Capitolo 5~ Il tempo lascia le cicatrici

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"Aha...così posso supporre che il teppista ,per non dire imbecille fortemente ritardato, che ha imbrattato le mura di casa mia sia tu?"
Intervenne Gerard facendomi gelare il sangue per la sorpresa.
"Mi stai dando forse dell'imbecille?"
Ribadì il coglione dentro la macchina facendo un sorriso storto.
"Sì e anche fortemente ritardato"
Mi intromisi io non riuscendo a trattenermi. Non mi piace quando qualcuno prende in giro la persona che ammiro e che amo.
"Waw! Non avete paura di me, bene. Comunque non avete risposto alla mia domanda... frocio fortemente sottosviluppato!"
L'ultimo commento era riferito a me.
Fortuna per lui che non ero solo sennò a quest'ora starebbe già rimpiangendo il suo ciuffo schifosamente biondo.
A quest'ultimo commento, però Gerard si mise sulle difensive e mi posò dolcemente la sua mano sulla mia spalla e con leggerezza mi strinse a sé e io non feci altro che guardarlo con stupore. Sapeva benissimo che quel comportamento avrebbe infastidito a morte quei pazzi dentro la macchina e avrebbe potuto far imbestialire il tizio con ciuffo ossigenato, ma non gliene importava nulla. Voleva stare con me come anche io volevo stare con lui e nulla di tutto ciò ci avrebbe mai separati. Insieme eravamo forti, insieme eravamo vita e solo ora capisco che nulla sarebbe riuscito a far sciogliere quel legame che ci univa così tanto da non riflettere sul fatto che anche i legami che sembrano indistruttibili sono i più fragili che esistano.
"No. Non abbiamo paura di te e credo che se non ti muovi a togliere queste tue chiappe da qui chiamo la polizia e ti faccio entrare in carcere in calci in culo. Mi hai capito o devo ripetere?"
Non avevo mai visto Gerard così irritato e per farlo innervosire ci voleva davvero un gran coraggio. Personalmente non mi ero mai scontrato con la parte feroce di Gerard che anche se poteva sembrare inesistente io non desideravo per niente conoscerla ,ma era impossibile non scontrarsi con essa in quel momento.
Gli sguardi infuocati tra noi e il tizio si stavano accendendo sempre di più e non avrei mai pensato che ne saremmo usciti vivi o illesi da quello scontro, ma proprio quando tutto sembrava andare per il peggio del peggio una voce rauca e priva d'espressione ci sorprese tutti quanti.
"Jack, ti conviene togliere il disturbo prima che ti rispedisca da tua madre dentro un pacco postale assieme ai tuoi amici"
Ci girammo di scatto verso il proprietario della voce e con mio grande stupore scoprii che era una ragazza.
"Ecco, ci mancava all'appello la lesbica rompipalle del giornale!"
Esclamò divertito il tizio che ora aveva anche un nome.
"Sì e se non vuoi finire sul mio giornale per disturbo della quiete pubblica e per aver scritto frasi oscene su un muro di proprietà privata continua a sostare con il tuo rottame su un parcheggio per disabili".
Concluse ella senza un filo di espressione nella voce e con sguardo freddo lo intimò a scomparire il più veloce possibile. Infatti così fu dopo che Jack aveva imprecato diverse volte rimise le mani sul volante e sfrecciò lontano a tutta birra.
Tutto era tornato alla normalità. Il silenzio che prima era sparito nel nulla era tornato e io e Gerard rimanemmo per un bel un po ' di tempo a esaminare quella strana ragazza che ci aveva dato una mano a toglierci dai piedi quello stronzo.
Quella era la prima e l'ultima volta che vidi Sally o meglio Sandra Blockvist caporedattore e scrittrice del giornale mensile Strange il quale risiedeva in una città lì vicina. Era di origine svedese, ma si era trasferita qui quando era ancora bambina . Era alta circa un metro e cinquanta, magra da far paura e si vestiva con indumenti alquanto insoliti che la facevamo somigliare a un'adolescente di diciotto anni. Indossava dei jeans scuri consunti con qualche strappo qua e là, una t-shirt nera con una scritta bianca un po' sbiadita che diceva 'se sei stronzo con me io lo sarò con te' e sopra aveva messo una giacca di pelle con le borchie sulle spalle. Il trucco che portava sul viso era molto a tema con tutto il vestiario: un ombretto pesante nero ricopriva le palpebre e un rossetto dello stesso colore intensificava le labbra che possedevano un piercing sul labbro inferiore a destra.
Una cosa però che mi colpì davvero molto era un cicatrice che solcava la guancia sinistra per dieci centimetri. Era spaventoso pensare perché quella cicatrice fosse proprio lì, ma non voglio raccontare la storia di quel brutto segno indelebile e voglio solo dirvi che per quanto avesse sofferto tanto me e Gerard messi insieme lei continuava a lottare per la vita e per la vita degli altri e io la ringrazio ancora per questo.
Si accese una sigaretta,fumò come se noi non ci fossimo e infine gettò il rimanente della sigaretta a terra.
La pestò con il tacco dello stivale e fece retro-front senza salutare.
Era fredda come il ghiaccio e sapevamo benissimo (dalle voci che giravano su di lei in paese) che era impossibile attaccare un discorso con lei e di ringraziarla abbastanza per quello che aveva fatto così rimanemmo in silenzio.
"Grazie!"
Urlò infine Gerard quando Sally era già lontana da non sentirlo.
"Non serve"
Dissi io.
"Ma hai visto cosa ha fatto per noi? Dobbiamo..."
"Gerard, lei sa che le siamo riconoscenti, ma non vuole parlare con nessuno e io la capisco".
È difficile quando ti trovi davanti un mondo che ti ostacola in ogni momento, ma è più difficile trovare qualcuno che ti aiuta a superarlo. Io l' ho trovato e Sally era ancora alla ricerca e voleva cancellare le cicatrici del cuore.

"Dove mi trovo?"
Una sottile voce rauca ruppe quel dolce silenzio che fece cadere Gerard in un sonno profondo dopo circa due ore di veglia sul nuovo arrivato.
"A casa mia"
Rispose calorosamente egli senza spaventarlo, anche se fu inutile tanto Frank era talmente esausto e stordito dalla bevuta della sera prima che non ancora era riuscito a distinguere se stesse sognando o fosse tutto vero e forse quello era un vero ragazzo che lo aveva salvato dalla minaccia di morire disanguato nella metropolitana.
Si strofinò ripetutamente gli occhi credendo che prima o poi avrebbe rivisto la propria camera con il rispettivo arredamento cosa che non accade, così che pieno di gratitudine si alzò dal letto del suo nuovo amico e si scuso ripetutamente per il disturbo che si era preso.
Gerard continuava a fissarlo senza parlare. Era esile, per non dire anoressico. Piccolo di statura tanto da poterlo scambiare per un ragazzino di soli quindici anni anche se in realtà ne aveva venti come poté scoprire ben presto. Però la cosa che lo colpì immediatamente furono gli occhi grandi che lo scrutavano da cima a fondo con buffa curiosità. Se quegli occhi non furono stati così buffi da far quasi scoppiare Gerard in una risata, forse neanche Frank avrebbe trovato i suoi davvero misteriosi.


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