cinque; la bianca.

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Era più di un anno che non vedevo nè sentivo parlare della grande bianca, e se fino a quel momento non l'avevo sentita nominare era perchè era un argomento tabù in casa mia, causa la mia grossa dipendenza passata. In quel periodo tutto andava abbastanza di merda ed io mi sentivo svuotata e stufa. Tra l'improvvisa voglia di conoscere mia madre, il litigio con Charlie, la ritrovata fase del fumo e quel dannatissimo ragazzo, non sapevo più quale di quelli era il casino maggiore. Però conoscevo un minimo comun denominatore adatto per dimenticare tutto. L'eroina. Precedentemente amante fedele, l'ero era stata per me la più grande cazzata, il periodo più bello e la demolizione di ogni cellula cerebrale presente nel mio cervello contemporaneamente. Il problema principale poi non era nemmeno il disintossicarsi, per quello ci mettevo relativamente poco; il problema era che continuavo a ricaderci. Mi svegliavo la mattina che non sapevo nemmeno chi fossi, dove fossi o che giorno era, sapevo solo che avevo un gran bisogno della mia dose. Io che avevo una fobia pazzesca dei prelievi e degli aghi mi ritrovo con le braccia completamente martoriate da quelle cicatrici orrende, segno di tutte le volte che mi ero bucata con quella merda liquida. Eppure mi sentivo calma e serena dopo, quasi apatica. Per mio fratello quello è stato un periodo orribile, ha cercato di fare di tutto per me, mi ha aiutata in ogni modo possibile e ce l'ho fatta. Alla fine ce l'ho fatta a liberarmene. Il brutto degli eroinomani è questo, più che distruggere loro stessi distruggono quelli che hanno attorno. Agli eroinomani non interessa nulla di nessuna cosa, vivono ed agiscono unicamente per le loro dosi quotidiane, non ragionano. Sono i familiari che ne pagano le conseguenze, costretti a guardarli morire lentamente. L'eroina non doveva essere la soluzione. Io non potevo, non dovevo tornare tra le sue braccia con la classica scusa Tanto non sono più dipendente, perchè quella è la porta decisamente aperta per la dipendenza. Eppure lo feci. Mi procurai una dose e me la sparai dritta nella vena, sotto ad una grossa cicatrice violastra. Il mio discorso mentale non era servito ad un cazzo, lo avevo rifatto comunque, da brava idiota, dopo un anno di vita pulita e normale.

Mi alzai dal pavimento e barcollai. Non sapevo più dove appoggiare le gambe. Mi sentivo come se un camion mi avesse investita, avevo male ovunque e mi pizzicava da morire il braccio. Mi grattai ed iniziai a mettere a fuoco la stanza, non la riconoscevo anche se mi sembrava piuttosto familiare. Girai lo sguardo e vidi un grande specchio, spaccato in un angolo. Cristo, sono davvero orrenda. Capelli arruffati, maglietta larga e sporca di chiazze bianche, gambe storte ed eccessivamente magre, calze a righe che arrivavano una al polpaccio e l'altra caduta molle alla caviglia. Per non parlare degli enormi ematomi scavati sotto agli occhi spenti, gli zigomi scavati e le linee nerastre del trucco colate sul viso. Com'ero consumata e distrutta, mi ricordavo incredibilmente l'anno passato. Ricollegai fin troppo velocemente il mio aspetto ed il prurito al braccio e capii che l'avevo fatto di nuovo. E non era solo un ricordo, la bianca era tornata. Avevo bisogno di aria, di un sacco di aria. Uscii dalla prima porta che trovai e caddi in ginocchio sul marciapiede, urlando. Charlie, dove sei?  Che diavolo stavo facendo della mia vita? 

Dreena? Dio, sapevo che non dovevo dartela. Fanculo. Vieni qui.' Drake mi allungò il braccio ed io lo afferrai, tra le lacrime. Mi strinse e mi riportò in casa, dolcemente.

«Ehy, buona, ora passa. Sono qui, non succederà più, posso giurartelo. Sono qui...»

era incredibilmente carino, e mai lo era stato. Credevo che sarebbe sbucato da un momento all'altro quel ragazzo, ma incredibilmente e contro ad ogni previsione Drake si stava occupando di me. Perchè? Forse era ora di smetterla di trattarlo come mia puttana personale ed iniziare a conoscerlo meglio. L'idea non era così malefica e, tutto sommato, non era nemmeno tanto male. Alzai lo sguardo e gli sorrisi, in risposta. Mi cullò e mi diede un bacio sulla fronte. Caldo, protettivo e molto dolce.

«Va meglio?»

«Sì, grazie mille.»

Drake si alzò ed iniziò a rovistare in un cassetto, poi lo chiuse di colpo e mi passò una maglietta ed un paio di calzoncini.

«Tieni, sono puliti. Puoi farti una doccia se vuoi, sai dov'è il bagno. Se hai bisogno di aiuto sono qui, chiamami pure. Quando hai finito posso accompagnarti a casa tua oppure puoi restare qui, come preferisci, per me non è affatto un problema. Sei sempre la benvenuta.» sorrise gentilmente e mi strinse la mano. Non sapevo cosa dire o cosa fare. Era la cosa più carina che qualcuno mi avesse mai detto. Forse Drake in qualche modo ci teneva a me, mi voleva al sicuro.

«Grazie mille. Non riesco a dire nulla. Sei molto dolce, non ti avevo mai notato da questo punto di vista.» ammisi. Mi guardò con un misto di stupore e divertimento.

«Seriamente? Dreena, scusa se mi permetto di dirtelo, ma siamo andati a scuola assieme per quattro anni, e sono più di tre che tu mi chiami quando hai voglia di fare sesso e smetterla di pensare ai tuoi problemi. Non è che a me dispiaccia, anzi tutt'altro, ma se io vado avanti a farlo senza mai lamentarmi c'è un motivo. Forse non ci hai mai pensato, ma non sono l'idiota belloccio che si è fatto mezza scuola, e soprattutto non sono privo di sentimenti. Vero, sono stato con un sacco di ragazze, ma mai con la stessa più di una volta.- continuava a gesticolare e ad un certo punto si fermò. Respirò profondamente e poi riprese, - Tranne te. Tu sei diversa. E sono tre anni che cerco di fartelo capire, ma a quanto pare hai dovuto distruggerti tutti i neuroni prima di arrivarci. Volevo solo farti sapere che per te ci sono sempre stato, e questo è probabilmente il discorso più lungo che abbiamo mai fatto. Pensaci bene. Io esco a prendere una boccata d'aria, fai quello che ti pare e poi dimmi qualcosa. Qualsiasi cosa, ma ti prego parlami. A più tardi.» mi lasciò un leggero bacio a stampo e poi uscì, sbattendo la porta. Mi fiondai in bagno e mi immersi nella vasca. Acqua gelida e niente schiuma.

Quando rientrò mi trovò seduta sul bordo del letto mentre torturavo l'orlo della sua maglietta. Alzai lo sguardo e notai che mi stava sorridendo.

«Va bene-, dissi. –Va bene. Adesso noi, anzi io, la smetto di fare la cretina. E tu la smetti di darmi la roba. Prendiamo le nostre cose, le buttiamo in macchina ed andiamo a farci un giro, non so dove e non so per quanto. So solo che quando torneremo saremo completamente puliti, e nel mentre ci conosciamo e recuperiamo tutto il tempo che io ho perso senza guardarti con i giusti occhi. E niente sesso, in quel senso ci conosciamo già abbastanza. Ci stai?» domandai speranzosa. Ci tenevo davvero a saperne di più su di lui.

«Non aspettavo altro. Vieni, sali in macchina mentre metto dei vestiti nello zaino. Poi passiamo un attimo a casa tua, prendi quello che vuoi e partiamo.- mi fissò negli occhi.- assieme.»

«Assieme.» ripetei. Quella parola mi lasciò in bocca un sapore dolceamaro, lieve, che sapeva di felicità.


Perdonate assolutissimamente orario e ritardo, ma ho dei problemi e nonostante sia al quinto capitolo ancora non so come mandare avanti il tutto. Alla prossima. Irene

Bianco come un angeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora