Il tiglio

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«Non ci speravo più, sembrava di essere in un incubo con la consapevolezza di trovarmi ad un passo dalla morte. Io non potrò mai ripagarti...» sospirava affannosamente Jessica mentre seguiva i passi di Eliah lungo il bosco. La rugiada che ricopriva il verde sembrava al risplendere dell'alba come una miriade di stelle in un cielo verde, e potendolo vedere, toccandolo, sentendo l'umido fresco del mattino attraverso ogni poro della pelle, lei si sentiva come rigenerata, stava riacquistando fiducia nella vita. Eliah sospirò ripetendo per l'ennesima volta "tranquilla", era tutta la mattina che lo ringraziava. Forse dovrei smettere - pensava Jessica - lo starò scocciando, però è stato gentile con me...non è poi così freddo e cattivo.

Non si rese conto di essere arrossita pensando alla notte passata, ma per lei era qualcosa di nuovo perché non aveva mai avuto grandi contatti con l'altro sesso. Persa nei suoi ricordi non s'accorse di una dispettosa radice troppo sporgente e inciampò cadendo con le mani in avanti ed evitando così di farsi ulteriormente male. Eliah si girò un attimo, scrutò la scena, sorrise e continuò a scostare la vegetazione farfugliando un "attenta" fra i denti. Lei si rialzò subito ed era ancora più rossa per l'imbarazzo. Ho fatto una figuraccia, devo restare nel presente - si rimproverava tra sé e sé mentre un passo seguiva nuovamente l'altro nel tentativo di star dietro al ragazzo che si muoveva speditamente nella vegetazione.«Dove stiamo andando?» Chiese lei con il respiro affannato mentre s'appoggiava ad un pino per prendere fiato. «Praga». Rispose Eliah senza fermarsi. Jessica prese un attimo fiato -Fino a Praga - le balenò nella mente. Era faticoso per lei camminare nel bosco dopo quella notte tormentata, ma non appena cercò Eliah nella vegetazione lo vide molto più avanti e gli corse dietro per non perderlo di vista. -Non voglio essere un peso, non posso permettermelo – pensava, tuttavia faticava ancora a seguirlo, si muoveva troppo naturalmente nel bosco, sembravano una cosa sola.

«Eliah, aspettami!» urlò non vedendolo più, dalle fronde l'eco rispose"muoviti". Spostato qualche ramo pieno di foglie, proseguì per qualche decina di metri annaspando per la fatica e, scavalcata un'altra roccia, scorse davanti a se una radura che si apriva nel verde ed Eliah, che aspettava all'ombra delle fronde di un grosso albero carico di foglie. Raggiuntolo di corsa, gli appoggiò una mano sulla spalla cercando sostegno e, tra una boccata d'aria e l'altra, mugugno:«Certo che potevi ben aspettare, faccio fatica a seguirti».

«Beh sono qui, no?» «Fai il simpatico?»

«No, non potrei mai» concluse lui con un'evidente nota di sarcasmo nel tono.

«Noioso.» aggiunse Jessica sbuffando. «Beh meglio io che un prete ora come ora, no?» ribatté ridendo. Jessica sbottò:«Non è divertente!» Incrociò le braccia e si sedette ai piedi dell'albero sotto cui stavano. «Dai, stavo solo scherzando» disse Eliah tentando di rimediare. «Scherza su altro, stronzo» disse digrignando i denti lei. Anche Eliah a quel punto si sedette sul lato dell'albero vicino a lei. Non si dissero niente per un po', Jessica si era di nuovo portata le ginocchia al petto abbracciandole e non dava cenno di voler parlare. Incerto su ciò che stesse per fare, Eliah aprì bocca con cautela:«Mi dici perché sei arrabbiata? Ho sbagliato a scherzare su ste cose, scusami, però dai. Praga è lontana e gradirei un compagno di viaggio interattivo, non una persona loquace quanto un sasso». «Se stai cercando di attirare la mia pietà, stai facendo il contrario: ti stai attirando un pugno» replicò stizzitala ragazza.

«Ah quindi sei anche combattiva» la stuzzicò ulteriormente Eliah.«Credi che non abbia palle? E risparmiati le provocazioni. Facile con tutti quei trucchi essere forti...ma io sono solo una persona normale». «Ah, allora è questo il problema? Fai confronti tra me e te?» «Può darsi» disse lei con lo sguardo triste fisso tra le foglie e i sassi del terreno.

"Non sono come lui" era una frase costante, che le aleggiava nella mente e ciò la faceva sentire inferiore, inadatta ad essere in compagnia di una persona tanto forte.

Eliah sospirò, alzò gli occhi verso il verde delle foglie che s'intrecciavano facendo trasparire appena la luce del sole. «Sai che albero è questo?» le chiese sorridendo mentre prendeva una delle foglie adagiata tra le robuste radici che sparivano nel suolo. «Un tiglio» rispose lei come se fosse ovvia la soluzione. «Esatto...sai, si racconta nelle leggende del nord che Sigfried, dopo aver ucciso il drago Fàfnir, si fosse fatto il bagno nel suo sangue diventando invulnerabile».

«Equesto cosa centra con il tiglio?» chiese lei un po' confusa. «Non la sai la leggenda?»

«No, le leggende nordiche non sono il mio forte». «Mentre Sigfried si bagnava con il sangue del drago, una foglia di tiglio cadde dal ramo di un albero appoggiandosi sulla sua schiena. Quello fu il punto dove poi Sigfried fu trafitto dall'arma di Hagen». «Come il tallone di Achille!» replicò illuminata lei. «Chi?» chiese Eliah. «Il Sigfried greco, diciamo». Poi soggiunse ancora dubbiosa:«Comunque,tutto questo per dirmi cosa?»

«Vedi, è bastata una cosa semplice come una foglia di tiglio per annullare l'invulnerabilità data dal sangue di drago. Una cosa semplice può vanificare ogni atto, una sciocchezza può uccidere il più forte degli eroi. Noi non siamo niente, non siamo invincibili, anche se ammetto di sentirmi così spesso, ma poi ripenso a questo mito e mi accorgo di essere solo un ragazzo».

«Belle parole, ma i draghi non esistono e tu mi sembri ben lungi dall'essere un ragazzo qualsiasi». «I draghi esistono o non esistono? Chi può dirlo...io so di essere un ragazzo e tanto mi basta; oh e dovrebbe bastare anche a te, no?» Mostrando un po' d'incertezza nel volto, lei rispose:«Se lo dici tu...»

Jessica a quel punto si alzò, si pulì i vestiti dallo sporco della terra e guardò verso la foresta volendo fare un passo. Eliah fece per alzarsi, ma la vide bloccata con gli occhi spalancati e atterriti.«Eliah» sussurrò con la voce tremante lei. Lui si voltò lentamente, vide una macchia scura ingrandirsi sempre di più, alla luce del sole si vedeva chiaramente il pelo bruno, le orecchie piccole a contorno di un muso dotato di denti affilati, la stazza imponente e gli artigli affilati che calcavano il suolo. Lui, sbiancato per la visione, disse senza fiato in gola:«Corri!»

I due scattarono nella direzione opposta, seguendo la strada da cui erano venuti, si muovevano tra gli alberi sperando di rallentare l'orso che li inseguiva. Era evidentemente furioso. Mentre correvano Jessica gridò:«Eliah fermalo!». Lui, già senza fiato,replicò:«Non ho abbastanza Or». «Abbastanza che?» «Corri e basta!»

L'orso non cedeva il passo, anzi più correvano e più la distanza tra loro si accorciava. Jessica non si accorse che cominciava una ripida discesa, poiché era occupata a guardare l'orso. Eliah non fece in tempo a fermarla, lei non trovando il terreno allo stesso livello,inciampò rotolando fra le foglie e fermandosi addosso ad un arbusto che la placcò. Eliah intanto correva giù per la ripida discesa cercando di evitare di scivolare anche lui. Jessica si rialzò velocemente mettendosi una mano sul costato come per trattenere l'aria che le usciva dai polmoni per il dolore. Non fece in tempo a riprendere a correre, si girò e trovò l'orso davanti a se. Questo si alzò su due zampe, lei invece si appoggiò all'arbusto. Eliah gridò disperato:«Muoviti, scappa!»

Jessica vide la zampa destra dell'orso sollevarsi, comprese che non sarebbe riuscita ad uscirne. Eliah scattò in salita sperando di fare in tempo, ma vibrò il colpo verso il basso. Jessica alzò la mano come di riflesso, piangendo urlò:«Fermati, ti prego». Non seguì alcun rumore, nessun fruscio; nessun tonfo fece eco tra gli alberi.

Jessica riaprì gli occhi, vide la zampa a pochi centimetri dalla sua spalla,Eliah guardava da sotto in su senza parole. L'orso si era fermato. La bestia scostò poi l'arto da lei e si rimise su quattro zampe e la fissò con quegli occhi bruni. Lei contraccambiò il lungo sguardo, e, seppur con diffidenza e paura, allungò la mano verso il muso dell'animale. Questo invece protese il muso in avanti, annusando la ragazza. Si strusciò poi nel suo palmo cercando una coccola e indietreggiò successivamente, continuando a guardarla negli occhi come rapito. Si girò di scatto e corse via, sparendo tra i cumuli di foglie secche del terreno, ultimisprazzi dell'inverno che volgeva al termine.

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