10.

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«Scusa» dissi dopo poco, agitando lievemente le mani «Non volevo essere invadente, solo...» mugugnai incerta.

Lo vidi scuotere il capo, ma i suoi occhi erano ancora tremendamente bui «Non fa niente, è normale che tu me l'abbia chiesto».

Io annuii, osservandolo dritto negli occhi, sperando che decidesse di raccontarmi ciò che volevo sapere.

«Quando sono arrivato qui, ero spaventato, beh, come tutti, certo, ma lo ero davvero parecchio» iniziò «Credo che avessi quindici anni all'incirca, ed ero confuso e disorientato, non capivo cosa stesse succedendo; poi nacquero i Velocisti e, beh, io mi unii a loro».

Lo guardai stupita, non immaginando che lui avesse corso nel Labirinto, e notai che stava ridacchiando, probabilmente della mia espressione incredula; tuttavia non dissi nulla, terrorizzata all'idea di proferire qualcosa di sbagliato, che lo portasse a non proseguire.

«Andava bene, insomma, sì, riuscivamo a mappare la maggior parte delle sezioni, ma c'era qualcosa che non andava. Non so cosa, ma non stavo bene, per niente» sospirò «Così, disperato, decisi di fare qualcosa di azzardato. Una sciocchezza» lo vidi chiaramente deglutire, mentre si torturava le dita delle mani, incerto «Un giorno, invece di correre come mio solito, mi sono arrampicato sull'edera attaccata alle mura, circa fino a metà e... e poi... poi mi sono buttato».

Trattenni il respiro, non sapendo che dire: mi aveva spiazzata, decisamente.

Non immaginavo che Newt avrebbe mai potuto fare qualcosa del genere, insomma, l'avevo visto sempre come quello tranquillo, nel gruppo. Riflessivo e piuttosto pacato, non immaginavo fosse stato tanto disperato da tentare il suicidio.

«E poi?» chiesi con un filo di voce.

«Poi Alby mi ha trovato» sussurrò, distogliendo lo sguardo, e posandolo su qualche Raduraio addormentato.

Non volevo chiedere di più. Mi terrorizzava l'idea di dire qualcosa di sbagliato, ma faticavo a controllare la mia lingua «Perché non me l'hai detto? Gli altri lo sanno?».

Riportò lo sguardo al suolo e scrollò le spalle «Non tutti. Sto cercando di dimenticare questo avvenimento della mia vita. Non ne vado affatto fiero, perciò ti pregherei di non dirlo a nessuno».

Annuii, facendo per dire qualcosa, ma lui continuò «Sarà meglio andare a dormire» mormorò, alzandosi.

«Ehm, okay» acconsentii, seppur incerta, e mi sdrai, accoccolandomi nel mio sacco a pelo.

Newt sorrise, dall'alto – poiché era in piedi – e mi lanciò un ultimo sguardo.

«'Notte» sussurrò.

Sbadigliai sorridendo lievemente «'Notte Newt» e poi lasciai che Morfeo avvolgesse le sue dolci braccia attorno al mio esile corpo, trasportandomi con sé.

Quel posto non mi piaceva.

Non avevo idea di dove fossi, o del perché indossassi un camice banco e un paio di occhiali da laboratorio, ma sapevo perfettamente che quel posto non mi piaceva affatto.

Mi accorsi subito di essere più grande, forse intorno ai quattordici anni, e, nel tentativo di osservarmi i palmi, mi accorsi che erano coperti da un paio di sottili guanti bianchi.

Ero in una sottospecie di laboratorio, di questo ne ero certa, ma non sapevo a che scopo.

«Come procede?» chiese una voce, alle mie spalle.

La me stessa del sogno non si voltò, ma continuò a trafficare con quei monitor e le mille scartoffie sul tavolo «Non sarà facile concludere la creazione» mormorai.

Mia - The MazeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora