capitolo 4.

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Din don!
Alzo inconsapevolmente gli occhi al cielo e mi dirigo verso l'entrata sotto lo sguardo divertito di Roberta. Spalanco la porta e davanti a me non trovo nessuno. Mi affaccio fuori e guardo prima a destra, verso le scuole elementari, e poi a sinistra, verso il negozio di Angela la fioraia. Nessuno, non c'é nessuno. Maledetti bambini! Prima o poi ne acchiapperò uno e lo pagherò profumatamente per fargli raccontare in giro che l'ho torturato. Solo così smetteranno di rompermi le ovaie ogni santa sera! Rientro in casa e mi avvicino nuovamente al tiramisù che mi sta praticamente implorando di mangiarlo ma..

Driiiin
Ecco che risuonano. E questa volta l'imboscata mi viene tesa dalla porta del salotto. Trascino i piedi fino alla grande porta verde e la spalanco di colpo. Non si vede nessuno. Stupidi bambini, stupidi, stupidi, stupidi! Ritorno da Roberta con aria irritata e finalmente riusciamo ad avere un po' di pace e a mangiare la torta. Inizia a farsi tardi e dopo un po', approfittando dell'apparente fine del temporale, Roberta ritorna a casa. Cerco di rimettere tutto in ordine senza fare rumore, perché i miei stanno dormendo al piano di sopra e svegliarli a quest'ora equivale a mettere la firma sulla mia condanna a morte. Passano alcuni minuti in cui sento soltanto il battito del mio cuore e il leggero russare di papà, ma dopo alcuni secondi sento di nuovo suonare il campanello del salotto. Non ne posso più e questa volta, infischiandomene del rumore che provoco, apro di botto la porta e mi catapulto fuori non curante della pioggia che ha ripreso a cadere. Ma invece di sentire sulla pelle la leggera brezza causata dalla corsa che ho intenzione di fare per acciuffare quei rompipalle, avverto su tutto il corpo qualcosa bagnato.. Come un muro. Rischio quasi di cadere ma delle braccia mi afferrano al volo e riesco a recuperare l'equilibrio e a non finire a terra. Faccio qualche passo indietro, la pioggia continua a cadere incessantemente. Il suono provocato dalle gocce che toccano il suolo e il cielo pieno di stelle mi mandano per un attimo in confusione. Chiudo gli occhi e, quando sento qualcosa toccarmi la mano destra, li riapro di scatto. Davanti a me si materializza la figura di un uomo, di un ragazzo oserei dire. Indossa una felpa nera con un cappuccio. Il ragazzo non prova a dire nemmeno una parola e continua a guardare verso il basso. Sono spaventata, potrebbe essere chiunque ma soprattutto potrebbe farmi qualsiasi cosa. Cerco di razionalizzare.. Nel caso peggiore con un urlo riuscirei a svegliare i miei o almeno qualche vicino e potrebbero eroicamente salvare me, una docile fanciulla in pericolo, da un probabile stupratore. E poi in giro nonostante la pioggia ci sono i bambini che tanto amo. Aiuteranno sicuramente colei che ogni sera tentano di mandare in manicomio. Ma poi penso che un serial killer che si rispetti non avrebbe mai suonato al campanello di una sua possibile vittima e mi tranquillizzo ancora di più quando mi rendo conto che sono passati diversi minuti da quando ho aperto la porta e che sono ancora tutta intera.  Solo più tardi mi rendo conto di un qualcosa che continua ad accarezzarmi il dorso della mano destra come per tranquillizzarmi. Abbasso lo sguardo e noto che é "l'uomo nero" a tentare questa impresa. Ergo l'ipotesi dello stupratore e del serial killer non mi sembra plausibile. Ma allora.. Ritiro immediatamente la mano, e mentre lo faccio sento un ghigno provenire da sotto il cuppuccio. La testa del personaggio di sesso maschile davanti a me automaticamente si alza. Rimango imbambolata davanti a Riccardo.

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