Di tesi di laurea e lacrime di gioia

215 25 2
                                    

«Amore, ma stai ancora davanti a ‘sti fogli? So’ quasi le due»

Con gli occhi ancora chiusi, Manuel aveva tastato la parte di letto solitamente occupata da Simone e aveva constatato come il più piccolo non ci fosse.

Era quello il motivo per il quale, alla fine, Manuel aveva anch'egli abbandonato il letto e aveva raggiunto Simone in salone.

Era seduto davanti al tavolo, intento a ripassare, e Manuel aveva approfittato per abbracciarlo da dietro.

«Non mi ricordo più nulla, Manu. Domani farò una figura di merda»
«So’ le due de notte, Simò, è già domani»
«Peggio ancora»
«Invece mo’ famo ‘na cosa – proseguì Manuel, togliendo delicatamente i fogli dalle mani di Simone – Lasci perde ‘sta roba, te faccio ‘na bella camomilla e poi se rimettemo al letto»

Sebbene Simone non fosse assolutamente convinto che quella fosse la soluzione giusta, cedette.

Ché il solo vedere il modo in cui Manuel si prodigava per farlo stare bene, la cura e le attenzioni che gli rivolgeva, bastavano.

Era trascorso poco meno di un anno da quando la vicenda di Alessandro si era conclusa con la condanna di quest’ultimo e, nonostante qualche strascico della violenza subita e del dolore patito fosse ancora presente e, sporadicamente, annebbiasse le sue giornate, la vita di Simone aveva ripreso a scorrere nel modo giusto.

Era riuscito a rendere un lavoro le ripetizioni che dava al figlio della signora Andreina, tant’è che quasi tutti i compagni di classe del bambino avevano iniziato a rivolgersi a lui.
Era tornato a sorridere, a respirare, a camminare per le strade di Roma senza più voltarsi con la paura di trovare, dietro di sé, Alessandro o i suoi amici.
E, con una forza incredibile, era tornato anche a studiare, arrivando alla soglia della discussione della tesi.

Discussione che si sarebbe tenuta il giorno successivo e per la quale Simone non si sentiva affatto pronto.

La sensazione di non ricordare nulla, della quale aveva parlato a Manuel, non era altro che una scusa per nascondere ciò che davvero lo rendeva così ansioso.

Paura.

Paura di non farcela.
Paura di non meritare quel momento di gioia e di successo personale.
Paura di essere, comunque, una delusione, ché quella laurea l’avrebbe dovuta prendere parecchio tempo prima e invece era finito pure fuori corso.

Non è colpa mia, continuava a ripetersi.

E parte di sé si sforzava anche di crederci.

Ma c’era, poi, quella piccolissima, minuscola parte, ancorata al passato, che lo riteneva responsabile di ogni fatto accaduto nei mesi precedenti e lo spingeva, il più delle volte, ad autosabotarsi.

Ed era in quei momenti che, pur sforzandosi di farcela da solo, Simone sentiva il bisogno di essere rassicurato.

E Manuel, in questo, era sempre stato uno specialista.

«Pensi servirà a qualcosa? La camomilla, intendo» chiese, stanco.
«N’o so, voi che te leggo ‘na favola? Che te canto ‘na ninna nanna?»

Lo disse ridendo, Manuel, deciso a strappare una risata anche a suo marito.

«Cretino! – rispose Simone, sorridendo – Magari potresti procurarmi un peluche che mi faccia compagnia nel letto»
«Scusa, perché, io ‘n te basto più?»
«Tu russi, ti muovi. Il peluche è fermo e silenzioso»
«Ma che hai deciso stanotte? Voi anna’ a fa’ compagnia a Joy nella cuccia?»

Era quello il loro modo di affrontare ansie e paure.

Parlare di cose, talvolta, senza senso, scherzare e ridere sul niente.

Vite in gioco: passato e futuro Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora