Fast

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Deboli raggi solari filtravano dalla finestra della camera da letto creando piccoli riflessi sul soffitto bianco. Amy aveva pianificato quella mattinata nei minimi dettagli, l’aveva vissuta già un centinaio di volte nella sua mente eppure era riuscita a fare ritardo. Dopo essersi fatta la doccia e dopo aver districato per bene i capelli, la fanciulla si truccò con un filo di eyeliner e del mascara, si vestì, si sistemò i boccoli scuri e si soffermò un minuto di troppo davanti allo specchio. L’argento dei suoi occhi aveva assunto una sfumatura più scura, una debole striscia azzurra circondava l’iride e si espandeva a macchia d’olio fino all’ estremità.

La schiena e il collo le avevano preso a bruciare come l’inferno e lei non poteva resistere dal grattarsi. Il bruciore per qualche minuto si era alleviato ma poi aveva ripreso a pizzicarle l’epidermide delicata.

Amy prese lo zaino e corse in cucina tenendo la testa bassa. Il signor White era seduto a capotavola e stava leggendo il quotidiano, ma non appena la figlia entrò ripose il giornale sul tavolo e si mise le mani in grembo:

-Buongiorno Amy.

-Buongiorno papà.

La ragazza prese una fetta di pane dal cestino sul tavolo e la riempì di Nutella gustandosela avidamente.

-Non esagerare coi dolci! Fanno male! Quella roba che stai mangiando contiene olio di palma che è nocivo per la salute!

Amy non gli prestò attenzione e senza neanche sedersi uscì di casa:

-Scusa papà sono in ritardo ci vediamo oggi!

Scese due gradini alla volta, aprì il cancello e sbuffò. Era riuscita ancora una volta ad evitare lo sguardo del padre ma per quanto ancora ci sarebbe riuscita? Doveva trovare al più presto una soluzione per nascondere l’improvviso cambiamento di colore degli occhi.

Il fiato emesso dalla gola della fanciulla a contatto con l’aria fredda si condensava trasformandosi in piccole nuvolette. Era così che Amy aveva passato gran parte delle vacanze natalizie, soffiando attraverso quelle morbide e rosee labbra. Voleva sentirsi come quelle nuvolette, leggera e libera di dissolversi nell’aria di una nuova New York.  

Il suono di un clacson la destò dai suoi pensieri facendola trasalire.

-Muoviti bimba!- urlò l’uomo nell’auto ferma davanti alle strisce pedonali.

L’autobus le passò davanti a tutta velocità e Amy non ebbe il tempo di alzare il braccio e farlo fermare.

-Dannazione adesso devo farmela a piedi!

Il liceo scientifico distava circa 1,5 km forse 2 km da casa sua ed Amy guardando l’orologio notò che aveva solo 10 minuti di tempo prima dell’ inizio delle lezioni. Si grattò ancora.

-Non ce la farò mai!

Sarebbe dovuta entrare alla seconda ora.

“Bel modo di cominciare il secondo quadrimestre  Amy” si rimproverò.

Non poteva neanche chiedere un passaggio al padre, altrimenti l’avrebbe di sicuro scoperta.

Fortunatamente indossava leggins e scarpe da ginnastica. La ragazza prese le cuffie dallo zaino adagiato sulle spalle e cominciò a camminare a passo svelto nulle note di Goodbye-Feder.

“Let me tell you the story of that guy”

Amy si chiese se mai qualcuno avesse voluto ascoltare la sua storia. La storia di una anormale sedicenne newyorkese.

 Cominciava ad avere paura di se stessa, non sapeva dove l’avrebbero portata quei cambiamenti, non sapeva da cosa erano scaturiti. Non sapeva niente, ed era proprio il non sapere a spaventarla.

Il marchio dell'angeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora