Sussurri dall'oscurità

4 0 0
                                    




CAPITOLO 1

Eva

Sussurri dall'oscurità


"Ci sono incontri che arrivano come il vento:

invisibili, ma capaci di sconvolgere ogni cosa."

🩺🫀

*


Lavorare al Pronto Soccorso di una grande città ha i suoi svantaggi, decisamente. All'età di ventitré anni, quando mi iscrissi alla Facoltà di Scienze Infermieristiche con l'ambizione di diventare infermiera, non avrei mai immaginato che questo fosse il destino che mi aspettava.

Ricordo il mio rapporto conflittuale con il mondo medico: detestavo gli aghi e odiavo il sangue. Il semplice suono delle persone che vomitano mi faceva venire la nausea. La prima volta che mi trovai a dover assistere un paziente in preda al vomito, il terrore e l'ansia mi avvolsero. Non riuscendo a gestire la situazione, abbandonai la stanza e corsi in bagno, dove cedetti alla mia reazione e vomitai a mia volta. È stato un momento terribile e imbarazzante, ma fa parte del mio cammino.

Quando avevo diciannove anni, mi trovavo in una fase di grande confusione. Mentre i miei compagni di liceo si orientavano con sicurezza verso carriere ben definite - magistrati, avvocati, manager, ingegneri e medici - io ero in balia dell'incertezza, cercando di capire quale strada fosse la più adatta a me, magari quella che richiedesse il minor dispendio di energie. Anche l'idea di intraprendere una carriera militare mi sfiorò; alcune mie compagne avevano provato l'accademia militare, ma non mi convinceva. Mi sembrava un impegno eccessivo, una fatica che non ero pronta ad affrontare. All'epoca, ero decisamente pigra e desideravo una via che potesse darmi un senso di sicurezza senza richiedere troppe forze.

Ora, mentre mi muovo tra i letti e le urgenze del pronto soccorso, mi rendo conto che il mio passato di avversioni e indecisioni non è altro che una parte del mio percorso. Qui, nel cuore pulsante della città, le emozioni e le esperienze si mescolano e trasformano, e nonostante le sfide, ho trovato un senso di appartenenza e una forza che non avrei mai immaginato di avere.

Mi ero quasi accaparrata un posto in Psicologia, una scelta che mi intrigava e affascinava, ma non sentivo che fosse il mio fine ultimo nella vita. Tutto cambiò quando conobbi un'amica di Lara, la mia migliore amica, che lavorava come infermiera. Era impossibile non notare la scintilla nei suoi occhi, la passione ardente che le illuminava il viso mentre parlava del suo lavoro. Quei suoi occhi brillavano di un'intensità palpabile, quasi come se avessero un fuoco sacro dentro, quello stesso fuoco che arde in chi ha trovato la propria vocazione.

Quando raccontava delle sue esperienze con i pazienti, le sue parole erano accompagnate da una gioia contagiosa, e ogni dolce frase che riceveva in cambio sembrava accrescere la sua felicità. Mi incuriosì profondamente, tanto che decisi di approfondire la questione e di uscire con lei per un caffè. Durante la nostra chiacchierata, mi spiegò che, se non mi fosse piaciuto il percorso, avrei potuto sempre abbandonare tutto e tornare alla facoltà di Psicologia. Non ci sarebbero stati vincoli, perché le università offrivano a tutti la possibilità di sperimentare e cercare quella più adatta a loro.

Lara stessa aveva intrapreso il suo cammino tardi, a ventisei anni. Prima di allora, non aveva mai considerato l'Infermieristica come una carriera possibile; fu il servizio civile e il volontariato, che praticava da diversi anni, a farle comprendere la strada da intraprendere. Quella testimonianza di passione e scoperta mi colpì profondamente.

Il giorno del test d'ingresso, mi presentai senza troppe pretese, consapevole di aver studiato poco e convinta che le mie possibilità di passare fossero scarse. Ma, a sorpresa, la vita mi riservò una lezione importante: l'inaspettato. Con mia grande incredulità, superai il test con un punteggio piuttosto alto.

Ombre di Redenzione: il giuramento dell'oblioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora