~Capitolo 11~

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«È tornata Christine.»
Poche notizie avrebbero potuto sconvolgerlo e quella ne era una.
Christine... Come osava ritornare lì? Eppure l'aveva messa in guardia sul rimettere piede su quella terra, ma ovviamente quella maledetta donna si credeva superiore a tutto e tutti.
«Cosa cazzo ci fa lei qui?»
La sua voce era carica di disprezzo e risentimento. Quella donna, che una volta aveva creduto di amare, ora gli causava solo un bruciore di stomaco e una rabbia senza eguali.
«Chi è Christine?»
Si voltò verso Stephanie, che lo fissava preoccupata aspettando una risposta, e la fissò furioso. Non era arrabbiato con lei ma la ragazza sussultò e abbassò il capo, per un secondo il senso di colpa lo invase ma lo scacciò subito, non era il momento di provare pena per nessuno e soprattutto non per Christine, mai per lei.
«Dove l'hai vista?», si rivolse di nuovo a suo fratello che lo fissò preoccupato, sapeva perfettamente cosa stava pensando ma ormai non era più il giovanotto ingenuo che si era fatto fregare da una bella bionda e aveva causato la morte dei genitori. Doveva affrontare quella donna e cacciarla dal paese, questa volta per sempre.
«Da Susan, ma credo che tu dovresti evitare di incontrarla, almeno per ora», gli rispose rassegnato Zac, guardandolo con un'espressione severa che poco si addiceva a lui, di solito sempre sorridente e ben disposto verso tutti.
«Invece ci vado eccome, la troverò e le dirò anzi, le ordinerò di andarsene. Non è più la benvenuta qui.»
Ryan uscì velocemente di casa, dimenticandosi il cappotto e il suo amato Stetson.
Stephanie aveva capito che quella Christine era un tasto dolente nella vita dell’uomo, la sua espressione era mutata completamente appena aveva udito il suo nome; la mascella si era contratta e i pugni si erano chiusi rabbiosamente lungo i fianchi, segno che era furioso.
Moriva dalla curiosità di scoprire di più su questa donna e per un secondo l'idea di chiedere tutto a Zac le era sembrata ottima, ma anche gli occhi del suo solare cognato erano oscurati dalla rabbia, emozione che non aveva mai ritrovato nelle sue iridi. Quella donna aveva portato con sé un odio profondo.
Ryan spinse con forza sull'acceleratore, le ruote stridettero sull'asfalto e le gocce di pioggia cadevano con forza dal cielo, rendendo difficile la guida di quel vecchio pick-up.
La rabbia lo stava divorando, tutto gli ricordava quella maledetta sera: la pioggia, l'odio, la rabbia e… Christine. Quella donna era un demonio e lui si era lasciato abbindolare come un'idiota, all'epoca aveva solo diciotto anni ed era rimasto affascinato dalla bellissima bionda arrivata al ranch dopo essere scappata di casa. Ricordava le sue lacrime quando gli aveva raccontato degli abusi subiti dal padre e della madre indifferente alle sofferenze della figlia, le era sembrata così fragile e delicata ed era caduto nella sua trappola.
Eppure Christine non era la creatura fragile e delicata che aveva pensato, ma una donna avida e insensibile, lo aveva raggirato e illuso solo per poter mettere le mani su alcuni documenti importanti dell'azienda petrolifera. I suoi non si erano mai fidati di lei e anche Zac cambiava umore quando la ragazza era nella stessa stanza, l'unico ceco era stato solo lui.
Alla fine aveva visto la verità, eccome se l'aveva vista, ma questo non aveva risparmiato i suoi genitori e tutto a causa sua. Ora lei era tornata e tutto le ricordava quella terribile notte, soprattutto la pioggia...
I lampi illuminavano il cielo, il vento gelido soffiava forte penetrando nelle ossa e, come se non bastasse, una fitta pioggia cadeva quasi con rabbia, come se la natura stesse soffrendo con lui.
Il giovane Ryan strinse con forza il volante della sua Mercedes, regalo dei suoi diciotto anni, mentre seguiva i suoi genitori nel furgone blu elettrico che aveva davanti. Si vergognava tantissimo di quello che aveva fatto, non aveva scusanti.
Ricordava ancora le parole di Christine quando l'aveva sorpresa a rubare dei documenti che suo padre riteneva fondamentali per la sua azienda.
Lui le aveva chiesto spiegazioni, pregando che tutto fosse solo un'allucinazione, ma lei lo aveva guardato in modo glaciale, ridendo di lui.
«Oh, Ryan. Veramente pensavi che potessi essere interessata a te? Andiamo, ti sei visto? Sarai anche ricchissimo ma rimarrai comunque un rozzo mandriano e io aspiro in alto, capisci?»
Quelle parole erano state una doccia fredda per lui, gli occhi bruciavano di lacrime e rabbia mentre lei continuava a ridere.
«A cosa ti servono quei documenti?», le aveva chiesto, cercando di contenersi per non saltarle addosso. Mai aveva provato la voglia di picchiare una donna.
Christine ci pensò su per un po', e alla fine decise di rivelargli tutto.
«Questi fogli mi faranno guadagnare un bel gruzzolo. Hai mai sentito parlare di spionaggio industriale? Mi hanno ingaggiata per rubare alcuni segreti sulla vostra azienda e falla crollare.» Ancora una volta lei rise, guardandolo come se avesse davanti un topo di fogna. Avevano ragione tutti su di lei: era una donna fredda e calcolatrice. In quel momento provò una vergogna immensa, aveva deluso i suoi genitori e messo in pericolo l'azienda di suo nonno, e tutto per una donna… Che stupido.
Aveva cercato di strappale i documenti dalle mani, ma lei gli aveva assestato un calcio in mezzo alle gambe ed era scappata. Lui si era alzato dolorante e aveva informato i genitori dell'accaduto, li aveva visti diventare pallidi e uscire velocemente di casa per inseguire quella maledetta donna.
Ancora una volta si vergognò di se stesso per essere stato così stupido e non averla mandata via quando glielo aveva ordinato suo padre. E ora li stava seguendo, il furgone aveva le ruote troppo lisce e la pioggia rendeva difficile guidare in quelle condizioni. Lui, invece, con la sua bella Mercedes nuova non aveva problemi e si disse che non era degno di quel regalo, non dopo tutto quello che aveva fatto ai suoi genitori.
Un altro lampo si scagliò contro il suolo, questa volta molto vicino a loro. E poi accadde tutto velocemente… Ryan strizzò gli occhi alla luce improvvisa, poi si sentì il rumore di una brusca frenata, suoni di clacson e auto che si fermavano improvvisamente.
Quando riuscì a rimettere tutto a fuoco, scese dall'auto e seguì una folla di persone che si erano radunate vicino a una scarpata. Si fece spazio tra le persone e quello che vide gli fece gelare l'animo: il furgone blu dei suoi genitori era ribaltato in fondo alla scarpata, c'erano frammenti di vetro dappertutto e la mano di suo padre spuntava dal finestrino del guidatore.
Iniziò a chiamarli ad alta voce, mentre il suono delle sirene dell'ambulanza copriva piano piano le sue urla disperate e la pioggia si univa alle lacrime che gli bagnavano le guance.
Quel giorno Ryan promise a se stesso di non credere mai più in una donna e difendere i suoi fratelli anche a costo della vita. Alla fine Christine non aveva vinto, i documenti che aveva rubato erano sbagliati e lui l'aveva minacciata di denunciarla, ovviamente lei se l'era data a gambe e per quattordici anni non si era più presentata lì. Fino a ora.
Frenò bruscamente accanto al piccolo ristorantino anni sessanta di Susan, beccandosi l'imprecazione dell'uomo che guidava una Ford dietro di lui.
Scese dal pick-up ed entrò rabbiosamente nel locale, facendo sbattere la porta in vetro e spaventando alcuni clienti che lo fissarono in cagnesco.
«Buon Dio, Ryan! Ti sembra questo il modo di entrare?» Tanya corse verso di lui, pallida per lo spavento.
«Christine?»
Non chiese scusa, doveva arrivare subito al sodo e trovare quella donna.
Tanya assunse un'espressione disgustata. «La mangia uomini è appena andata via, Susan l'ha cacciata dal locale e pensa che voleva anche aver ragione!», esclamò indignata.
Maledizione! Non aveva voglia di rincorrere quella dannata per tutta la cittadina, ma dove poteva rifugiarsi se non aveva nessun amico lì?
«Sai dov'è andata?»
«Credo si sia rifugiata al Blossom Motel. Ha aperto da poco e i gestori non la conoscono.»
Tanya lo fissò esattamente come Zac, anche lei credeva fosse meglio per Ryan non rivedere più quella donna.
«Grazie», uscì dal locale con la stessa grazia con cui era entrato.

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