Prima nozione

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«Ahi!» digrignava Jessica infastidita mentre si premeva un lembo di stoffa sul costato. La vestaglia marrone che Eliah le aveva dato giaceva appesa ad un ramo assieme alla corda usata per tenerla legata in vita mentre lei si lavava in un ruscello e il ragazzo stava di spalle impassibile.

«Sei sicuro che funzioni questa roba?» chiese lei riferendosi all'intruglio medicinale sulla garza di fortuna. Le gocce d'acqua scendevano dalle spalle di lei e il sole, che penetrava tra i rami fitti, le faceva brillare sulla pelle della ragazza, mentre queste solcavano le sue scapole come una nave fa con il mare, rinfrescando la colonna vertebrale, i fianchi dalle linee regolari, per poi tornare all'acqua del torrente in cui era immersa fino alla vita.

«Sono sicurissimo, piuttosto non hai freddo a stare nell'acqua? Io sto congelando» rispose prontamente. La ragazza aggiunse con ironia:«No! Sto benissimo, se tu non ti lavassi da ere capiresti...comunque non oso pensare cosa sia sta roba gelatinosa». Eliah disse sogghignando:«Merda di pianta».

«Fai il serio! Non mi convinci così» rispose stando allo scherzo.

«Seriamente, è aloe. Ne ho sempre dietro un paio di foglie per evenienze come questa».

«In ogni caso è viscida, non potevi fare come nella galleria?»

«Te l'ho detto, non ho ancora abbastanza Or».

«Ma cos'è sta Or? Me lo spieghi?»

«Ah giusto non te l'ho ancora detto» soggiunse. Fece per girarsi sovrappensiero, per poter parlare meglio. Lei gridò «Non girarti!» mettendosi le mani davanti al seno e arrossendo per la vergogna. Eliah riprese lentamente la posizione iniziale lamentandosi:«Non hai ancora finito? Ci metti due anni per lavarti?» Irritata, Jessica rispose:«Ora esco, scusa se non ho potuto lavarmi per secoli». Allungò il braccio cercando lo straccio sulla riva mentre riemergeva con il resto del corpo dall'acqua e questa s'increspava per i suoi passi. Raggiunta la terra ferma si passò rapidamente il panno sul corpo, asciugando le spalle, il petto, il fondo schiena e le gambe. Rapì la veste dal ramo e la mise rapidamente raggiungendo poi Eliah mentre ancora se la legava alla vita con la cordicella. «Grazie per non aver guardato» mormorò timida. «Non c'è problema» rispose il ragazzo con semplicità. Preso il gruppo di capelli tra le mani, Jessica inclinò la testa verso il basso per strizzarli. L'acqua cadde da quei filamenti castani a bagnare il terreno, non trascurando i piedi nudi di lei. Eliah incuriosito chiese:«Ma perché vuoi camminare scalza?» Jessica, come se le sembrasse un fatto comune, rispose:«Mi ci trovo bene, è bello sentire la terra con i propri piedi».

«Sì, ma puoi pestare di tutto, non ti fa schifo?»

«No, ora come ora no. Poi in città mi metterò qualcosa ai piedi»

Le balenò in mente l'argomento precedente, allora gli domandò:«Non dovevi spiegarmi cos'è quel...» e il suo volto si riempì di dubbio nel tentativo di ricordare la parola. «Or» completò Eliah la frase. Ripresero a camminare ed Eliah cominciò a spiegare:«Nella nostra scienza, Or è il vocabolo che indica l'energia; in ebraico "luce" si dice "or", ed è proprio al concetto di luce che ci riferiamo. Or è la luce che plasma continuamente, quell'energia che scorre in noi con un'intensità costante e che riempie il nostro Kli».

«Va bene, ma cos'è il Kli?»

«Ci stavo arrivando: Kli vuol dire"vaso" ed indica il nostro essere che, come un vaso si riempie e si svuota d'acqua, si riempie e svuota di luce ciclicamente. Diciamo che è il nostro serbatoio energetico».

«E come può riempirsi o svuotarsi?»

«Si riempie generalmente a riposo. Il problema è che più Or manca, più ci mette a riempirsi, perché il flusso che ci riempie attraverso il respiro è quasi sempre lo stesso. Si può attenuarlo o incrementarlo di poco, molto poco, con il controllo della respirazione».

«E tu quanta Or hai usato?»

«Abbastanza, quella che mi resta mi serve e poi, in ogni caso, è qualcosa che ti stanca fisicamente, e tanto anche. Da quando siamo partiti ne ho recuperata un po' ma non abbastanza da fermare un orso. Quanto al resto te lo devi far spiegare bene da qualcun altro, perché io non te lo saprei dire come si deve».

«E a chi devo chiedere?» domandò Jessica al culmine della curiosità.

«A mio padre più tardi, quando lo raggiungeremo» concluse Eliah.

«A Praga?!» esclamò lei basita.

«Esatto - precisò il ragazzo – a Praga. Allora non m'ignori quando parlo».

Scherzando Jessica commentò:«Parlassi spesso, potrei». Eliah non rispose, ma accennò un sorriso. "È strano" pensò "l'orso si è fermato in maniera innaturale, non di certo perché lo volesse. C'è qualcosa in lei...non è soltanto quel che vedo io qui di fianco a me, c'è altro".

«A che pensi?» lo interruppe Jessica. «No, niente» asserì il ragazzo.

La vegetazione diveniva sempre più fitta, tanto ché pareva una coltre impenetrabile da nessun fattore esterno ad essa, come quando si tenta di osservare oltre il ghiaccio dello specchio di un lago congelato. Davanti a loro si estendevano a perdita d'occhio chilometri di reti sotterranee di radici, Il ruscello di poco prima li accompagnava facendo anche una discreta compagnia. Jessica adorava il suono dell'acqua corrente, era una sinfonia di sottofondo che aveva sempre apprezzato, senza una ragione precisa. Qualcosa d'un tratto la distrasse, non si sentì più a suo agio; si fermò dritta in piedi per qualche secondo ad ascoltare. «Eliah!» esclamò. «Cosa?» chiese lui dopo essersi fermato.

«Dobbiamo nasconderci!»

«Perché?»

«Non lo senti?»

Eliah stette in silenzio per un attimo. Non sentì nulla di strano, eccetto che i brulichii, gli scricchiolii o i fruscii della foresta. «Non sento nulla» affermò quindi con certezza. «Ascolta il terreno allora!» si raccomandò Jessica impaurita. Eliah si mise in ginocchio, appoggiandosi con le mani al suolo, sostenne il peso del suo corpo mentre l'orecchio indagava i rumori provenienti dal terreno. Jessica lo vide alzarsi di scatto, sembrava preoccupato dall'espressione torva. «Cavalli...» disse infastidito. «Adesso mi credi?» replicò lei. «Non manca tanto, quanti giorni di cammino sono passati?» chiese Eliah avendo perso il conto. «Non lo so, sei o sette forse» rispose lei dubbiosa.

«Cazzo, mio padre ci aspetta oggi! Muoviamoci!» incitò allora lui.

«Ma non arriveremo mai a Praga entro oggi, neanche di corsa»

«E chi ha detto che ci arriveremo correndo?» chiese lui ridendo mentre aumentava la velocità dei passi per sfociare in una corsa contenuta. "Non ci capisco nulla" concluse nei suoi pensieri Jessica e gli andò dietro correndo. Si destreggiarono tra gli alberi cercando di scappare in luoghi difficili da raggiungere per dei cavalli: terreni pieni di radici, punti in cui gli alberi crescevano ravvicinati, erano luoghi ideali per rallentare, anche solo di poco, un gruppo di cavalieri, sempre che di questi si trattasse. Eliah pensò, che non sarebbe stato il caso di rischiare aspettando solo per controllare chi stesse facendo la loro strada. Senza accorgersene Jessica si ritrovò guidata fuori dalla foresta, su una sconfinata distesa d'erba nuova con anche in bucaneve che foravano la leggera crosta bianca residua dell'inverno. «Non fermarti, dobbiamo arrivare al monte!» le gridò Eliah mentre si allontanava in direzione dell'imponente montagna che si ergeva davanti a loro, con ancora la cima innevata.


Angolo autore

Eccoci qui con l'ottavo capitolo. Jessica riceve un primo insegnamento su ciò che si cela dietro i misteriosi poteri di Eliah, ma la situazione non è ancora tranquilla. 

Parlando di novità, ho eletto il lunedì come giorno di pubblicazione. Quindi El Shaddai uscirà ogni lunedì :D Votate, commentate e diffondete se volete che prosegua! Io sono aperto ad ogni tipo di domanda(nel limite del rivelabile e spoilerabile) ^^

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