Capitolo tre ~ piccolo aiutante

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Il primo raggio di sole attraversa le tende sfarzose e ricamate della stanza accarezzandomi il viso

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Il primo raggio di sole attraversa le tende sfarzose e ricamate della stanza accarezzandomi il viso.
Apro lentamente gli occhi, mi gira la testa. Impiego qualche secondo a ricordare dove sono. La stanza è lussuosa, quasi irreale: soffitti alti, mobili antichi, l'enorme letto su cui sono distesa, quadri di famiglia. Ma pultroppo questa è un cruda e fredda realtà; sono prigioniera.
Mi alzo dolorante e il mio primo pensiero va alla mia borsa. Pultroppo non c'è da nessuna parte. Ovviamente.
Chi mai lascerebbe un telefono alla propria detenuta per chiamare la polizia?
Troppo semplice.

Mi avvicino alla porta, la maniglia dorata è fredda tra le mie mani, la giro ma non si apre.
Chiusa ovviamente.

Mantieni la calma Jennifer, andrà tutto bene...

«Non è vero.»

«Non puoi fare nulla da sola.»

<<STAI ZITTA!>> Urlo per far zittire la voce nella mia testa che mi perseguita. Quella voce che ha un nome e cognome.

Allison Kenner.

Nonostante mia sorella non abbia mai detto ciò, quelle parole continuano ad uscire dalla mia mente senza poterle fermare.

Inspiro profondamente per fare calmare i battiti del cuore.
Il silenzio è assordante, interrotto dal ticchettio di un orologio antico sulla parete.
Mi affaccio alla porta-finestra che porta al balcone. Chiusa ovviamente anch'essa. Il giardino è immenso ed estremamente curato.
Mi ricorda casa mia.

All'improvviso sento dei rumori dall'alto lato della porta. Passi leggeri ed esitanti.
La serratura scatta e la porta si apre lentamente.

Ti prego dimmi che non sono di nuovo loro...

Mi aspettavo di vedere uno dei miei rapitori e invece davanti a me c'era un bambino. Avrà forse otto o nove anni, capelli scuri, occhi chiari e curiosi, indossava una camicetta e dei pantaloni neri probabilmente costosi come tutto il resto qui dentro.
Restammo ad osservarci in silenzio. Mi sembrava che stesse studiando ogni parte di me.

<<Chi sei?>> Gli dico con voce calma.
<<Finalmente sei sveglia.>>

Mi chiesi come sapeva che fossi qui.
<<Sei venuto ad aiutarmi...?>>

Lui sorrise, un sorriso ingenuo.
<<No, la porta era aperta e volevo vedere chi ci fosse all'interno.>>
Si ferma ad osservare intorno come per assicurarsi che nessuno lo abbia seguito. Poi aggiunge.
<<Non dovrei essere qui>>
<<Nemmeno io...>> Sussurro.

Lui continua a sorridermi dolcemente.

Mi inginocchio verso di lui e gli ricambio il sorriso. Nonostante i bambini non siano il mio forte questo piccoletto mi è simpatico.
<<Come ti chiami?>>

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