Era una di quelle notti in cui il club sembrava troppo. La musica martellante, le luci che cambiavano in continuazione, l'energia elettrica che mi colpiva addosso come un'onda, travolgente. Ogni movimento era amplificato dal caos che mi circondava. Mi sentivo sopraffatta, come se l'aria stessa fosse diventata densa e difficile da respirare. Non riuscivo più a pensare, solo a reagire, muovermi meccanicamente da un cliente all'altro. Avevo bisogno di una pausa, di uscire da quel vortice almeno per un momento, anche se sapevo che sarebbe stato solo un respiro fugace.
Camminai veloce dietro il bancone, il pavimento del locale scricchiolava sotto i miei passi, ma a malapena me ne accorgevo. Spinsi la porta sul retro, mi infilai nella viuzza che costeggiava il club. Fuori, il silenzio mi colpì come una mano fredda, facendomi respirare più liberamente. La strada era poco illuminata, il freddo mi baciò il viso, ma per la prima volta quella sera mi sentii sollevata. La sensazione di claustrofobia svanì, almeno per qualche istante.
Ma non ero sola.
Lì, appoggiato al muro, con una sigaretta tra le dita, c'era lui. Park Min Ho. Il leader dei Blaze, quello che vedevo sempre al centro dell'attenzione, circondato da fan, da luce, da applausi. Ma lì, fuori dal club, in quella via deserta, sembrava diverso. Era da solo, la sigaretta che fumava lentamente nell'aria sembrava l'unico suono in un angolo di silenzio. I suoi occhi erano fissi su qualcosa lontano, come se stesse cercando qualcosa nell'oscurità, qualcosa che non trovava.
Min Ho non passava inosservato mai. Alto, muscoloso, quel fisico che ti faceva capire subito che il mondo lo considerava come un punto di riferimento, come una stella. I suoi capelli scuri erano un po' scompigliati, ma quella disinvoltura gli stava bene. La luce fioca della strada lo illuminava a metà, facendo risaltare i tratti del suo viso: la mascella forte, il naso dritto, gli occhi scuri che sembravano leggere nel profondo. Ma non c'era il sorriso che tanto conoscevo, quello da star. C'era un'espressione seria, quasi stanca, come se avesse mollato per un attimo la maschera che indossava ogni volta che entrava nel club.
Senza volerlo, mi bloccai. Lo fissai per un istante, ma subito abbassai lo sguardo, cercando di non sembrare troppo curiosa. Ma era impossibile ignorarlo. C'era qualcosa di straniante, di diverso. Non riuscivo a capire cosa, ma quel momento fuori dal club, in quella strada buia, mi faceva sentire come se stessimo vivendo due realtà parallele.
Fu lui a rompere il silenzio, i suoi occhi finalmente incontrarono i miei. "Mi stai fissando?" La sua voce, bassa e sicura, aveva una punta di sfida, come se mi stesse mettendo alla prova.
"Non stavo fissando," risposi, ma la mia voce tradiva un'imbarazzante incertezza. "Stavo solo cercando di capire cosa ci fai qui, tutto solo." Cercai di sembrare indifferente, ma sentivo un'improvvisa agitazione crescere dentro di me. "Non dovresti essere dentro a divertirti come tutti gli altri?"
Min Ho alzò un sopracciglio, quasi divertito. "E tu che ne sai di cosa dovrei fare?" chiese, con un sorriso che era più beffardo che amichevole.
"Ti vedo sempre al club," risposi, sperando di sembrare più sicura di quanto mi sentissi. "Circondato da tutti quei fan che ti adorano, eppure... qui sei solo." Feci una pausa, osservandolo. "Sembra strano, no? non si addice alla tua immagine perfetta"
Lui fece un passo verso di me, come se ogni sua mossa fosse pensata per distogliere il mio sguardo, per farmi sentire a disagio. "E tu pensi che tutto quello che faccio è solo per gli altri?" chiese, schiacciando la sigaretta con un movimento lento, quasi spettacolare. "Pensi che io sia qui solo per compiacere qualcuno?"
"Non lo so," dissi, il mio respiro diventando più corto. "Ma non sembri mai a tuo agio quando sei qui, o perlomeno lo mascheri bene ma io l'ho notato." E senza volere, le parole uscirono più pungenti di quanto avessi immaginato. "Tutti ti vedono sorridere, ridere, ballare, ma nessuno vede cosa c'è dietro."
Min Ho rimase in silenzio per un attimo. I suoi occhi erano più intensi che mai, ma non c'era rabbia in quello sguardo, solo un'osservazione calma, quasi contemplativa. Poi, finalmente, il suo sorriso tornò. Era sottile, ma beffardo. "Ti piace credere a quello che vedi, eh?" rispose con una punta di sarcasmo. "Ma non sai nulla di me. La facciata che vedete, quella che i media vi propinano, non è che un riflesso di quello che volete credere."
Mi fermai, sorpresa dalla sua risposta. Non mi aspettavo un ammissione di questo tipo, un gesto così sincero sotto una maschera che tutti conoscevano. Era come se, in qualche modo, mi stesse invitando a guardare oltre la superficie.
"Magari hai ragione," dissi lentamente, "ma... non è che tutti quelli che sorridono e ballano siano davvero felici, giusto?" Feci una pausa, cercando di non sembrare troppo vulnerabile. "Penso che stai solo cercando di scappare da qualcosa."
Min Ho mi guardò per un istante, come se stesse ponderando le mie parole. Poi, con un piccolo movimento, si tirò su la giacca di pelle, pronto a tornare nel club. "Ci vediamo dentro," disse, con un sorriso che non era mai del tutto amichevole, ma nemmeno completamente sprezzante.
E senza darmi il tempo di rispondere, si voltò e scomparve nel club, lasciandomi lì, in piedi, a riflettere su tutto quello che era appena accaduto. C'era qualcosa di inquietante in quella breve conversazione. La sua presenza, il suo sguardo, le parole non dette... non riuscivo a togliermele dalla testa. Sapevo che lo avrei rivisto, e che in qualche modo, quella notte sarebbe rimasta impressa nella mia memoria.

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Blazing Hearts
RomanceIn una Seoul, dove i sogni brillano ma i segreti oscurano la realtà, Emily Wang è una studentessa di design che cerca di costruirsi un futuro luminoso nella capitale. Emily ha sempre cercato di proteggersi dalla luce del mondo, ma tutto cambia quand...