Capitolo sei.

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«Hai davvero dei bei capelli, sai?» dico con la voce distorta dall'alcool.
Jacob di fianco a me ridacchia. Credo che siamo nella sua macchina, o almeno la sua jeep me la ricordavo così.
«Mi sai dire il tuo indirizzo, Catelyn?» domanda.
«1342 Darvin Street» dico sicura.
«Non quello del Tennessee!» esclama divertito.
Andiamo avanti così per un po', fino a quando non capisce che probabilmente non sarò lucida fino a domattina.
«Va bene, Catelyn. Visto che non mi vuoi dire dove abiti, ti porto a casa mia» sospira pesantemente Jacob.
«Non mi violenterai vero?» domando innocentemente.
Jacob inizia a ridere sguaiatamente.
«Non ti assicuro niente» risponde con uno ghigno dipinto sul volto.
Caccio un urlo spaventata che però fa spaventare Jacob ancora di più.
«Gesù, Catelyn!» esclama.
Scoppio a ridere.
«Però sono simpatica, questo devi ammetterlo» esordisco.
«Lo ammetto solo se non urli più all'improvviso» mi ricatta.
«Ehi, ma io avevo un buon motivo per urlare» mi difendo.
«Ovvero?» mi esorta a parlare.
«In questo momento non lo ricordo, ma ti assicuro che era davvero un buon motivo» mi arrampico sugli specchi.
Dopo un bel po' di strada, ancora non siamo arrivati.
«Ma per caso stiamo tornando in Tennessee?» chiedo scocciata.
«Non parlare, è colpa tua se ho dovuto fare un giro assurdo perchè non mi vuoi rivelare dove abiti» risponde tra l'esasperato e il divertito.
Inizio a sentire una strana sensazione allo stomaco, ma non credo siano farfalle.
«Jacob, devo vomitare» dico allarmata.
«Oh dio, non nella mia macchina!» esclama preoccupato.
Per la sua macchina ovviamente, non per me.
«Jacob, devo vomitare. Accosta!» ripeto.
«Non posso accostare qui, devi-» dice, ma viene interrotto.
Viene interrotto da me che vomito sui suoi preziosi sedili in pelle.
«Dimmi che questo è un incubo e non hai appena vomitato nella mia jeep» urla Jacob.
«Sei tu che non hai voluto accostare» grido a mia volta.
Rimaniamo in silenzio per tutto il tragitto fino a quando non arriviamo al suo appartamento.
«Entriamo» esorta Jacob aprendo la porta.
L'interno non sembra male, ma se non girasse vorticosamente forse riuscirei a captare qualche particolare in piú. Mi volto verso il mio accompagnatore che praticamente mi sta reggendo in piedi.
«Lo sai che hai un bel naso?» penso ad alta voce.
«E tu lo sai che quando sei sbronza se molto sincera?» risponde ridendo.
Stiamo camminando verso quella che presumo sia la sua stanza.
«Questa è una mia maglietta nel caso volessi toglierti questo vestito scomodo» dice lanciandomi la T-shirt.
Ovviamente, un po' per la sbronza e un po' per la mia sbadataggine, non la prendo al volo. Questa situazione deve far divertire molto Jacob visto che non fa altro che nascondere le risate.
«Per qualsiasi cosa, io sto a dormire sul divano» mi avvisa.
Un po' ci rimango male, ma non lo do a vedere. Che mi aspettavo? Non avrebbe mai dormito con me.
«Resta» sussurro flebile prima che Jacob varchi la soglia.
Probabilmente da sobria non avrei mai avuto il coraggio di commettere quest'azione così audace, ma adesso che posso nascondermi dietro l'alcool, ne approfitto volentieri.
Il moro si volta verso di me con uno sguardo indecifrabile e, quando sono quasi sicura del suo rifiuto, inaspettatamente prende posto nel letto a due piazze. Mi avvicino a lui, contenta di poter avere il suo profumo a cullarmi tutta la notte. Ed è così che ci addormentiamo: io con la testa nell'incavo del suo collo e lui, con un braccio intorno alla mia vita. Fortunatamente, tutta la vodka che ho madati giù non è stata abbastanza da rimandarmela su e, per tutta la notte, dormo come un sasso. Al mio risveglio però il mal di testa non manca, accompagnato dal senso di nausea. Tasto la parte destra del letto alla ricerca di Jacob e, quando mi accorgo che è ancora di fianco a me, non posso fare a meno di sorridere. Cazzo, sembro una tredicenne alla sua prima cotta.
'Non ci dormi insieme alla tua prima cotta'
E ovviamente, come se il risveglio non fosse stato abbastanza traumatico, ci si mette anche la coscienza a rompere il cazzo. Le faccio chiudere la fogna, mentre guardo l'orologio appeso al muro. Quando leggo le ore 6:30 a.m., non posso fare a meno di chiedermi per quale assurdo motivo mi sono svegliata così presto. Bestemmio silenziosamente, ma poi mi soffemo sulla figura di Jacob al mio fianco. Quando dorme sembra un angelo, al contrario di quando è sveglio, che sembra satana in persona. Lo resto a fissare ancora per un po', ovvero fino a quando la sua sveglia non suona.
«Oddio, spegni quella dannata sveglia, ho mal di testa» urlo mettendomi un cuscino sopra il capo.
Jacob allunga il braccio e fa volare la sveglia contro il muro. Dev'essere di buon umore.
«Avevo detto solo spegnila, non fracassala contro il muro» dico ironica.
Lo vedo sorridere ad occhi chiusi. Adesso ne sono certa, il suo sorriso è il più bello che abbia mai visto.
«Buongiorno anche a te, principessa» esordisce con voce roca impastata dal sonno.
Oltre al nomignolo che mi ha appena affibbiato, è la sua parlata mattutina che mi fa capovolgere lo stomaco. È come se un intero zoo, mi stesse ballando la macarena nella pancia. E non solo per colpa della sbronza.
«'Giorno» saluto a mia volta.
Restiamo altri pochi minuti nelle fauci del caldo ed accogliente letto, ma poi siamo costretti ad alzarci. Mi fiondo sotto la doccia, mentre Jacob va a preparare la colazione. Il getto caldo quasi mi rigenera, e il senso di nausea si allevia leggermente.
Il padrone di casa mi presta dei vestiti, che a detta sua, sono di sua sorella che spesso gli passa a fare visita.
Appena metto piede in cucina, il profumo di uova strapazzate e bacon mi invade i sensi. Ma prima di tutto, ho bisogno di un'aspirina.
«Jacob, dimmi che hai qualcosa per questo mal di testa bestiale» quasi lo supplico.
«Qualcuno si è preso la sua prima sbronza» mi prende in giro.
Gli lancio un'occhiataccia.
«Comunque, visto che il tuo amico qui presente ti pensa sempre, l'aspirina è lì sul tavolo» dice indicandomi la scatola.
Con diavolo ho fatto a non vederla?
«Avrai fame» dice Jacob mettendomi davanti il piatto.
«Credo che passerò, mi sento lo stomaco sottosopra» rifiuto.
Jacob sbuffa leggermente, ma poi rinuncia, anche lui sopraffatto dall'emicrania.
Quando sento un clacson bussare insistentemento mi giro verso il ragazzo accanto a me per chiedergli spiegazioni.
«Poichè mi hai vomitato nella macchina e, ci tengo a precisare anche sui jeans nuovi, ho dovuto rimediare un passaggio. Quindi muoviti, regina delle sbornie» esordisce con tono sarcastico.
Vomitato in auto?
«Aspetta, io ho fatto cosa?» chiedo sbigottita.
Jacob si limita a ridere, mentre io nella mia mente aleggia una sola parola: cazzo.

SPAZIO AUTRICE.
Chiedo umilmente perdono, per aver aggiornato dopo così tanto tempo. Spero che il capitolo vi piaccia, grazie di tutto.
Baci, El.xx

Ten Hours || Jacob WhitesidesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora