III - Un amore mortale

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Per un istante, Henry pensò di aver sentito male e di essersi immaginato tutto, di nuovo; ma aveva già avuto a che fare con quel tipo di sensazione, e non si sarebbe lasciato ingannare un'altra volta.

La donna gli aveva appena chiesto di aiutarla a ritrovare la sua fede nuziale, che gli piacesse o meno.

"Un anello è di dimensioni piuttosto ridotte", le fece notare allora, provando a farla ragionare. "È una missione pressoché impossibile da portare a termine".

Un sospiro proruppe dalle sue labbra rosee, simbolo di una delusione che però non arrivò agli occhi e tanto meno scalfì il ritmo costante della melodia del violino.

"Ma so già dove potrebbe trovarsi", ribatté quindi, asciugandosi le lacrime con gesti rapidi e delicati. "Però ho bisogno del vostro aiuto".

Henry le si avvicinò un po', pensando ad un modo per prendere tempo.

Il fatto che avesse chiesto proprio a lui una mano lo insospettiva parecchio, ma del resto doveva esserci un motivo se ogni notte continuava a trovarla sempre sulla stessa tomba.

"State suonando in onore del conte Frederik?", le chiese, evitando con agilità la sua richiesta e sedendosi su un masso sporgente dal terreno.

"Mio marito", gli rispose, e la sua espressione sembrò mutare per poco più di un secondo in una maschera di pura tristezza; poi tornò perfettamente neutrale.

"Vostro marito?", ripeté Henry, convinto di aver interpretato male le sue parole. "Ma il conte era sposato con Camille, la figlia dei marchesi di Moonland".

La donna sorrise con cattiveria per un istante e la musica divenne subito più acuta e veloce. "Questo è ciò che si dice in giro, immagino".

Henry annuì brevemente.

"Erano promessi sposi, sì", continuò la donna con una smorfia fra le labbra. "Ma Frederik amava me. Ci siamo sposati la sera prima del suo matrimonio, con una cerimonia segreta e privata a cui hanno assistito solo mia madre e mio fratello; eppure, nel momento dello scambio degli anelli, Camille è entrata in chiesa con un pugnale in mano, avendo scoperto il tradimento in chissà quale modo. Ha iniziato ad inseguirci sul suo cavallo, mentre noi scappavamo sulla carrozza. Il resto della storia credo che la conosciate già".

Henry annuì di nuovo, senza parlare.

Erano stati trovati cinque cadaveri e un ferito, quindi - evidentemente - la donna senza nome era riuscita a scappare e a salvarsi prima che arrivassero i soccorsi.

Forse la sua relazione clandestina era il motivo per il quale si era rivolta ad un ragazzo come lui, talmente solitario e devoto al suo lavoro da non permettersi chiacchiere inutili e pericolose con gli altri abitanti di Gloompark.

"Per questo avete chiesto aiuto a me?", chiese Henry, pensieroso. "Perché sapevate che io non ne avrei parlato con nessuno?".

Il sorriso della donna fu tanto furbo quanto maligno. "Anche".

E a quel punto Henry capì che non avrebbe aggiunto altro.

"Come vi chiamate?", le domandò, per non darle l'occasione di terminare la conversazione.

"Annabelle", rispose, e terminò la melodia con un acuto finale e meraviglioso. Si girò nella sua direzione con un sorriso sul volto, fissandolo dritto negli occhi mentre aggiungeva: "Voi dovete essere Henry".

Lui annuì ancora una volta, troppo sorpreso del fatto che conoscesse il suo nome per chiederle come ciò fosse possibile. Immaginò che, durante le notti precedenti in cui aveva lasciato che il sonno prevalesse e lo conducesse a casa, Annabelle ne avesse approfittato per fare un giro del cimitero, per poi notare il cartello con sopra il nome di Henry appeso accanto al cancello.

Con un sospiro di incoraggiamento, riuscì a far prevalere la stizza e le chiese: "Come mai non mi avete mai risposto, quando vi chiamavo?".

"Perché non vi siete mai rivolto a me tramite una domanda", gli rispose Annabelle, come se fosse ovvio. Gli si avvicinò lentamente, per poi sedersi al suo fianco sul masso di fronte alla tomba del conte.

La confusione di Henry arrivò alle stelle mentre inarcava le sopracciglia. "Non capisco".

"Non importa", ridacchiò lei. Girò il busto per guardarlo bene in viso con l'espressione più seria che gli avesse mai visto fino a quel momento. "Immagino che Frederik sia stato sepolto con la fede al dito, giusto?".

"Sì", confermò Henry, sentendosi imbarazzato per essere così al centro della sua attenzione. Spostò gli occhi sulla tomba per avere un momento di respiro, poi si strinse nelle spalle.

"E Camille?".

"Lei no". Si costrinse a guardarla di nuovo per evitare che lei interpretasse il suo sguardo sfuggente come una conseguenza di una menzogna. "Durante il ritrovamento dei corpi, solo Frederik aveva l'anello".

"Certo", sospiro Annabelle, e con espressione malinconica ricominciò a fissare la tomba del marito. "L'altro era destinato a me. E sarebbe ancora mio, se Camille non fosse entrata in chiesa nell'esatto momento in cui Frederik stava per infilarmelo al dito".

Henry si sentì preso in giro, accorgendosi che i conti non tornavano. "Allora perché me l'avete chiesto, se sapevate già la risposta?".

Annabelle riportò lo sguardo su di lui e scrollò le spalle con delicatezza. "Pensavo che i marchesi di Moonland avessero trovato la mia fede e l'avessero messa al dito della figlia per evitare che scoppiasse uno scandalo: immaginate la reazione dei cittadini se avessero saputo che il futuro marito della loro bambina aveva sposato un'altra donna".

"Ah", sussurrò Henry, un po' deluso. "Comunque no, non è stato trovato nessun anello; solo quello del conte Frederik".

Annabelle socchiuse gli occhi in una chiara espressione pensierosa, mettendolo in soggezione più di quanto non fosse già.

Per trarsi in salvo, Henry spostò lo sguardo sul suo vestito e solo allora si ricordò delle evidenti macchie scure di sangue. Saltò in piedi prima di rendersene effettivamente conto, mentre le diceva: "Ma voi siete ferita!".

Annabelle aveva un'espressione piuttosto confusa, come se non avesse realmente colto il messaggio di quelle parole. Poi si esaminò l'abito e proruppe in una risata argentina. "Sto bene, non vi preoccupate".

"Siete tutta sporca di...".

Lo costrinse a non terminare la frase con un semplice gesto della mano e le palpebre chiuse. Aveva la capacità di farlo sentire un bambino piccolo e capriccioso obbligato ad obbedire a qualsiasi ordine di silenzio imposto dalla madre.

Corrugando le sopracciglia dal fastidio, si sedette di nuovo accanto a lei incrociando le braccia al petto.

Lo sguardo pensieroso di Annabelle non se n'era mai andato durante quel piccolo battibecco, ma diventò ancora più evidente mentre gli chiedeva: "Conoscete la strada per Moonland, Henry?".

"Certo", borbottò lui. "È esattamente dietro il cimitero".

"E sapete come raggiungere la dimora del conte Frederik?".

"Sì", rispose Henry, stavolta con tono più macabro. "Anni fa, mio nonno mi portò con lui quando dovette andare a prendere i cadaveri dei suoi genitori".

"Bene", si complimentò Annabelle, con un sorriso malizioso e semplicemente irresistibile. "Ho una missione per voi".

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