61.Sofia

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La mattina seguente mi svegliai con un mal di testa atroce; forse avevo esagerato la sera precedente. L'unica cosa che ricordavo chiaramente era quel bacio a stampo e il modo in cui avevo respinto Gabriel, lasciando trasparire tutta la mia esasperazione. Cercai di scacciare quel pensiero, ma fui distratta da un messaggio di Amanda:

"Oggi tu, io e Theo facciamo colazione insieme e poi usciamo un po'. Non accetto no come risposta!"

Sorrisi al messaggio, rispondendo in modo rapido: "Ci vediamo tra poco."
Dopo aver bloccato il telefono, scesi in cucina per vedere Marlene. La trovai seduta al tavolo, con il suo caffè tra le mani, immersa nella tranquillità della sua colazione.
«Buongiorno.» Le diedi un bacio veloce sulla guancia, poi mi sedetti davanti a lei con un sorriso che speravo potesse convincerla.
Lei alzò lo sguardo, scrutandomi con occhi sospettosi. «Cos'hai da sorridere così?»
«Amanda mi ha chiesto di fare colazione con lei e Theo. Posso andare?» chiesi con tono speranzoso, unendo le mani come per pregarla.
Marlene sospirò e scrollò la testa. «Sofia, sei ancora in punizione per la bravata che hai combinato l'altra volta. Ho già fatto un'eccezione ieri perché era il tuo compleanno.»
Feci un sospiro esasperato, poi mi sporsi verso di lei. «Dai, non faremo niente di male. Solo colazione, te lo prometto. Ti pregooo.» Mi avvicinai e la abbracciai dal collo, riempiendola di baci sulla guancia come una bambina in cerca di permesso.
Marlene ridacchiò, alzando una mano per fermarmi. «Ok, va bene, basta che non mi soffochi! Ma non tornare tardi.»
Urlai di gioia stringendola ancora più forte. «Grazie, grazie, grazie!»
«Dai, vai a prepararti allora!» mi disse ridendo, mentre mi alzavo in tutta fretta.
Non feci in tempo a fare due passi che inciampai su uno scalino, sbattendo il ginocchio. «Non correre che cadi!» urlò Marlene, trattenendo a stento una risata.
Mi rialzai subito, cercando di minimizzare. «Sto bene!» gridai di risposta mentre correvo al piano di sopra.
Entrai in camera e mi misi a cercare qualcosa di comodo da indossare per la mattina, ma il mio sguardo si fermò su una vecchia maglia che avevo tra le mani. Era di Gabriel.
Sgranai gli occhi, sentendo il viso farsi caldo per l'imbarazzo. «Quel pezzettino di cacca!» borbottai tra i denti. «Mi ha accompagnata a casa e... mi ha pure tolto i vestiti? Se lo vedo lo uccido!»
Cercai di non pensarci, gettando quella maglia sul letto, e mi infilai sotto la doccia per una rapida lavata. Avrei voluto fare uno dei miei soliti concerti, ma Amanda mi avrebbe uccisa se avessi tardato.
Una volta uscita, mi asciugai in fretta, misi la mia crema idratante e iniziai a vestirmi. Scelsi un maglioncino giallo, dei jeans neri e i miei stivaletti con il tacco. Mi asciugai i capelli e li lasciai lisci, sistemando velocemente qualche ciocca ribelle. Una volta pronta, presi la mia borsetta e scesi di nuovo in cucina.
«Io vado, ciao!» salutai Marlene, già sulla porta, ma lei mi fermò per un attimo.
«Sofia, ricordati di non fare tardi per la laurea.» disse con tono protettivo. Me né ero dimenticata, la laurea di Gabriel...
Le sorrisi rassicurandola. «Promesso!» E con un ultimo saluto, uscii di casa per raggiungere Amanda e Theo.
Entrai in auto e li salutai entrambi con un bacio sulla guancia.
«Ecco la ritardataria.» commentò Theo con il suo solito tono sarcastico.
«Dai, non è vero! Ho fatto il più veloce possibile.» ribattei ridendo.
«Sì, certo... ma ti sei lavata almeno? Puzzi.» disse lui, trattenendo a stento una risata.
Lo fulminai con lo sguardo. «Tu non puoi proprio parlare! Puzzi sempre di calzini sporchi. Quella che senti è la sua crema idratante.» disse Amanda intervenendo.
Theo alzò le mani in segno di resa, ma non si fermò. «Io mi alleno a basket, è diverso. E comunque mi lavo!»
«Sì, ma magari potresti iniziare a lavarti prima di tornare a casa. Ma poi da quando giochi a basket?» Amanda corrucciò le sopracciglia.
«Da quando ho provato a fare le selezioni per stare più vicino a Jason. E sorpresa, mi hanno preso!»
Amanda sbuffò, scuotendo la testa esasperata.
«Mamma mia, voi due mi fate venire il diabete!»
Non riuscivo a trattenere le risate per come si punzecchiavano, ma poi Theo contrattaccò. «Parli tu, Amanda, che sei una cozza con Manuel. Siete peggio di me e Jason.» L'atmosfera cambiò improvvisamente. Vidi il viso di Amanda incupirsi, le sue mani stringere il volante con forza.
«Non più.» rispose secca, parcheggiando davanti al bar.
Mi voltai verso di lei, confusa. «Come? Che significa "non più"?»Amanda spense il motore e, senza guardarmi, confessò: «Ci siamo lasciati. Mi ha tradito.»
Rimasi paralizzata, sentendo le sue parole risuonarmi nella mente. «Cosa?! Con chi?» La sua voce si fece più dura. «Con quella troia di Ginevra.» Il nome di Ginevra mi fece gelare il sangue. «Aspetta, cosa?! Ginevra?» intervenne Theo, altrettanto sorpreso.
Amanda annuì, il volto contratto dalla rabbia. «L'ho beccato con lei qualche sera fa. Non mi ha nemmeno negato niente. Ha avuto pure il coraggio di dire che stava "cercando qualcosa di diverso".» Non riuscivo a credere alle sue parole. Sentivo una rabbia crescente e, allo stesso tempo, una fitta di ansia. Entrambe eravamo state tradite, in forme diverse, dalle persone che amavamo di più al mondo. Theo si grattò la nuca, visibilmente a disagio. «Amanda, mi dispiace... anche se Manuel è il mio migliore amico si è comportato da stronzo. Meritavi di meglio, davvero.» Amanda scese dall'auto con un mezzo sorriso amaro. «Non ho bisogno di Manuel per essere felice. Piuttosto, entriamo. Ho bisogno di un caffè forte.»
Io e Theo ci scambiammo uno sguardo, poi la seguimmo.
Entrammo nel bar e ci sedemmo al tavolino vicino alla finestra. Amanda si sistemò accanto a me, incrociando le braccia sul petto.
«Siamo venuti qui per parlare di te, non di me.» disse, fissandomi con insistenza.
Distolsi lo sguardo, cercando rifugio oltre la vetrata. Alcuni bambini stavano giocando con un pallone per strada, ridendo e urlando, ignari del mondo che li circondava. Per un istante, invidiai la loro spensieratezza.
«Sofia, ci sei?» La voce di Amanda mi riportò bruscamente alla realtà. Mi voltai verso di lei, confusa.
«Come? Sì, ci sono. Che hai detto?» Amanda sospirò, scambiandosi uno sguardo con Theo. Fu lui a parlare. «Ho detto: sei pronta per rivederlo?» Deglutii, abbassando gli occhi sul portatovaglioli di metallo che iniziai a far girare nervosamente tra le dita. «Non lo so... ieri abbiamo anche litigato.» Amanda mi guardò con dolcezza, cercando di incoraggiarmi. «Sì, ma oggi è importante che ci siamo per lui. Lo sai. Anche se non è facile.» La sua leggerezza mi irritò. Nessuno capiva davvero cosa stessi provando. Non potevano nemmeno immaginare quanto fosse difficile per me affrontare Gabriel. Ogni volta che lo guardavo, sentivo il cuore sprofondare in un abisso.
«Non puoi nemmeno immaginare quanto sia difficile per me, quindi evita di fare sembrare tutto così semplice.» replicai, con un tono nervoso che non riuscii a trattenere.
Amanda si irrigidì. «Ok, ma stai calma...»
La interruppi, incapace di controllare le emozioni che ribollivano dentro di me. «Non riesco, sai perché? Perché come ne parli è come se fossi io la colpevole, come se fossi io quella che gli ha spezzato il cuore. Ma non è così! Lui ha spezzato il mio, Amanda. Il mio! E voi, ovviamente, siete i suoi migliori amici, quindi lo difendete sempre. Ma a nessuno importa di me, di come mi sento, di come sto affrontando tutto questo. A nessuno importa che ho il cuore a pezzi!» Le lacrime iniziarono a scorrere senza controllo mentre parlavo, la voce spezzata dalla frustrazione che avevo accumulato negli ultimi giorni. Theo non disse nulla, ma si avvicinò e mi strinse forte a sé, capendo finalmente quanto stessi soffrendo. Amanda si unì a lui, abbracciandomi con dolcezza.
«Shh... Non è vero, Sofia.» sussurrò Amanda. «Per noi sei più importante di qualsiasi cosa.» Mi staccai lentamente da loro, i singhiozzi che ancora mi scuotevano il corpo. Mi asciugai le lacrime, ma non riuscivo a fermarle del tutto.
«Non ce la faccio più a sentirmi così... cosa ho fatto di male per essere trattata in questo modo? Perché ha giocato con i miei sentimenti? Perché non mi merito di essere felice?» chiesi, la voce rotta mentre le lacrime continuavano a rigarmi il viso. Amanda mi prese la mano, stringendola con forza. «Non hai fatto niente di male. Non permettere a nessuno di farti credere il contrario. Siamo qui per te, Sofia. Lo saremo sempre.» Theo annuì, appoggiandomi una mano sulla spalla. «Ha ragione, questo dolore, lo affronteremo insieme, ma devi parlarcene più spesso o non possiamo aiutarti. Non sei sola e lo sai.»
Per la prima volta, mi sentii meno sola. Ma il dolore era ancora lì, incastrato nel profondo, e sapevo che non sarebbe andato via tanto facilmente.
Amanda mi passò un fazzoletto, e con mani tremanti cercai di asciugarmi il viso, anche se ogni volta che mi toccavo sentivo il calore delle lacrime ancora scorrere.
Theo mi lanciò un'occhiata attenta, come se stesse cercando di capire fino a che punto fossi ferita. «Vuoi davvero vederlo oggi? Perché se non te la senti, possiamo inventare una scusa. Io e Amanda ci prendiamo la colpa, giusto?» Amanda annuì convinta. «Sì, non è obbligatorio che tu ci sia, Sofia. Gabriel capirà. Non voglio che tu ti senta forzata a fare qualcosa che ti fa stare peggio.»
Esitai, stringendo il fazzoletto tra le dita. Sapevo che avevano ragione, ma una parte di me si sentiva in dovere di andare. Era come se non andare significasse ammettere che ero troppo debole per affrontarlo. E non volevo dargli quel potere su di me.
«No, ci vado.» dissi infine, la mia voce ancora tremante ma risoluta. Theo annuì, anche se non sembrava completamente convinto. Amanda invece mi sorrise, stringendomi di nuovo la mano.
«Allora finiamo la colazione e andiamo. E prometto che, se si azzarda a comportarsi male, gli metto le mani addosso.» disse Amanda, cercando di strapparmi un sorriso.
Riuscii a ridere, anche se era un suono debole, quasi forzato. «Grazie.»
Mangiammo in silenzio per qualche minuto, e lentamente il peso sul mio petto sembrò alleggerirsi. Mi concentrai sul calore della tazza di caffè tra le mani e sul rumore della gente intorno a noi.
Ma più si avvicinava il momento di rivedere Gabriel, più sentivo il nodo alla gola stringersi. Cosa avrei detto? Come mi sarei comportata?
Quando uscimmo dal bar, Amanda e Theo camminarono accanto a me, quasi come se fossero il mio scudo. Nonostante tutto, sapevo che non avrei affrontato quella giornata da sola.

Arrivati all'università, notai subito Marlene che ci aspettava con impazienza all'ingresso. Il suo sguardo era teso, e appena ci vide si avvicinò rapidamente.
«Finalmente, sta per iniziare. Muovetevi!» esclamò, invitandoci a entrare.
Sistemai la borsa sulla spalla e seguii gli altri all'interno. Mi guardai intorno, cercando un posto libero tra la folla.
«Là, ci sono dei posti.» indicò Amanda, dirigendosi verso una fila non troppo distante dal palco. Ci sedemmo uno accanto all'altro, e io mi ritrovai a stringere nervosamente la mia borsa. Non potevo fare a meno di sentire un nodo allo stomaco. Il cuore mi batteva forte mentre il mio sguardo vagava per l'aula magna. E poi lo vidi. Gabriel era lì, tra i laureandi,bello come il sole.Indossava la toga e il tocco con una naturale eleganza, e il suo sorriso, seppur appena accennato, era sufficiente a catturare l'attenzione. Era semplicemente impeccabile, come se fosse nato per essere sotto i riflettori.
Amanda mi diede una gomitata leggera, riportandomi alla realtà. «Smettila di fissarlo così, ti si legge tutto in faccia.» sussurrò divertita.
«Non lo sto fissando.» mentii, abbassando lo sguardo e cercando di sembrare indifferente.
Theo, seduto accanto a me, mi lanciò un'occhiata complice. «Attenta perché non mi ci vuole nulla ad andare da lui e dirgli che sbavi ancora per lui.»
«Theo, ti giuro che se lo fai, giuro su Dio che ti faccio rimpiangere di aver aperto bocca.» borbottai, cercando di mantenere la calma.
Lui rise, alzando le mani in segno di resa. «Va bene, va bene. Sto zitto.» La cerimonia iniziò, e tutto sembrava procedere con ordine. I professori tennero i loro discorsi, ma io non ascoltavo nulla. La mia attenzione era tutta rivolta a Gabriel, che appariva calmo e composto, come se nulla lo potesse turbare. Mi chiedevo se anche lui stesse pensando a me, se nel profondo si sentisse nervoso quanto lo ero io.

Quando finalmente venne il momento della consegna della laurea, il mio cuore cominciò a battere più forte. Uno ad uno, i laureandi venivano chiamati sul palco, e ogni passo che Gabriel faceva verso il centro sembrava rallentare il tempo.
Quando pronunciarono il suo nome. «Gabriel Romero» un applauso caloroso riempì la sala. Io rimasi immobile, le mani strette sulla borsa, mentre lo guardavo salire sul palco con la sua solita sicurezza. Lo guardai con attenzione , il suo sguardo si posò per un istante sul pubblico, cercando qualcosa – o forse qualcuno. E per un breve momento, i nostri occhi si incontrarono. Il mio viso stava andando letteralmente a fuoco.Mi accorsi solo allora che Amanda e Theo mi stavano osservando. «Sofia, lo sai che dobbiamo andare a congratularci con lui dopo, vero?» disse Amanda, con un tono che non ammetteva repliche. Deglutii e annuii. Non avevo scelta, dopotutto.
Marlene accennò un applauso entusiasta, seguita da Amanda e Theo, ma io rimasi immobile, incapace di distogliere lo sguardo. Era un momento importante, eppure dentro di me c'era una tempesta di emozioni che non riuscivo a controllare.

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