Lettera 4

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Caro Viktor,
non ho resistito nemmeno un giorno.
Ormai scriverti è diventata come una droga per me. Quando ti scrivo sento che posso finalmente sfogarmi, far uscire tutto quello che ho dentro, essere per una volta me stessa.
Perché non sono me stessa, nella vita di tutti i giorni.
Come faccio a dire a Ron che non mi rende più felice?
Prima ne ero convinta, convinta che con lui avessi finalmente trovato la mia dimensione.
Ma è bastato scrivere un paio di righe a qualcun altro, un paio di righe di ricordi impressi nella mia mente, per capire che questa che sto vivendo ora non è felicità.
Per me felicità è leggere, conoscere nuove cose, andare a fare un giro con gli amici, non passare ore e ore in casa a cucinare, perché tuo marito non sa nemmeno riscaldarsi da solo un piatto di verdure congelate.
Non è felicità stare da sola pomeriggi interi perché tuo marito vuole allenarsi a Quidditch e non vuole che tu lo guardi perché secondo il suo pensiero lo distrai.
L'unico barlume di luce in questo buio, è Rose.
Nascerà fra pochi mesi.
Stasera verranno i Potter a cena noi. Devo prepararmi mentalmente a non farmi partire l'embolo.
James, il figlio di Harry e Ginny, è il bambino più agitato che io abbia mai visto in vita mia.
L'ultima volta che sono venuti, ha distrutto l'intera argenteria con la sua bacchetta finta.
Che tanto finta non deve essere, se è stata in grado di farla fuori.
L'ho riparata con l'incantesimo Reparo, ma si vede che qualcosa le è successo, perché alcune ammaccature non se ne sono volute andare via.
La volta prima, ha quasi ucciso il nostro gatto.
Gli è saltato letteralmente addosso, e il gatto è rimasto bloccato sotto di lui, rischiando seriamente di soffocare.
Il gatto si chiama Grattastinchi, come quello che ho avuto io ad Hogwarts.
E Ron che ha fatto? Ci ha riso. Sia per l'argenteria che per il gatto.
Non mi ha aiutato a riparare niente, limitandosi a guardare.
Stavo per lanciargli una maledizione.
Spero che stasera James non abbia una serata no, perché altrimenti mi rifiuto di reinvitarli ancora a cena.
Ti ricordi no, Harry Potter?
La sua particolare partecipazione al torneo, a soli 14 anni, e il suo partecipare alle prove.
Sai, all'inizio credevo che tu venissi sempre in biblioteca per studiare metodi per passare le prove del TreMaghi.
La mattina dopo il tuo arrivo, io mi fiondai proprio lì.
Le mie intenzioni erano quelle di documentarmi sullo status degli elfi domestici.
Sono entrata e ho chiesto a Madama Pince dove fossero i tomi che mi interessavano.
Mentre parlavo con lei, ti ho visto entrare. Io imbarazzatissima ho preso i libri e mi sono messa a guardarli nell'angolo più remoto della biblioteca. Poco dopo ti ho visto dirigerti dalla mia parte, con in mano un libro di incantesimi, e sederti nel tavolino vicino al mio.
Il mio imbarazzo salì a livelli a cosmici, mentre il mio stomaco ballava la break-dance.
Non ho fatto in tempo a tornare in me, che subito sono entrate in biblioteca delle ragazze, che come furie, ti si sono avventate addosso.
Chi per chiederti un autografo, chi una foto assieme, chi solo per vederti.
E a quel punto ho mandato definitivamente al diavolo gli elfi.
Ho trovato un coraggio che non avrei mai pensato di avere, e ho detto loro senza tante cerimonie di levarsi dai bolidi, perché eravamo in una biblioteca, e in biblioteca non si fa baccano.
Dovevo apparire davvero fuori di me, perché quelle andarono via alla velocità della luce.
Mi voltai allora verso di te, con l'obbiettivo di scusarmi per aver mandato via le tue fan, ma tu mi precedesti.
"Gr-azie".
Il mio stomaco improvvisò un assolo di break degno di medaglia.
Una sola parola, pronunciata con il tuo strano accento.
Io vidi così tante stelle che se la professoressa Sinistra di Astronomia mi avesse chiesto in quel momento di disegnare una mappa celeste, avrei preso direttamente il M.A.G.O.
Farfugliai un imbarazzatissimo "Di nulla", e me ne andai subito, scarlatta come un peperone.
Te lo ricordi, vero?
Vado a portare nel cassetto anche questa lettera. Devo tornare alla vita reale.
Tua, Hermione

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