Prologo

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Lo avrei fatto.
A momenti lo avrei finalmente fatto.
Fissavo l'oscuro vuoto sotto i miei piedi da minuti ormai.
Era freddo, ma anche rassicurante.
Io, Sarah Mitchell, in quel momento, lì, con le gambe intorpidite dalla notte gelida che pendevano da quell'enorme palazzo, l'avrei fatta finita.
Mi strinsi nell'enorme e calda felpa blu, la mia preferita.
Un uragano di parole si annidava pesantemente nel mio cuore, tenendomi imprigionata in me stessa.
"Non sei nessuno."
"Ma guardati, mi fai schifo."
"Nemmeno i tuoi genitori ti amano." ripetevano un'infinità di volte quelle voci insopportabili.
E la cosa più deprimente era che io credevo a tutte quelle parole.
Da tempo ormai non avevo più un minimo di rispetto per me stessa, e questo mi distruggeva dentro lentamente e inesorabilmente.
L'unica soluzione era definitivamente quella.
Finalmente dopo tanto tempo le voci sarebbero cessate, o almeno, io non le avrei più sentite.
Provai a pensare alle persone che avrei lasciato dietro di me a soffrire per la loro perdita.
Non me venne in mente neanche una.
Mi ero ripromessa più e più volte di non piangere per conservare almeno quel briciolo di dignità che mi era rimasta.
Ma al diavolo la dignità, mi stavo per suicidare.
Dov'era finita la mia dignità?
Così piansi.
I singhiozzi si facevano sempre più forti.
Non avrei lasciato un segno nel mondo, solo un piccolo vuoto di cui nessuno si sarebbe accorto.
Al freddo.
Impaurita.
Ero sola.
Controllai l'ora, avrei almeno voluto sapere l'ora della mia morte.
23:02
Ero pronta.
"Hey tu, che diavolo stai facendo lì?" disse una voce con una forte nota di preoccupazione.
Mi voltai.
Un ragazzo dai ricci color miele e dagli occhi verdi mi fissava visibilmente impaurito affacciato alla finestra di quella che sembrava essere camera sua.
No, no. Non era così che doveva andare.
In un attimo tutti i miei piani erano andati in fumo.
Dovevo vedermela con me stessa, lontano dagli occhi indiscreti del mondo.
Quella era la mia battaglia.
"Allora..." esordì lui dopo qualche secondo
"Cosa si dice in questi casi?" sussurrò più rivolto a se stesso che a me.
Poi trasse un profondo respiro.
"Ehm... mi piace il t-tuo stile. Quella è la t-shirt dei Nirvana? Forte, è una delle mie band preferite! E sei carina quando piangi m-ma sono sicuro che tu sia molto più bella quando ridi. E ti p-prego, ti sarei eternamente grato sei tu venissi subito via da lì ed entrassi a casa mia per berci un enorme tazza di the. Per favore." farfugliò velocemente il ragazzo dopo qualche terribile secondo di silenzio carico di tensione.
Era estremamente agitato.
E buffo.
Mi mossi e mi accorsi che stava tremando, forse più di me.
Chi ero io per poter togliere la felicità anche a quel ragazzo?
Almeno lui poteva essere felice.
E poi volevo essere completamente da sola quando sarebbe successo.
Dovevo essere completamente da sola.
Così mi alzai un po' a malincuore dicendo tra me e me che avrei rimandato per un po' quell'appuntamento importante, quel destino che avevo scelto per me.
Ma forse, in fondo al mio cuore di ghiaccio, mentre entravo dalla sua finestra, con le guancie nere di mascara, gli occhi che bruciavano e i capelli scompigliati dal vento, non riuscivo a smettere di pensare che forse esisteva ancora qualcosa di buono nel mio piccolo mondo, qualcosa di cui prendersi cura, qualcosa da poter salvare.

Jet Black Heart [Ashton Irwin]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora