All'improvviso il buio (parte 1)

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Una volta uscita restai sola in quella stanza d'ospedale, fin troppo vuota, l'aria era pesante e faticavo ad immagazzinarla nei polmoni.

Mi chiedevo cosa pensasse mia madre di tutto ciò. Cosa aveva da dire al dottore? Perché non ha cercato di proteggermi ? Era una situazione più grande di me. La testa faceva troppo male per pensare e realizzare ciò che avevo scoperto alcuni minuti prima.

Dopo qualche istante uscì da quella stanza, mi avviai verso l'ascensore e arrivai al piano terra dell'ospedale. Avevo uno strano calore che mi percorreva e mi indeboliva sempre più, non riuscivo nemmeno a piangere. Usci dall'edificio e mi sedetti in un muretto, non sapendo cosa fare presi il cellulare e decisi di chiamare George che era rimasto dalla nonna.

Mio nonna, preoccupata per lo stato di salute del figlio, non si fece attendere e rispose subito.

"Ciao nonna sono Chloe, come sta George?"

"Bene tesoro, tuo padre piuttosto come sta? La tua voce non sembra promettere nulla di buono."

"Ne parliamo dopo okay? Sta tranquilla, dì a George che presto saremo lì!". Detto questo chiusi la chiamata con mia nonna e mi riavviai nel reparto dove era ricoverato mio padre.

Camminai fino alla sua stanza, ma ancora non avevo il coraggio di aprire quella porta e vedere l'orrore che si celava al suo interno. Appena le passai accanto era del tutto spalancata e vidi ciò che non avrei voluto assolutamente vedere. Mia madre era seduta su una sedia, con il volto rigato di lacrime e la mano di mio padre stretta alla sua.

Parlava, ma non riuscivo a capire una parola di quello che stesse dicendo e sentì il bisogno di aiutarla, farle capire che c'ero e che avevo bisogno di lei. Entrai e unì la mia mano sulla loro stretta, mamma non si mosse, era come ipnotizzata, persa a scrutare il volto inerme di mio padre. Lo guardava e piangeva ininterrottamente. A quel punto entrò l'infermiera, ''scusate, l'orario delle visite è finito, vi chiedo per favore di uscire dalla stanza, dobbiamo anche controllare i valori del paziente'' disse con un filo di voce mista a gentilezza e disagio. Mia madre non aveva la forza di alzarsi, così la aiutai e quando si mise in piedi fece ricadere tutto il suo peso sul mio corpo e per poco non caddi insieme a lei. Uscimmo dalla stanza e ci dirigemmo verso l'ascensore che ci portò a piano terra e da lì andammo fino al parcheggio. Mia madre non parlò per tutto il tragitto, guardava il vuoto e per un attimo abbi paura che non fosse più stata la stessa, che tutto ciò l'avrebbe fatta cambiare, che la mia vita fosse sconvolta per sempre. Con lo sguardo cercai la macchina di mamma, scossi la testa per liberarmi dai brutti pensieri e la raggiunsi. Avevo paura a farla guidare, così decisi di farlo io, visto che disponevo già di una patente. Mi ricordai come mio padre mi insegnò a guidare e mi vennero le lacrime agli occhi. Riuscì a spingere questi pensieri in fondo alla mia mente e aiutai mia madre a salire in macchina.

**

Guidai fino a casa di mia nonna e parcheggiai nel vialetto. Scesi e andai ad aprire la portiera a mia madre e la aiutai a scendere. Salimmo le scale e suonai il campanello. Mia nonna aprì subito, come se stesse già dietro la porta. Alla visione di ciò il viso di mia nonna si impallidì, spalancò la bocca e senza chiedere niente aiutò mia madre ad entrare in modo da stendersi sul divano. Gli occhi di mia nonna guardavano mia madre, poi me, poi tornarono nuovamente su di lei.

''Helen cos'è successo? Come sta mio figlio?''
Mia madre non parlava, fissava un punto della parete con gli occhi sgranati e iniettati di sangue, poiché durante il tragitto non aveva fatto altro che piangere.
In quel momento apparve George, con una macchinina in mano, ignaro di tutto quello che era appena successo.
''Piccolo mio, ciao'', le accarezzai i capelli e lui mi sorrise.

''Perche piangi?'' mi disse.

