Capitolo 5 - Mandragora o mandragola

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Incredulo e sconvolto dalla rivelazione, Georg si alzò di scatto e corse fuori. Alzò gli occhi verso il cielo e tese la mano destra verso il sole. Il calore sulla pelle gli ricordava la notte dell'incendio.

La voce che lo aveva guidato non era un angelo, ma un diavolo. Lui non era un uomo, ma un mostro. I pensieri che vorticavano nella sua mente avrebbero ben potuto condurlo alla follia.
<<Mi hanno sempre mentito? La mia intera vita è una menzogna? Ho così tante domande... e nessuno a cui chiedere risposte>>
Mentre mormorava tra sé e sé, Georg realizzò che in realtà qualcuno c'era. Si voltò indietro verso la casa e vide Dorna sull'uscio, che lo guardava con apprensione ma comprensione. Georg sentiva di poterle e doverle parlare.

Dorna gli si avvicinò, gli posò una mano sulla spalla e gli fece cenno di seguirla. Lo condusse nuovamente all'orto, dove l'odore delle erbe era ancora forte e impregnava le narici di Georg.
<<Respira, non devi temere queste piante. In un certo senso, ti hanno salvato la vita.>> Dorna gli parlò con calma e col suo consueto sorriso, posò entrambe le mani sulle sue spalle e lo scosse lievemente <<Respira. Le senti? Le riconosci? Aconito, anice, artemisia, belladonna, cicuta, datura, rosmarino, mandragora.>>
<<Mandragola.>> la interruppe Georg voltandosi <<Continui a chiamarla "mandragora" ma il nome corretto è "mandragola".>>

Dorna gonfiò le guance ed entrambi risero.
<<Vedi che ti senti già meglio?>> disse la ragazza. Poi si chinò sulle piante, ne strinse una tenendola appena sotto le foglie e la strappò dal terreno. Si sentì un acuto stridio, come un lamento spettrale, che penetrò nelle orecchie di Georg, assordandolo e stordendolo. L'esorcista sarebbe svenuto se non si fosse repentinamente coperto le orecchie con le mani; quel suono gli ricordava qualcosa ma non capiva bene di che cosa si trattasse. Dorna ridacchiò e mostrò orgogliosa la pianta che aveva in mano: aveva la forma di una piccola persona verdastra, con radici al posto delle gambe e larghe foglie sulla testa.

<<Ecco a te una mandragora. O mandragola, se preferisci. Le radici si rigenerano in due anni se vengono strappate o danneggiate. Le foglie cadono in autunno e ricrescono in primavera. Quando viene infastidita, emette un grido che può anche assordare e stordire chi lo sente. Questo è l'ingrediente più importante per una particolare mistura in grado di placare i lupi. Da diverse generazioni, la mia famiglia si occupa di coltivare queste piante e preparare la mistura, che poi va agli esorcisti del monastero qua vicino. Vieni da lì, giusto?>>

La ragazza notò lo sguardo ancora confuso di Georg, si alzò, si scrollò il terriccio fangoso dal vestito e si diresse verso la porta di casa. Georg la seguì. Dorna poi riprese la spiegazione:
<<Quando ti ho visto stamattina, ho capito subito chi e che cos'eri. Avevo i miei sospetti ieri sera, ma trovarti nudo per terra due giorni di fila ha tolto ogni dubbio. Hai finito le scorte prima del previsto, vero? Eri troppo concentrato sulla missione che hai scordato di tornare al monastero e hai vagato nei boschi senza meta?>>

Mentre parlava, Dorna affettò e sminuzzò la mandragola, la aggiunse al decotto che bolliva sul fuoco del camino.
<<Mia madre faceva sempre questa zuppa, così da abituarmi. Sai, alcuni di questi ingredienti sono velenosi, quindi occorre assumerne un po' alla volta e abituare il proprio corpo: questo vale per chi li coltiva e per chi ne farà uso in forma di mistura. Ci sono voluti secoli per perfezionare la ricetta e i miei antenati si sono assicurati che i propri figli nascessero già in grado di resistere a questi veleni.>>

Georg era affascinato dal racconto di Dorna. E da Dorna stessa. La sua presenza e la sua voce attenuavano i sensi di colpa e le grida, il crepitio delle dolci fiamme del suo focolare sostituivano il fragore e il boato dell'incendio che ardeva nella sua mente e nella sua anima. Dimenticare quella notte, anche solo per poco, era stato il dono più grande della sua vita fino a quel momento. Quei momenti con Dorna erano così sacri che Georg non proferì parola, nemmeno per rispondere alle sue domande.

Il decotto fu finalmente pronto. Dorna ne versò un mestolo in una ciotola e la porse a Georg, che bevve tutto d'un fiato. La mistura di erbe gli riscaldò la bocca, la gola, il petto e lo stomaco. Il calore si diffuse in ogni sua parte, così come il dolore. Sentiva il sangue ribollirgli nelle vene, il corpo dilaniato come se venisse scomposto e ricomposto, i suoni si facevano ovattati e la vista sfocata. Era davvero il farmaco che era abituato ad assumere. Pochi istanti dopo, il dolore lasciò spazio all'estasi. Gli occhi dell'esorcista si illuminarono e le fiamme iniziarono a danzare tra le sue dita, sempre più brillanti e sempre più calde.

Dorna non aveva mai visto nulla di simile:
<<Fuoco? Questa mi è nuova.>>
Georg tornò in sé e serrò i pugni, spegnendo le fiamme. Anche quelle del camino sparirono. Dorna continuò:
<<Giusto perché tu lo sappia, la mia mistura non ha nulla a che fare con... il fuoco. Quello è tuo. Non chiedermi come, non ne so nulla, ma so che alcuni esorcisti hanno accesso a magie arcane. O qualcosa di simile, deve essere quello.>>

Georg aveva capito che il farmaco datogli dall'Ordine serviva per placare il suo istinto di lupo e non per generare fuoco e fiamme. Ma quindi quale era la loro origine? L'esorcista non aveva tempo per indagare sulla sua pirocinesi, era un altro il suo compito.

Il decotto lo aveva riportato in forze e, insieme alle sue fiamme, erano tornati anche ricordi dormienti, sopiti dalla sua natura ambivalente e selvaggia. La memoria del lupo che era stato la notte prima, che aveva riconosciuto in Dorna qualcosa che gli era particolarmente familiare. Era giusto che lei sapesse e che lui la aiutasse:
<<Dorna. Ora rammento che cosa è accaduto questa notte. Perché non ti ho... perché ho resistito all'istinto della belva.>> Georg guardò la ragazza dritto negli occhi <<Dorna. Sei vittima di una possessione. Un demone alberga in te.>>

Fallen - il sussurro dall'altoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora