sette; duplici scuse.

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Nonostante fosse l'ultima settimana di aprile faceva ancora freddo. Parecchio freddo. Non riuscivo neanche a capacitarmi di come in Florida c'era gente che già era in vacanza o a fare il bagno al mare. Pazzesco. Io non ci andavo nemmeno d'estate. E mi andava più che bene così.
Quel giorno avevo proprio voglia di un BigMc, un grande e super calorico BigMc con doppie patatine. Erano le undici e mezza di una mattina con un sole piuttosto pallido, e calcolai che il tempo di infilarmi dei pantaloni, salire in macchina ed andare ad un McDrive era più o meno ragionevole per arrivare a mezzogiorno. Inaspettatamente la mia previsione si rivelò sbagliata, anche perchè alle undici e cinquanta la scatola era buttata sul sedile anteriore ed io mi stavo leccando le dita soddisfatta, per poi parcheggiare dietro casa. Era curioso il fatto di come riuscissi a spazzolarmi certi panini in così poco tempo, senza nemmeno sentirmi male. Credo che quella fosse l'unica vera cosa che riuscivo a fare bene, e non è proprio uno dei pregi migliori di cui vantarsi. A meno che tu non sia un ragazzino delle medie obeso patito di videogiochi; in quel caso sì, puoi sentirti orgoglioso del tuo BigMc.
Mentre continuavo a pensare ai bambini obesi, mi misi a ravanare nelle tasche della giacca di pelle per trovare le chiavi. Non c'erano. Provai allora in quelle dei pantaloni, ma nulla. Tornai perfino nell'auto e ne setacciai ogni millimetro, perdendo un mucchio di tempo inutilmente. Non sapevo nemmeno dove avrei potuto perderle, ma non mi veniva in mente niente.
Ad un certo punto mi sedetti sul gradino prima della porta, avrei aspettato che Charlie fosse tornato. E con tutta probabilità lo avrebbe fatto nel giro di parecchie ore. Nonostante il fatto che avessimo fatto pace, continuava ad evitarmi come se avessi la peste. Aveva visto la cicatrice del buco sul braccio, ed avevo anche tentato di spiegargli come erano andate le cose, ma non volle ascoltarmi e tutte le volte che vedeva Drake lo guardava con una rabbia quasi disumana.
Iniziai a picchiettare il dito sul marciapiede a ritmo di Smoke on the water dei Deep Purple e senza accorgermene aggiunsi anche il ritmo con il piede. Una signora che passava di lì mi guardò malissimo, ma non m'importava. Per i Deep Purple questo ed altro.
Un rumore improvviso mi distrasse e persi la cordinazione.
Portiera che sbatte.
Passi che si avvicinano.
Chiavi che tintinnano.
Charlie era tornato prima di quanto credessi. Mi alzai e tolsi la polvere dalle gambe con un rapido gesto della mano, avvicinandomi all'angolo della strada da dove provenivano i passi.
Rimasi pietrificata e sgranai gli occhi quando realizzai che quello non era affatto Charlie.
«Ciao, cercavi queste per caso?- disse avvicinandosi e facendo roteare il portachiavi sull'indice, sorridendo malizioso, - Su, non fare quella faccia. Non sono così orribile. O almeno credo. Giusto?» sorrise nuovamente.
Maglietta blu scura attillata, jeans larghi, giacca di pelle ed anfibi stavano avanzando in modo incredibilmente sexy verso di me. Indietreggiai fino a toccare il legno con la schiena. Di nuovo.
«Prendo il tuo silenzio come un sì. Ed ora, con permesso.- disse afferrandomi per i fianchi e spostandomi dalla porta, -io apro qui, tu entri e ci stai. Chiaro?»
Sorrisi beffarda.
«Scusami tanto, ma tu, di preciso, chi diavolo saresti? Non mi sembra di averti pedinato, fatto diventare scemo, rubato le chiavi di casa e poi di averti lasciato come un completo idiota a pensare ad una plausibile spiegazione per quanto riguarda tutto ció che sta succedendo. Giusto?» chiesi acida riferendomi palesemente alla sua frase di prima. Lui mi guardò stranito. Ed io iniziavo seriamente a scocciarmi di avere balie ficcanaso ovunque ma mai quando ne avevo realmente bisogno. Esattamente come al supermercato. La situazione era identica: quando sai benissimo cosa vuoi comprare ti ritrovi infinità di commessi intorno, mentre quando non hai la più pallida idea di cosa vorresti non c'è anima viva.
Ero stufa.
«Senti, Bel Tenebroso, io non so chi tu sia, o cosa tu stia facendo di così nosioso della tua vita per continuare a starmi addosso in questo modo, ma sappi che se intendi portarmi a letto te lo puoi benissimo scordare. Non sono una puttana, contrariamente a quanto tutti pensano, e soprattutto non ho bisogno di babysit...» la frase fu interrotta da una mano dietro la mia testa e dalle sue labbra sulle mie. In un primo momento ero sbigottita ed alquanto perplessa, il secondo dopo stavo aprendo la porta e lo stavo buttando sul divano, mettendomi a cavalcioni su di lui. Continuavamo a baciarci famelici e ci togliemmo le giacche, poi si sedette e spostó la bocca sul mio collo, mentre respirava affannosamente e mi infilava le mani sotto la maglietta.
Nessun rumore.
Nessun fastidio.
Solamente due respiri nel silenzio.
Gemetti e rabbrividii quando sentii un freddo contatto con qualcosa di metallico sulla schiena, probabilmente un anello. Tutto si fermò immediatamente, con quel gemito d'allarme. Mi guardai attorno boccheggiando e, per la prima volta in vita mia, mi sentii a disagio ed in imbarazzo in una situazione del genere. Non sapevo come comportarmi. I suoi occhi chiarissimi mi fissavano disorientati tanto quanto i miei e poi, di colpo, mi alzò dalle sue gambe e mi rimise sul divano, con la stessa cura con cui una collezionista sposta la sua bambola di porcellana preferita. Delicato e protettivo. Si rimise la giacca e poi mi rivolse un ultimo sguardo prima di sparire chiudendosi la porta alle spalle.
Mi sentii confusa e rifiutata. Mai mi era capitato di far fuggire in quel modo qualcuno. Cosa avevo di sbagliato? Perchè tutti scappavano da me?
In quel momento riuscii solo a pensare alle strofe di una canzone che conoscevo a memoria, erano la descrizione perfetta di quel giorno.
Presi un post-it dal tavolo e le scrissi velocemente, strappando in modo violento il foglietto dal blocco e correndo ad incollarlo sulla parete della mia stanza.
Mi fermai a guardare quella grandissima sconfitta.
You don't want me now, you don't need me
Like I want you, like I need you
Parole brucianti che sapevano di rifiuto, perfette e brillanti sul muro. Tanto per ricordarmelo.
Mi stesi sul letto e desiderai tanto avere qualcuno con cui parlare, ma non sapevo a chi dirlo o come spiegarmi. Nel giro di pochi minuti mi addormentai.

Bianco come un angeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora