IV. 200 KM IN UN ABBRACCIO

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Era mercoledì 16 ottobre, il giorno che tanto aspettavo. Mi svegliai con una carica che non avevo mai sentito prima, finalmente Simon sarebbe venuto da me! Quel giorno sarebbe venuto a prendermi fino a scuola, e l'idea mi faceva sentire come in un film americano, una di quelle scene in cui il ragazzo va a prendere a scuola la propria ragazza con la macchina e tutti li guardano invidiosi. Mi vestii in fretta, cercando di non arrivare in ritardo a scuola e seguire le lezioni, ma la verità è che passavo la maggior parte del tempo a scrivergli e a controllare la sua posizione in tempo reale. Vedere la sua foto profilo avvicinarsi lentamente alla mia mi riempiva di gioia, e ogni volta che la distanza si accorciava, sentivo il cuore battere più forte. La giornata a scuola sembrava non finire mai, volevo uscire al più presto e correre da lui. Alle 9 di mattina circa partì da casa sua e io gli mandai la posizione della mia scuola.

Ogni minuto che passava senza di lui mi sembrava eterno.

Quando raggiunsi la sua macchina lo vidi in piedi davanti alla sua macchina ed era quasi surreale. Era dannatamente sexy, vestito di nero e non sapevo se corrergli addosso o mantenere la calma anche se iniziai a sudare tantissimo.

Prima di salire in macchina, ci baciammo, e io, che non ero abituata a baci intimi, gli davo solo baci a stampo e veloci, con qualche testata. Lui, però, continuò, senza mettermi mai a disagio, a cercare baci più profondi, con la lingua. Da un momento che avrebbe potuto crearmi imbarazzo, è nato un momento piacevole e divertente. Lui mi chiamava "piccione" e io dicevo che lui voleva leccarmi pure le tonsille.

Ci dirigemmo insieme al centro commerciale, parlando di mille cose per cercare di smorzare l'emozione. Alla fine decidemmo di andare all'Old Wild West: io presi il mio solito Dakota con le mozzarella sticks, ma a mala pena riuscii a finirlo. L'emozione e la gioia di averlo davanti avevano fatto sparire la fame. Gli scattavo foto, anche quando non era in posa e non sapeva di venir immortalato, per cercare di fissare ogni istante; volevo che quel giorno fosse indimenticabile.

Due giorni dopo sarebbe stato il mio compleanno, e Simon decise di farmi un regalo anticipato: mi comprò una sigaretta elettronica, la Kiwi Spark rosa con il liquido al biscotto. Sorrisi contenta, mentre mi rendevo conto di quanto fosse dolce e attento. Poi tornammo alla macchina per lasciare il sacchetto, e rimanemmo lì per un po', abbracciati, a baciarci e scherzare come se fosse un nostro mondo, un piccolo universo in cui c'eravamo solo noi due.

A un certo punto, dovemmo fare una tappa per il rifornimento. "Andiamo a fare benzina," ma in realtà era GPL. Tutto il viaggio fino alla stazione di servizio lo passammo a discutere sulla differenza tra benzina e GPL, quasi come se fosse una questione fondamentale. Ridere e stuzzicarci rendeva tutto ancora più speciale; era un momento apparentemente normale, ma mi faceva capire quanto mi piacesse anche nelle piccole cose, nelle discussioni leggere che diventavano nostre.

Dopo il rifornimento, decidemmo di fare una passeggiata al parco vicino al centro commerciale. Parlammo di tutto, e continuai a scattare foto a lui, cercando di catturare quei momenti e l'intensità del suo sguardo. Volevo poter conservare per sempre il ricordo di quell'abbraccio, la forma del mio corpo che si modellava tra le sue braccia e il suo profumo che mi avvolgeva.

Tornammo poi al centro commerciale. Mi servivano dei nuovi jeans, ma prima ci fermammo al bar, dove ci sedemmo a bere qualcosa, chiacchierando e ridendo. Poi, passando davanti a Yamamay, Simon mi fece un altro regalo: mi comprò un bellissimo reggiseno, e non potevo credere alla fortuna che avevo. Avevo ricevuto un reggiseno nuovo, la sigaretta elettronica, ma soprattutto avevo lui accanto, lì con me. In quel momento avrei voluto gridare a tutto il centro commerciale che il ragazzo più bello del mondo era proprio il mio.

Quando si fece sera, Simon era visibilmente stanco. Aveva più di tre ore di macchina per tornare a casa, e per quanto volessi prolungare il momento, dovevamo salutarci. Mi accompagnò fino a casa, lasciandomi in una stradina parallela, per evitare che i miei ci vedessero. Separarsi è stato più difficile di quanto immaginassi: dovevo andare dalla parte opposta alla sua e mi ritrovai a guardare la sua macchina, mentre mi allontanavo, con le lacrime agli occhi. Non riuscivo a staccarmi e continuai a guardarla fino a quando non scomparve dietro agli alberi e alle case.

