La mia mente vagava libera nell'aria, senza restrizioni e pensieri specifici. Lasciavo semplicemente correre il tempo, perdendomi a scrutare il cielo, che non prometteva assolutamente nulla di buono.
Ma amavo la pioggia, quindi, con grande stupidità, decisi che sarei rimasta sull'autobus oltre alla mia abituale fermata, solo perchè mi andava di camminare più a lungo prima di arrivare a casa. O probabilmente avevo solo voglia di bagnarmi per lavarmi di dosso quel senso di oppressione che da mesi mi aleggiava attorno.
Il conducente frenò di colpo mentre mi stavo incamminando verso le porte di uscita, quando mi sbilanciai ed urtai qualcosa.
Qualcuno, poichè quello non era di certo un palo oppure un sedile.
«Ma stai un po' atten...- la frase gli morì in gola non appena mi girai ed i nostri occhi si incontrarono.
I suoi di un colore talmente chiaro da sembrare quasi bianco, i miei degli enormi buchi neri, così scuri da essere un miscuglio di pupilla ed iride.
Sentii lo scatto della porta ed abbassai fulminea lo sguardo mentre scendevo, e le prime gocce di pioggia iniziarono a bagnarmi il capo.
Camminai lentamente per tutto il tragitto, che avevo raddoppiato decidendo di scendere dopo. Per ogni passo che facevo invece che alleggerirmi mi sentivo sempre più pesante, mi svuotavo ma rimanevo ancorata al terreno, faticavo ad andare avanti.
La pioggia mi imperlava i capelli e le ciglia, inzuppandomi i vestiti, ma poco mi importava.
Non sapevo nemmeno più dov'ero, quanto mancava per casa mia, cosa stessi facendo o semplicemente chi fossi.
Una cosa però la sapevo: tutte le volte che sbattevo le ciglia mi ritrovavo due sfere chiare a fissarmi nella mia mente.
Non me li sarei mai scordati, quei dannati occhi.Per tutta la settimana successiva continuò a piovere, sempre ed incessabilmente, ed io mi ritrovai chiusa in casa a guardare serie tv viste e riviste, a leggere, a non fare assolutamente nulla.
E mi stavo decisamente annoiando.
Mai avrei pensato di passare tutte le vacanze pasquali in questo modo, ma evidentemente nulla di quello che penso interessa a nessuno, quindi per quanto il tempo potesse essere brutto e fossi costretta a stare in casa, non importava minimamente ad un'anima che fossi sola in camera mia e nessuno si degnò di venirmi a trovare.
Tipico, alquanto tipico direi.
Decisi improvvisamente che ero stufa dello stato vegetativo e mi alzai dal letto, infilai calze e scarpe da ginnastica, non curandomi neanche di allacciarle, presi il giubbotto ed uscii mentre me lo mettevo, sbattendo leggermente la porta.
Non sapevo precisamente dove andare, ma la piogga era quasi cessata del tutto, se non per misere goccioline ogni tanto, ed iniziai a camminare, così, girando per le varie vie con le mani in tasca.
Tirava un leggero venticello fresco che mi fece rabbrividire e mi rassegnai che era ora di tornare a casa, anche perchè il cielo iniziava a scurirsi di nuovo. Mentre vagavo lasciai correre lo sguardo verso una vetrina e notai il mio riflesso ancora prima delle cose al suo interno.
Pelle pallidissima con naso e pomelle rossi per il vento freddo, capelli scuri legati nella stessa coda fatta male ancora dal giorno prima, giubbotto anche troppo grande per la mia taglia, pantaloni della tuta grigi e scarpe slacciate. Il ritratto della ragazza con più interesse al mondo del suo modo di vestire per uscire. Probabilmente a nessuna delle persone di genere femminile che conosco sarebbe passato minimamente per l'anticamera del cervello di mettere anche un solo piede fuori dall'uscio di casa conciata in quel modo, ma se c'era una cosa che in quel periodo proprio non mi interessava per nulla era il mio abbigliamento. E sinceramente credo che non lo sia mai stato.
Vedevo tutte quelle ragazze con i capelli pettinati e truccate in modo eccellente, meravigliose e con vestiti deliziosi che si adattavano perfettamente alle loro curve, mai fuori posto, sempre impeccabili nella loro perfezione. E poi c'ero io che giravo in tuta da ginnastica e giubbino da uomo.
Ma mi andava più che bene.Svoltai l'angolo della palazzina dove c'era il mio appartamento, persa nei miei pensieri, e non mi accorsi di essermi scontrata contro qualcuno, di nuovo.
«Dio, scusami, mi dispia...- la frase morì in gola a me, questa volta, quando mi girai e rividi quegli occhi candidi.
Mi scrutò e poi sorrise, facendomi un cenno ed andandosene, lasciandomi lì come un'idiota sul ciglio della strada.Entrai in casa ancora visibilmente scossa da quell'incontro singolare, per la seconda volta, oltretutto.
Non capivo il motivo per il quale in ogni punto in cui mi giravo mi ritrovavo davanti i suoi occhi. E poi erano allucinazioni mie o lo avevo visto veramente?
Quello rimaneva un mistero.
Aprii la porta dell'appartamento con forza, entrai e la sbattei, per poi levarmi le scarpe e buttarmi sul divano.
«Ahi!»
«Cristo, Charlie, scusami...» esclamai alzandomi e notando che c'era sotto mio fratello.
«Dreena, puoi evitare di fare questo- disse mentre indicava la seduta di cuscini e poi me -tutte le volte che ti vuoi sedere sul mio dannato divano.»
Sbuffò.
«Si da il caso che il tuo dannato divano lo abbia pagato in parte anche io, quindi è scontato il fatto che possa saltarci sopra quanto voglio.» ero scocciata.
Mi sedetti ed accesi la televisione, non degnandolo di uno sguardo.
Odiavo quando mi trattava come se avessi ancora sei anni. Lui era solo di tre anni piú grande e, per quanto gli volessi bene, non riuscivo a sopportarlo quando era così saccente.
Ma sapevo anche quanto non gli piacesse stare arrabbiato con me.
«Okay, basta, ti prego. Tu hai appena finito il liceo e io vado al college, siamo abbastanza grandi per litigare per queste stronzate, perdonami per averti trattata male. Vieni qui.»
Lo sapevo.
Allargó le braccia e mi ci fiondai, sorridendo. Mi carezzó la schiena e mi diede un bacio tra i capelli, poi si alzò ed andó in cucina.
Sentii il vuoto che mi risucchiava non appena si staccò da me.
Gli volevo un bene dell'anima, era tutto quello che mi era rimasto. Tutto quello che avevo sempre avuto.
Non so come avrei fatto senza di lui.
«Charlie, ci sei? Inizia il film» urlai dal divano.
«Piccola sto cercando le patatine, ma non le trovo.» urlò di rimando dalla cucina
«Beh... le ho mangiate l'altro giorno io, quando eri via. Scusami.» dissi dopo un po', sentendomi in colpa.
«Vabbè, non importa, niente patatine.» trotterelló sorridendo verso di me. Appena mi vide meglio il suo sorriso si spense.
«Dreena, ti prego, smettila di scusarti e di sentirti in colpa per ogni cosa. Non è colpa tua, non farne un dramma. Dai, guardiamo questo dannato film e piantiamola con questo casino.»
Mi accoccolai in braccio a lui e notai che aveva qualcosa stretto in mano.
Non riuscii a capire cosa fosse, ma mi sembrava strano che continuasse a stringerlo se gli bastava allungare il braccio per posarlo sul tavolino. Gli sfiorai la mano e lo guardai.
All'inizio non si accorse, poi capì cosa intendevo.
«Dio che sbadato! Questo è il tuo abbonamento, deve esserti caduto da qualche parte prima delle vacanze.»
Come? E perchè ce l'aveva lui.
Colse il mio sguardo confuso e aggiunse: - Sì, ed è una storia piuttosto curiosa. Oggi mentre eri via ho sentito suonare il campanello e sono andato ad aprire. Mi sono trovato davanti un ragazzo alto, con i capelli cortissimi, biondi, che mi sorrideva e che mi porgeva il tuo abbonamento. Io lì per lì ero scioccato e poi lui ha detto 'Conosci Dreena? Questo è il suo. Le è caduto un paio di giorni fa e gliel'ho riportato. Sulla tessera è segnato questo indirizzo, ma non so se è giusto.' Gli risposi che sei mia sorella e nel ringraziarlo rimasi colpito dai suoi occhi. Erano chiarissimi, un azzurro che sembrava quasi vetro. Effettivamente era tutto chiaro, con le vene bluastre che si intravedevano sotto la pelle sottile. Poi sorrise e se ne andó. È stato molto carino da parte sua.» concluse.
Sbiancai all'istante.
Non era possibile.
Di nuovo lui.
Mi perseguitava.
Era ovunque ormai.
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Bianco come un angelo
Подростковая литература'Sbiancai all'istante. Non era possibile. Di nuovo lui. Mi perseguitava. Era ovunque ormai.' Dopo essere casualmente inciampata, Dreena continua a scusarsi fino a quando non si accorge della persona verso la quale sta balbettando. Lo fissa e poi sco...