-one-

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Remus.
"FRED! GEORGE! POSATE IMMEDIATAMENTE QUELLE ZUCCHE!"
Cerco di trattenere le risate per non farmi sgridare da Molly, che tanto ormai ci ha preso gusto.
Siamo seduti a tavola in attesa della cena. Harry è qui da qualche giorno e sembra felice. Lo spero per lui.
"Sedetevi anche voi due, forza."
"Arthur! Io li sgrido e tu invece non gli dici una parola!"
"Quello di sgridare è il tuo campo Molly cara."
"Mangiamo questo dannato stufato."
Ne distribuisce un po' ad ognuno di noi. Un po' per Molly vuol dire una porzione da tredici a testa.
"Non mangiate mai troppo! Soprattutto tu, Remus! Tu hai bisogno di più forze degli altri!" Mi direbbe in questo momento.
Il rumore di una porta che viene sbattuta rompe il caldo silenzio che si era instaurato nella sala.
"La staccherà quella porta se continua così." Borbotta Sirius.
"Cerca di capirla, Sirius." Molly e Sirius sembrano cane e gatto, sempre e comunque.
"Devo cercare di capirla?! Ma ti rendi conto che la capisco benissimo, fin troppo? Non avrei mai e poi mai desiderato che lei provasse un dolore così grande come quello provato da me e dal vecchio lupo qui presente!"
Ormai si è alzato in piedi e sta gridando.
"Sirius. Siediti."
"No, non mi siedo, Remus."
"Ho detto seduto."
"Allora va' da lei."
"Si, ci vado. Ma tu siediti."
Quando lo vedo lasciarsi andare sulla sedia mi alzo e mi dirigo su per le scale fino ad arrivare ad una porta sulla quale c'è una scritta.
N.A.T.
In rosa. Un classico, da parte sua.
Busso un paio di volte ma non ricevo risposta se non alcuni songhiozzi soffocati.
"Dora, aprimi. Lo so che sei lì. Ti sento."
"Vattene, Remus."
"Non me ne vado finche non mi apri." Dei passi accompagnano lo sbuffo di risposta, poi la porta viene aperta mostradomela in tutto il suo dolore e in tutta la sua vulnerabilità.
Ha gli occhi rossi, i capelli marroni o neri, la pochissima luce mi impedisce di riconoscere a pieno il colore, e mi sta guardando senza il solito sorriso. Non dico nulla e neanche lei apre bocca. Semplicemente si lascia andare fra le mie braccia in quello che dovrebbe essere un abbraccio. Solo quando poggio le labbra sulla sua fronte con l'intenzione di lasciarle un bacio mi rendo conto di quanto lei stia scottando.
"Sdraiati, Dora. Sei bollente. Domani non metti piede fuori da questa casa per quanto sudicia possa essere."
Un gemito di conferma fa da risposta.
La copro e poi mi siedo accanto a lei.
"Ho caldo!" Scalcia via le coperte facendomi alzare gli occhi al cielo.
"Non fare la bambina, dai. Ti deve scendere la febbre." La ricopro sperando che abbia appena un pelino di pietà di me.
"Uffa."
"Ti prego."
"Okay..." acconsente. La copro meglio e la osservo da seduto. Istintivamente le accarezzo i capelli che diventano immediatamente rossi.
"Remus?"
"Dimmi."
"Rimani qui con me? Almeno finchè non mi addormento...per favore."
"Fammi un po' di posto, dai."
"È la stessa frase che mi hai detto la sera in cui Violet è svenuta nel Lago Nero."
"Hai registrato tutto quello che ho detto nella mia vita?"
"All' incirca." Mi lascio andare ad una leggera risata e mi sdraio vicino a lei, cingendo il suo fianco con un braccio. Si volta e appoggia la testa sul mio petto, come se fosse una protezione, come se desiderasse la mia protezione, come se io la dovessi proteggere da tutto e da tutti.

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