Quel primo appuntamento mi fece capire che il sentimento che provavo per lui era molto più che entusiasmo per avere un ragazzo. In fondo, quel giorno avevo capito davvero che lo amavo, che volevo stare con lui anche nella vita reale, con tutta me stessa.

Era difficile separarmi perché, appena tornata a casa, sentivo come se qualcosa di essenziale fosse svanito. La mia vita sembrava tornare a essere quella di sempre: monotona e solitaria, priva di quell'emozione e quella gioia che solo Simon sapeva portare. Stare con lui era come una cura a tutti i pensieri brutti, a quelle mancanze che avevano sempre avuto posto dentro di me. Quando eravamo insieme, niente sembrava mancare, tutto si componeva al suo fianco. Ma più si allontanava, più quel vuoto cresceva. Volevo fermare il tempo, fare in modo che quei momenti non finissero mai, ma sapevo che la realtà ci stava richiamando.

Quando sono arrivata a casa, ho sentito il bisogno impellente di scrivergli, di dirgli tutto ciò che avevo dentro, di esternare ogni emozione che avevo vissuto con lui. Così gli scrissi un messaggio lungo, come a voler trasferire tutta la mia gratitudine, l'emozione, e anche qualche dubbio che mi portavo dentro. Volevo che sapesse quanto era importante per me, come, nonostante la distanza e le difficoltà, mi sentivo più viva che mai quando ero con lui. "Ciao amore, mi manchi già", iniziai, consapevole che forse avrei dovuto fare attenzione a come avrei espresso i miei sentimenti, ma non riuscivo a fermarmi. Era come un flusso inarrestabile di emozioni, e non volevo lasciarlo in sospeso.

Gli scrissi anche di quanto mi piacesse la sua personalità, che mi aveva fatto scoprire lati di me stessa che non conoscevo, la parte dolce e romantica che non avrei mai immaginato, e quel suo lato dominante che, lontano dalla paura che avevo all'inizio, trovavo irresistibile. Gli dicevo che stavo amando ogni suo aspetto, dalla sua risata ai suoi baci a stampo, che, anche se non erano i più appassionati, avevano un'incredibile dolcezza che solo lui sapeva trasmettere. Non avevo mai pensato che mi sarebbe piaciuto un ragazzo con un lato così forte, ma amavo anche quello di lui, e sentivo che era una parte che mi completava.

Eppure, tra tutti i messaggi e le parole, sentivo che c'era qualcosa che ancora non avevo detto: "ti amo". Ogni volta che scrivevo quella parola, sentivo un piccolo battito in più nel cuore, come se fosse la chiave per aprire un mondo intero. Non riuscivo a fermarmi. Ti amo, ti amo, ti amo, ti amo... Quante volte avrei potuto dirlo, ma sentivo che non bastava mai.

In quel messaggio, tra una risata e una riflessione profonda, gli spiegai quanto fosse importante per me quel giorno insieme, che non fosse necessario andare in posti incredibili o fare cose straordinarie. La semplice presenza di Simon era più che sufficiente. Mi bastava quello. Era il mio modo di dirgli che ero pronta a vivere quella relazione, nonostante la distanza, nonostante la paura che la lontananza potesse separarmi da lui. Ma ero convinta che, come mi aveva detto, la distanza non sarebbe stata un problema se entrambi ci fossimo impegnati.

Nel frattempo, appena tornata a casa, ero di nuovo in chiamata con lui. Ormai era diventato un appuntamento fisso, ogni volta che ci separavamo, ci ritrovavamo subito per chiacchierare, per sentirci più vicini. E mentre parlavamo, già pensavamo al futuro, al momento in cui ci saremmo potuti vedere di nuovo. Avevamo cominciato a discutere persino dei dettagli pratici per vederci più spesso. Decidemmo che, se non potevo essere io a raggiungerlo subito, avremmo trovato un altro modo. La relazione a distanza non ci spaventava più.

A mezzanotte, il 18 ottobre, ricevetti il suo primo messaggio di auguri. Era il primo a farmeli, ed era esattamente quello che avevo bisogno di sentire. La sua voce in chiamata e poi un messaggio scritto, mi rendevano felici. Il giorno seguente, a scuola, già pensavo alla possibilità di prendere il treno per andare da lui e interrompere quella distanza che si era ricreata dopo esserci separati. L'idea di fare qualcosa di così grande, di andare fino a casa sua, mi faceva sentire eccitata e allo stesso tempo un po' nervosa. Ma mi rendevo conto che volevo farlo, che volevo stargli accanto in ogni modo possibile.

COME MI HAI CAMBIATO LA VITADove le storie prendono vita. Scoprilo ora