Sgranai gli occhi, ricordandomi che non mi ero nemmeno dato una pulita e che avevo tutto il trucco sbavato sotto gli occhi.

''Non sto piangendo tesoro mio'', dissi, intenta a togliere il trucco dagli occhi.

Cercai di sorridere un po', ma evidentemente non ci riuscì, dato che George non ricambiò.

''Dai piccolo, vai a giocare fuori con le macchinine!'' Lui sorrise e uscì tutto contento.

Mi affacciai alla finestra e lo guardai, era seduto sul prato che faceva correre le sue macchinine e faceva strani rumori con la bocca e pensai a quanto è bello essere bambini, così allegri e spensierati..

La voce di mia nonna mi portò alla realtà.

''Chloe, mi spieghi cos'è successo? Perché tua madre è così sconvolta?'' disse mia nonna.
''Nonna.. non farò giri di parole. Mio p-padre.. ecco, lui.. ha un tumore incurabile, gli r-restano.. pochi giorni di vita''.

Mia nonna sgranò gli occhi e cominciò a piangere, con la mano sulla bocca per attutire i singhiozzi. Mia madre restò immobile, con lo sguardo perso nel vuoto; io non riuscivo a piangere.
Non potevo sopportare altro dolore e dissi a mia nonna che sarei uscita e che avrei preso la macchina di mamma, dato che lei sarebbe rimasta lì con George.
Salì in macchina e feci quello che dovevo fare da troppo tempo, mandai un messaggio a Luke.

<<Luke dobbiamo parlare, raggiungimi a casa mia.>>
Luke mi scrisse che sarebbe arrivato a minuti ed io mi precipitai a casa.

Parcheggiai nel vialetto e scesi di corsa, aprì la porta e mi sedetti sul divano del salotto. Feci un enorme respiro e mi ripetei tutto il discorso in testa. Sentì aprire la porta di casa e vidi entrare Luke.

''Chloe che è successo? Non ci siamo sentiti per tutto il giorno''.

Lo feci sedere accanto a me e in quel momento le parole mi morirono in gola, non riuscivo più a parlare.

''Chloe mi stai spaventando, ti prego, parla con me''.

Allora mi decisi a parlare. ''Mio padre ha un tumore incurabile e gli hanno dato poche settimane di vita.''

Mi bloccai e alzai gli occhi per guardarlo e vidi che mi guardava con gli occhi sgranati. Boccheggiava e non sapeva cosa dire. Conosceva mio padre da quando aveva quattro anni ed era legato a lui e lo potevo capire, ma il mio dolore era più grande e volevo finire questo discorso, anche se sapevo che non sarebbe finita bene.

''Luke io.. io volevo parlarti anche di altro, della nostra storia, di noi due. I-io non penso che possiamo continuare così, io sto troppo male adesso e sento il bisogno di stare da sola e.. i-io non penso di amarti più come una volta, anzi, penso di non averlo mai fatto. Sei come un fratello per me, ti voglio bene, non prenderla male, ti prego. M-mi dispiace, io.. sto già male''.
Luke mi interruppe e si alzò dal divano con una faccia sconvolta.

''Mi stai lasciando Chloe? Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme? Mi dici che tuo padre sta per morire e poi mi lasci, stai scherzando spero?''.

Non sapevo cosa dire e abbassai la testa.

"Sono seria Luke, mi dispiace tanto"dissi, mentre i miei occhi affogavano tra le lacrime. Presi un sospiro e continuai "mi rendo conto di aver scelto il momento peggiore per dirtelo, e me ne vergogno, ma era da tempo che mi chiedevo se quello che provavo per te era amore, ho capito di volerti bene ma non amarti, mi dispiace solo per averlo fatto nel momento sbagliato".

"I-io n-non capisco, forse sei solo confusa, forse è colpa di tutto ciò" disse guardandomi in maniera perplessa e compassionevole.

"Scusa Luke ma ho bisogno di restare da sola, mi dispiace!"

Non disse nulla, non lo guardai nemmeno allontanarsi, mi limitai ad ascoltare il rumore dei suoi passi. Sentì la porta di ingresso sbattere e capì che se n'era andato. Mi lasciai sprofondare nel divano, con la testa che stava per scoppiare e con le lacrime che scendevano frenetiche, più potenti di prima e mi lascia andare ad un pianto disperato.

Salvata da uno sbaglioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora