielo con una collera poderosa. Una pioggia così arrabbiata, si poteva trovare solo a Londra. Nebbia, tanta nebbia, così tanta che fuori dall'aereoporto, ebbi difficoltà a trovare l'area riservata ai taxi. O forse sarebbe meglio chiamarli black cabs.
Fu la prima volta, per me, a Londra. Da adolescente mi barcollava spesso l'idea di venire a visitarla un giorno, e di visitare inevitabilmente l'appartamento 221 di Baker Street, proprio quello del celebre e mitico Sherlock Holmes. Le mie coetanee leggevano romanzi per ragazzi del tipo, che so, Piccole donne. Io invece, leggevo in modo quasi ossessivo Il mastino di Baskerville e volevo ad ogni costo sapere come il maestro Holmes, avesse risolto il mostruoso dilemma che avvolgeva la villa degli eredi di casa Baskerville. Ma a quanto pare il destino a volte inverte le carte, e disfa come una violenta corrente completamente tutti i tuoi piani. Mi trovavo a Londra per cercare un uomo assai pericoloso.
Jason. Jason Cai Ashbourne. Sulla quarantina, alto un metro e ottanta, americano. Era lui l'uomo che dovetti inevitabilmente trovare. Oh e ci riuscì, caro lettore, ma prediligo l'antico metodo di raccontare le cose nel loro preciso ordine. Dunque. Mi ritrovai fuori da quell'aeroporto, per poco avrei perso il taxi che Roman, personalmente, aveva prenotato per me. Roman era un membro esclusivo dei servizi segreti russi, di cui più tardi scoprì il reale nome, con l'acronimo S.O.R.F, in inglese, Secret services organisation of the Russian Federation. Anche se faceva il killer, si occupava comunque di una piccola parte amministrativa dell'organizzazione, poiché vantava di un curriculum molto promettente, ovviamente niente di legalmente espositivo. Quindi si può dire che poteva dedicarsi al lavoro d'ufficio, se così si può chiamare.
Salì su quel taxi mentre l'autista sistemava la mia valigia all'interno del bagagliaio. Il signore basso dall'impeccabile accento inglese capii subito che fossi straniera, e mi fece questa piccola gentilezza. Che strano, avevano tutti quel buffo accento inglese, e dico "buffo" perchè era così tanto evidente il fatto che fossero inglesi.
Londra aveva una luce speciale quel giorno. Forse perchè era la prima volta per me, in quella città, o forse perchè dopo un lungo periodo condotto da galeotta, potevo vedere la luce del mondo liberamente. "Ad Hannah, Londra sarebbe piaciuta così tanto. Ne sono sicura, è ossessionata da quell'Harry Potter come niente e nessuno in questa terra." Come può una madre non rivolgere il pensiero al figlio, o alla figlia? io penso che sia assolutamente impossibile. Anche se il mio pensiero fu rivolto sempre verso di lei. L'avrei sentita, prima o poi, dovevo riuscirci. Non potevo aspettare un anno, cosa avrebbe pensato quella bambina? e mia zia? Avrei inconfutabilmente trovato il modo per parlarci. A rompere la mia catena montuosa di pensieri, fu una telefonata nel cellulare che il signor who (si, lo chiamai così dato che nessuno di noi, nemmeno Roman, sapeva qualcosa riguardo la sua identità) mi diede qualche ora prima di partire. Era Roman.
<<Pronto? Chi è?>> normalmente, ad una chiamata da parte di uno sconosciuto avrei risposto <<E chi sei tu? Sto lavorando. Imbecille.>> avevo poca pazienza, soprattutto quando la vita diventava un po' difficile.
<<Sono Roman, ascolta Ines, devo avvertirti di una cosa, è importante. Sei impegnata?>> dal tono capii che era davvero importante come diceva. <<No, sono sul taxi, mi sto dirigendo vicino a North Acton, perché?>>
<<C'è stato un problema nell'appartamento che avevamo fissato per te, un incendio causato da una fuga di gas da quello accanto, a quanto pare.>> in quel periodo la sorte non si trovò rispettivamente dalla mia parte. <<Ma abbiamo trovato un altro posto per te, si trova nel Southfields. Il punto sarebbe molto meglio del primo, ma c'è una cosa che potrebbe essere un problema per te.>>
<<Che problema? Roman, smettila di girarci intorno e dimmi qual'è il cazzo di problema.>> Ho già detto di avere poca pazienza?
<<C'è una ragazza con cui dovrai dividere l'appartamento, una coinquilina.>> Una coinquilina. Proprio quello che ci voleva. Essere in un paese straniero, avere dei documenti falsificati, dover dare la caccia ad un killer professionista non era già troppo? No, avrei anche avuto una coinquilina, e questo mentre avrei dovuto studiare un piano operativo per trovare quel Jason. E avevo precisamente un anno di tempo. Mì sentì fottuta. <<Una coinquilina? Dì ai piani alti di trovare un posto altrove, non posso studiare un modo per trovare quel tipo con una persona che vive con me. Come pensi che io possa nascondere armi, o altro con qualcuno sotto il mio stesso tetto?>> ero furiosa. Era una cosa impensabile quella che mi stava proponendo, un completo dogma. Non era fattibile. Non potevo proprio. Ciò che avrei dovuto fare in quel posto doveva rimanere segreto, non avrei dovuto nemmeno lasciare una minuscola traccia di ciò che avrei fatto. Come potevo fare questo se qualcuno avrebbe potuto scoprirmi? <<Ascolta, Ines, capisco la tua rabbia, ma non abbiamo trovato altro posto in cui stare. A breve sarà un periodo importante, a Londra, tutti gli appartamenti ci risultano occupati.>> In quel periodo, Londra si preparava ad aprire le festività natalizie con un grazioso evento, il "Winter Wonderland". Viene messa a disposizione un'ampia pista da pattinaggio sul ghiaccio proprio su Hyde Park, poi le bancarelle, un mercatino di Natale, e altre cose interessanti.
<<Ma la buona notizia è che adesso il tuo periodo di completamento del lavoro si estende ad altri sei mesi, dato che per ragioni motivate o problemi del genere, si ritiene che si debba avere altro tempo.>> direi proprio di sì. <<Va bene Roman, la prossima volta dammi buone notizie. Invia l'indirizzo via email.>>

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